ALIMENTAZIONE   |   Tempo di Lettura: 8 min

I Nutrienti per il Cervello

Lo Zafferano è Meglio del Prozac - Anteprima del libro di Marie-Laurence Grezaude e Bernard Fontanille

Gli amminoacidi, chiavi della felicità

Dopo aver scoperto i messaggeri del benessere e come nutrirli, vediamo più in generale quali sono le sostanze che il cervello preferisce per trarre sostentamento. Al termine del capitolo troverete una tavola riassuntiva delle virtù di queste sostanze, che diventerà un utile riferimento nel prosieguo della lettura.

Come abbiamo visto in precedenza, alcuni amminoacidi svolgono un ruolo diretto nella produzione di neurotrasmettitori cerebrali. Attinti dall alimentazione quotidiana, sono poi «captati» dai neuroni attraverso il sangue.

Sono anche la componente di base di proteine che vantano una funzione fondamentale. Si tratta in effetti dei mattoni dell’organismo che permettono non soltanto di produrre le cellule di muscoli, ossa e pelle, ma anche di partecipare a numerosi processi fisiologici sotto forma di enzimi, ormoni, recettori, anticorpi. Le proteine sono le uniche a fornire all organismo l’azoto, necessario per la crescita e il mantenimento di qualsiasi forma di vita, vegetale o animale.

Gli amminoacidi sono presenti in gran numero, ma solo 22 di essi sono impiegati dall’organismo per produrre proteine. Tra questi, 9 sono detti essenziali, perché il corpo non è in grado di produrli in quantità sufficiente. Questi 9 amminoacidi (il triptofano, la fenila-lanina, la leucina, Fisoleucina, la vaiina, la treonina, la metionina, la lisina e la istidina) possono essere apportati all’organismo soltanto attraverso l’alimentazione. Ebbene, si è stabilito che una carenza di amminoacidi aumenta il rischio di stanchezza e può provocare uno stato depressivo. Ma non dimentichiamo gli altri amminoacidi (come la tirosina, la carnitina, la taurina, l’acido glutammico, la niacina, la glieina, l’arginina, la cisteina, la teanina). Svolgono un ruolo molto importante anche per il sonno, l’umore, la memoria e la concentrazione. Ebbene, se il corpo umano riesce a produrli, è vero anche che possiamo assumerli attraverso il cibo.

Le fonti migliori: Legumi secchi (lenticchie, ceci); uova, pesce, carne, pollame, fegato; cereali (fiocchi d’avena, germe di grano); prezzemolo, mandorle; funghi, avocado, banane, cacao; soia (in tutte le sue forme); semi (di zucca, sesamo, girasole); parmigiano, groviera, latticini in genere.

Lo zucchero, batteria cerebrale

Il cervello necessita di molta energia per funzionare bene: per concentrarsi, rimanere attento, memorizzare. Per tutte queste azioni gli serve una fonte di energia costante, ed è lo zucchero a fornirgliela. Del resto, del cervello si dice anche che sia «gluco-dipendente»; ovvero che abbia bisogno dello zucchero (glucosio) per poter funzionare - circa 5 grammi all’ora - e con un approvvigionamento costante, perché non può immagazzinarlo. Ecco perché deve essere continuamente alimentato di glucosio attraverso il sistema sanguigno e grazie all’alimentazione. In altri termini, le performance intellettuali e la capacità di memorizzare dipendono dal tasso di glucosio nel sangue.

Ma attenzione: c’è zucchero e zucchero! Normalmente la distinzione è tra zuccheri semplici e zuccheri complessi. I primi (glucosio, saccarosio, lattosio, galattosio, maltosio), che si trovano nello zucchero, nei dolci e nella frutta, vengono rapidamente digeriti e subito impiegati dall organismo: quando questo ha bisogno di un apporto urgente di carburante, ricorre sempre a questi zuccheri semplici. Gli zuccheri complessi (amido, glicogeno), che si trovano nei cereali, nei legumi secchi, in alcuni frutti, sono formati da zuccheri semplici uniti gli uni agli altri. La loro assimilazione è pertanto più lenta e impiegano più tempo per essere digeriti.

Talvolta un eccesso di zuccheri e dolci può scatenare nell’organismo reazioni opposte, ovvero un abbassamento anomalo del tasso di zucchero nel sangue, cioè di glicemia; ebbene il cervello, che non sopporta l’ipoglicemia, provoca reazioni a catena che si manifestano sotto forma di malattie, tremori, sbalzi d’umore, affaticamento e spossatezza. Gli zuccheri con indice glicemico (IG, l’indicatore che misura l’impatto degli alimenti sulla glicemia) basso permettono una liberazione progressiva del glucosio nel sangue; di conseguenza, il cervello viene approvvigionato per tutta la giornata, permettendoci di rimanere vigili.

