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L'Ordine di Melchisedek: Capitolo 1

L'Eredità dell'Ordine di Melchisedek - Gian Marco Bragadin

Scopri i misteri che stanno affiorando da più parti del Pianeta grazie alle avventure del protagonista, leggendo l'anteprima del libro di Gian Marco Bragadin.

L'Ordine di Melchisedek: Capitolo 1

Il Governatore di Famagosta

Famagosta, Cipro - agosto 1966

Kemal, davanti a tutti con la lampada a olio, guidava il gruppo.

La galleria era buia, ma abbastanza ampia e da ogni parte c'erano ostacoli. Pietre divelte dalle cannonate durante l'assedio, vecchie assi, residuati metallici, buche pericolose. Una polvere appiccicosa che copriva ogni cosa. La patina del tempo.

Kemal sosteneva di conoscere quelle gallerie come le stanze di casa sua. Da ragazzino era venuto a giocare lì mille volte con i compagni, alla ricerca di qualche oggetto di valore o residuato della lunga battaglia.

Avevano sempre trovato poco o niente dopo 400 anni. Altri "ladri" di reliquie avevano spazzato via tutto ciò che affiorava. Era molto più facile scoprire qualcosa lungo gli enormi fossati che circondavano le mura della città, ancora imponenti e maestose, salvo nei punti dove le mine e le batterie turche di Mustafà Pascià le avevano sbriciolate.

Oltre cinquantamila soldati turchi, arcieri, archibugieri, guastatori e addetti alle mine, erano caduti nei molteplici assalti di quei terribili giorni della primavera e dell'estate del 1571, prima di piegare la resistenza indomita dei veneziani.

A volte bastava scavare pochi centimetri sotto terra o sotto l'erba rada, arsa dal calore del sole di Cipro, per trovare palle di cannone di metallo e di pietra, else di spade, perché il tempo si era mangiato il ferro delle lame.

A volte Kemal aveva trovato pezzi di elmo o di scudo. Anche un'armatura ancora ben conservata, con il suo scheletro all’interno. E toglierlo da lì, prima di portarla a Faruk, un grasso commerciante che vendeva i cimeli dell'assedio ai radi turisti, era stata un'operazione difficile, ma soprattutto macabra.

 

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La guida "ufficiale" di Famagosta

Anche oggi, a 21 anni, Kemal trascorreva il tempo libero intorno alle mura, quando il padre non lo chiamava per farsi aiutare a servire i clienti nella taverna prospiciente. Sempre alla ricerca di immaginari tesori e residuati degli scontri dentro e fuori le mura dell'antica città che conosceva palmo a palmo. O a scrutare i fondali del porto, con maschera e pinne, sperando di trovare qualcosa che avesse valore.

Per questo, Sukur, la guida "ufficiale" di Famagosta, lo aveva voluto con sé quando due insoliti turisti italiani, padre e figlio, accompagnati da una bionda signora austriaca, gli avevano chiesto di guidarli all’interno delle mura della città, per fare delle ricerche storiche.

Il più anziano, Marc'Antonio Bragadin — che portava lo stesso nome dell'eroe veneziano che aveva comandato la resistenza veneziana durante l'assedio turco — e suo figlio Filippo, sostenevano di aver trovato fra vecchi documenti di famiglia alcune indicazioni che riferivano di qualcosa che era stato nascosto all'interno di una galleria.

Poteva trattarsi di documenti di Stato della Serenissima Repubblica di Venezia, o anche documenti privati del Governatore Bragadin, forse monete, gioielli, oggetti sacri della Cattedrale. A Famagosta tutti conoscevano quanto era accaduto secoli prima.

 

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Mille difficoltà da superare

Appena sbarcati a Cipro, allora possedimento della Repubblica di Venezia, nel 1570, dopo pochi giorni di assedio, i soldati di Mustafà Pascià avevano conquistato Nicosia, la capitale dell’isola, e in una sola giornata avevano massacrato più di ventimila persone, tra veneziani, greci, mercenari albanesi, ciprioti, compresi vecchi, donne e bambini.

Solo pochi erano scampati all’eccidio per una sorte ancora più oscura e terribile: morire ai remi di una galea turca o finire al mercato degli schiavi di Costantinopoli.

Per questo, la richiesta fatta a Sukur dall’erede del Governatore di Famagosta, anche se difficile da realizzare, poteva avere una ragione d'essere. E l’idea di trovare altri tesori nascosti, che i discendenti turchi dei combattenti d'allora avevano cercato per secoli, era un motivo più che sufficiente perché lui si occupasse del progetto.

Comunque gli avrebbe procurato dei soldi, visto che come guida di Famagosta non aveva uno stipendio e i turisti erano pochi. Naturalmente c'erano mille difficoltà da superare.

Intanto era agosto e la temperatura nelle gallerie, all’interno delle mura, durante il giorno, sarebbe stata insopportabile. Si sarebbe dovuto lavorare di notte. Poi ci voleva un permesso, difficile da ottenere, soprattutto perché la situazione politica dell’isola di Cipro, allora guidata dall’ambiguo presidente Makarios, era simile a una polveriera.

 

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Il "Comandante"

Niente di più facile che all'ufficio per il turismo di Nicosia, o a quello per la tutela delle antichità, sospettassero un ennesimo attentato dei turchi-ciprioti. L'isola, dopo il periodo di dominazione britannica, viveva una fragile pace fra le due fazioni, sempre in bilico tra la minoranza, appoggiata dalla Turchia, e la maggioranza dei greci-ciprioti, cui il Governo d'Atene concedeva aiuti visibili e invisibili.

Tanto che l'ONU aveva disposto l'invio di un contingente delle proprie truppe per controllare le città principali e soprattutto i varchi che separavano la parte greca da quella turca, dove continuavano a susseguirsi incidenti e sopraffazioni in una tensione crescente.

A Famagosta, nella zona a maggioranza turca, la situazione sembrava abbastanza calma. Il contingente di soldati svedesi dell'ONU presente nell’area non aveva granché da controllare.

Sukur aveva suggerito a Bragadin, che si faceva chiamare "Comandante" per aver trascorso un lungo periodo nella Marina Militare italiana, di richiedere il permesso per effettuare ricerche fra le rovine dell'antica città fortificata, ma senza aspettarsi una risposta a breve. Tanto per sentirsi con la coscienza a posto.

La situazione politica poteva esplodere da un momento all’altro e ritornare a Cipro, per i ricercatori italiani, rischiava di diventare impossibile. Meglio tentare e operare subito, ma di nascosto. Con tutte le difficoltà che ciò comportava e i costi più elevati. Per ragioni di "segretezza", bisognava cercare gli operai lontano da Famagosta.

Il Comandante Bragadin che, da storico della Marina, in Italia si occupava di ricerche simili e di cinema, decise di rischiare. Anche se aveva risorse finanziarie limitate.

Therèse von Stammel, la bella signora viennese che li accompagnava, era convinta che avrebbero trovato documenti importanti e forse anche altri oggetti di valore, tra cui ducati d’oro che dovevano servire al Governatore di Famagosta per pagare i soldati veneziani e i mercenari greci, albanesi e italiani al soldo della Serenissima. E questo avrebbe ripagato l'impresa.

Data di Pubblicazione: 24 agosto 2023

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