Il volto non è solo il nostro biglietto da visita, ma anche la mappa del nostro cammino evolutivo. Scoprilo nell'anteprima del libro di Antonella Marangoni.
Le basi della lettura del volto
Il volto ci parla. Fa rumore.
Lo si può considerare al pari di un misuratore del nostro clima mentale ed emotivo in cui nulla appare isolato, privo di significato e dove tutto può essere compreso e interpretato.
"Il volto umano è sempre stato il mio grande paesaggio" sottolineava la scrittrice e attrice francese Colette.
Le risultanze che emergono dall’osservazione di un volto sono ricche di valore interpretativo e rendono tangibili le nostre profonde emozioni e sensazioni. È la parte del corpo maggiormente espressiva e anche per questo motivo alcune culture tendono a celarla.
I movimenti dell’anima si riflettono e si intensificano nel volto.
A volte tenderanno a fissarsi in un modo più stabile dovuto all’intensità provata e alle successive corrispondenze; a volte invece si manifesteranno con uno stile malleabile che tenderà a modificarsi.
In ogni caso, si parla di una sostanza che si esprime in una forma e di una forma che esprime una sostanza. Tutto questo produce l’infinità varietà della personalità individuale.
L'Anima e il volto
La traccia degli stati d’animo o di un’attitudine che si perpetua nel tempo, diventano segni e forme che la natura incide sul viso di ogni essere umano.
"Ognuno di noi nasce con un’attitudine differente — di sensibilità, di intelligenza, di cultura — e scopo della vita è proprio quello di coltivare e comprendere questa nostra peculiarità, portandola a dare i suoi frutti migliori. Il cammino della crescita è dunque quello di scoprire e di costruire lentamente il nostro volto, la nostra storia. Volto e storia unici e irripetibili e tuttavia complementari a tutti i volti e tutte le storie che ci circondano".
Si può dire che ognuno di noi incarni un concetto di unicità.
"[...] Un volto la cui unicità è data proprio dalle infinite diversità storiche, culturali, o anche solo climatiche e cromatiche [...]".
Concetto di unicità che mi piace accostare a ciò che il saggista libanese Taleb definisce “il cigno nero” e cioè quel particolare evento di grande impatto che fa la differenza.
Come ho avuto modo, infatti, di esporre durante un mio intervento al Tedx Talk, ognuno di noi, con il nostro viso, fa la differenza arricchendo il mondo con la propria personalità.
Essa è semplicemente la combinazione dei nostri tratti distintivi.
"Il nostro volto non è mai lo stesso. Per quanto sia supporto di identità, garante del nostro permanere come individui, il viso è una forma instabile. È uno spazio d’imprevedibili trasformazioni, cambia ininterrottamente d’espressione con il variare delle emozioni che lo agitano".
Ogni essere umano è caratterizzato quindi dalla propria vocazione e peculiarità che vanno ricercate e alimentate per rendere autentica la nostra esistenza.
In questo modo permetteremo al volto di esprimere veramente ciò che siamo come una mappa cosparsa di segni che indicano dove siamo stati e dove potremmo andare.
Si tratta, dunque, di uno schema previsionale in cui istanze morfologiche, psicologiche e antropologiche si fondono in una sintesi rivelata dai nostri tratti. Il vissuto personale si riflette sul volto con l’espressione di luci e ombre che lo hanno accompagnato nel suo percorso.
Il visibile che conduce all’invisibile
Vedremo in questo capitolo, in un modo più pratico, come questo sia possibile, per quanto ci tengo a sottolineare che non si tratterà di uno studio semplice e immediato da apprendere.
"Tutto dovrebbe essere semplice come può esserlo, ma non di più", sosteneva il grande Einstein.
Occorre molta applicazione, esperienza e una buona dose di volontà per praticare una corretta analisi del volto. Non è sufficiente, inoltre, osservare il volto solamente così come lo vediamo nella sua contemporaneità. Un’analisi morfologica dettagliata e completa va fatta anche attraverso un corredo fotografico in cui si potranno analizzare i vari stadi di sviluppo della persona e il mutarsi delle forme.