Da sapere: gli zuccheri calmano anche gli stati emotivi. Favoriscono la produzione di serotonina... per lo meno all’inizio. Quindi non priviamoci di qualche quadratino di cioccolato o di un dessert fatto in casa quando ne abbiamo voglia!

Le fonti migliori: Gli zuccheri con un IG basso, ovvero inferiore a 55, che non aumentano in modo brutale il tasso di zucchero nel sangue ed evitano quindi i picchi di insulina.

La frutta fresca e quella secca, lo zucchero di cocco, la panda (un preparato alimentare ottenuto dal succo della canna da zucchero), lo zucchero di canna integrale, determinate varietà di miele.

I tipi di pane tradizionale (così come quelli di semola, segale, farro, grano saraceno), i cereali integrali (quinoa, bulgur, couscous, riso basmati), la pasta integrale e i fiocchi d’avena.

La pasta e il riso non integrali (o il riso selvaggio), a patto di cuocerli molto al dente.

La maggior parte delle verdure (fagiolini, scorzonera, pomodoro, carota cruda, barbabietola cruda, cavolo, spinaci, finocchi, broccolo), legumi secchi (lenticchie, ceci, fagioli), crostacei, spezie e avocado.

Gli omega-3, i regolatori dell’umore

Da diversi anni, si consiglia di assumere meno grassi e meno zuccheri. Ebbene, di recente pare che questo diktat si sia fatto più sfumato e che, dopo essere stato bandito per lungo tempo, in mancanza di zucchero il grasso sia stato riammesso nei nostri piatti. E per una buona ragione! Come abbiamo evidenziato all’inizio del libro, vietare un cibo o una categoria alimentare ha sempre delle conseguenze. E significa dimenticarne l’utilità. I grassi non solo hanno un ruolo fondamentale come riserve di energia, ma sono anche le componenti principali delle cellule e dei neuroni, che si rinnovano continuamente. In altri termini, senza di essi non ci sarebbero cellule. Né fluidità cellulare, necessaria per il buon funzionamento del cervello. Perché quindi in passato si è fatta una caccia così spietata ai grassi?

È vero, non tutti sono pregiati, e alcuni sono più utili e benefici di altri.

Gli omega-3 fanno parte del gruppo dei grassi pregiati e utili. Il corpo non produce questi acidi grassi che tuttavia gli sono necessari, quindi bisogna assumerli con l’alimentazione per contrastare il rischio di patologie cardiovascolari. Fu osservando le popolazioni eschimesi negli anni Settanta che gli scienziati ne scoprirono l’utilità; la loro alimentazione ricca di pesce grasso grondante omega-3 sembrava proteggerle dall’infarto e da altre patologie cardiovascolari. Da quel momento, numerosi studi hanno evidenziato l’impatto straordinario di questi oli di pesce sulla salute mentale delle persone. In particolare per quelle che soffrono di depressione, ansia, talvolta persino di schizofrenia: gli acidi grassi essenziali paiono mitigare i sintomi. Lo studio di Andrew L. Stoll, dell’università di Harvard, pubblicato nel 1999,2 ha misurato questa efficacia. Una quindicina di pazienti bipolari a cui erano stati somministrati omega-3 per integrare le cure farmacologiche nell’arco di quattro mesi presentavano un rischio inferiore di ricaduta rispetto ad altri quindici pazienti ai quali era stato dato un placebo (olio d’oliva). Da allora, svariati studi hanno sottolineato la rilevanza degli omega-3 nel trattamento di disturbi legati all’umore, l’ansia e i sintomi della depressione.

Nel 2010, un altro studio ha dimostrato l’importanza degli omega-3 per trattare, questa volta, casi di depressione maggiore, o unipolare. Ormai è stato riconosciuto che il cervello, composto per due terzi da acidi grassi, è goloso di omega-3, che agiscono sulla fluidità delle membrane delle cellule nervose. Proprio da questo aspetto potrebbe dipendere la rapidità di liberazione dei neuro-trasmettitori. Infine gli omega-3 favoriscono la produzione di un neurotrasmettitore fondamentale per il buonumore: la serotonina. Ecco perché è fondamentale fare il pieno di omega-3. Ma attenzione: stiamo parlando di cibi, non di integratori alimentari. In effetti, due studi americani hanno rimesso in discussione i benefìci di questi ultimi nella prevenzione delle malattie cardiovascolari e del morbo di Alzheimer.

Continua a leggere l'estratto del libro "Lo Zafferano è Meglio del Prozac".

Data di Pubblicazione: 1 ottobre 2017

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