È importante vedere l’evoluzione delle forme e dei piani che compongono il viso e dei dettagli che lo caratterizzano.
Le difficoltà potrebbero nascere nel momento in cui si metteranno insieme tutte le informazioni e si cercherà di mediare per ottenere una sintesi morfologica il più possibile esauriente e veritiera. La complessità di questo studio può, nel momento in cui viene sperimentato, risultare una grande ricchezza.
Non potrà che essere una sorpresa eccitante: il visibile che conduce all’invisibile. Abbiamo valutato, a grandi linee, la storia della fisiognomica con i suoi pregi e i suoi limiti.
Uno di questi è la frammentazione e disgiunzione degli elementi facciali osservati e la carenza di contestualizzazione morfologica e ambientale. Molto spesso le valutazioni fisiognomiche risultavano essere prive della giusta attenzione all’evoluzione personale.
La teoria medico-umorale
Fino all’era moderna, circolavano teorie inerenti alla deduzione esteriore partendo da quella interiore quali la teoria dei caratteri, la teoria degli affetti e lo zoomorfismo.
Gli ambiti considerati spaziavano dalle concordanze dell’aspetto esteriore con gli aspetti caratteriali alle analogie tra uomo e animali, all'influenza climatica e ambientale. La teoria dei caratteri ha origini antichissime che risalgono al filosofo Pitagora, ma fu il medico Galeno a riprendere la teoria medico-umorale già tracciata da Ippocrate, in cui si valutavano i quattro umori corporali.
Egli armonizza la dottrina ippocratica dei quattro umori, con quella filosofica aristotelica dei quattro elementi e si focalizza sul bilanciamento di queste sostanze all’interno del corpo.
I quattro fluidi corporei identificati:
- flegma, (phlegma) prodotto del cervello
- sangue, (sanguis) prodotto del cuore
- bile gialla, (cholera) prodotto della vescica epatica
- bile neraoatrabile, (melancholia) prodotto della milza
A loro volta questi umori erano il prodotto di quattro qualità fondamentali:
- umido
- secco
- caldo
- freddo
Le diverse proporzioni di tutti questi elementi determinano i quattro temperamenti:
- linfatico o flemmatico
- sanguigno
- collerico o bilioso
- melanconico
Sulla base di questo si comparavano:
- i quattro elementi (acqua, aria, fuoco e terra)
- le quattro età della vita (infanzia, gioventù, maturità e vecchiaia)
- le quattro stagioni (primavera, estate, autunno, inverno)
Scrive Karl Markus Michel in "Scorribande fisiognomiche":
"[...] Cosicché primavera, infanzia, aria e sangue corrispondevano uno all’altro e così via, di modo che nacque tutto un sistema di “complessioni” che ci può sembrare arbitrario o forzato — ma che in realtà dischiude il cosmo all’uomo. Così solo un bambino in primavera è completamente sanguigno, solo un giovane in estate è completamente collerico, solo un uomo maturo in autunno è completamente malinconico e solo un vecchio in inverno è completamente flemmatico".
Comparando questi elementi, si può collegarli ai moti facciali nelle moderne corrispondenze morfopsicologiche:
- Dilatazione: acqua, umido, flegma, flemmatico, bambino, autunno
- Ritrazione laterale: aria, secco, sangue, sanguigno, adolescente, primavera
- Ritrazione frontale: fuoco, caldo, bile gialla, bilioso, adulto, estate
- Ritrazione estrema: terra, freddo, bile nera, melanconico, anziano, inverno
La teoria degli affetti per ciò che riguarda l’aspetto fisiognomico, si associa, invece, all’esternalizzazione delle passioni sul volto, considerandole, però, come effetti provenienti dall’esterno che si imprimono sul viso e non provenienti dall’animo, diversamente da come interpreta la moderna lettura del volto.
Data di Pubblicazione: 11 gennaio 2024