SELF-HELP E PSICOLOGIA   |   Tempo di Lettura: 8 min

Le Parole Magiche: A chi impara a raccontare la sua storia con parole differenti...

Colleziona Attimi di Altissimo Splendore - Paolo Borzacchiello - Paolo Stella - Speciale

Impara le parole magiche capaci di farti riflettere e prendere consapevolezza, leggendo l'anteprima del libro pubblicato di Paolo Borzacchiello e Paolo Stella.

Le Parole Magiche: A chi impara a raccontare la sua storia con parole differenti...

...E a scorgere il bello anche quando è nascosto bene

A: Paolo Borzacchiello

Oggetto: Le parole magiche

Caro Paolo,

ci sono eventi che segnano il nostro percorso, e quello è stato un seminario che mi ha cambiato la vita. Ti conoscevo da poco, eppure l'importanza “trascendentale” che in quell’occasione hai dato alle parole ha toccato subito corde che hanno risuonato in me, come se parlassi di cose che non sapevo ma intimamente conoscevo, avevano solo bisogno di essere risvegliate.

Il seminario prendeva spunto dal tuo romanzo, "La parola magica". In quella occasione hai detto che le parole potevano essere usate come formule magiche, sia positive sia negative. E che, quindi, mi sarebbe bastato smettere di usare quelle che mi toglievano forza, aumentando quelle che, invece, innalzavano il mio spirito. Ho cominciato ben presto a mettere in pratica i tuoi consigli, le tue strategie.

 

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E così da quel giorno non sono più entrato in un meeting, in una riunione e nemmeno nell’ufficio di qualcuno presentandomi con: "Scusa, disturbo?" (una domanda che automaticamente innesca un pensiero negativo nel mio interlocutore), ma sempre con: "Sei libero adesso? Hai tempo ora?" oppure: "Ciao, eccomi!".

Ma soprattutto mi sono segnato le parole che scatenano la produzione di serotonina e ora le metto ovunque.

Adesso ripeto cento volte al giorno: "Che meraviglia!", perché la meraviglia è in ogni luogo, basta accorgersene.

Uso queste parole nei bigliettini, nei post-it, e le spargo in giro. Le ho fatte anche inserire — in piccolo, nei disegni — nella stampa della carta da parati. In questo modo la mia casa le comunica ai miei amici, agli ospiti, a chi mi viene a trovare e per caso ci capita davanti, legge incuriosito e poi mi guarda con un sorriso, scoprendo quella stessa meraviglia in sé.

Ogni volta che qualcuno si sofferma, sgrana gli occhi per vedere meglio e poi pronuncia una di quelle parole magiche, ecco che succede: gli ho appena regalato un grammo in più di felicità.

 

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A: Paolo Stella

Oggetto - Re: Le parole magiche

Caro Paolo,

se dico “sentiero”, tu a cosa pensi?

Una stradina in un prato o in un bosco, esatto?

Terra, erba, arbusti, forse alberi, vero?

E se dico “distruzione”, quali immagini ti vengono in mente?

Macerie? Bombe? Crateri e voragini con rovine da cui esalano vapori che si spargono nell’aria polverosa?

Ebbene, di queste cose si occupa la linguistica cognitiva (o semantica, a seconda del punto di vista da cui consideriamo il fenomeno). Le parole evocano immagini, bene o male uguali per tutti; queste immagini possono allertare il nostro sistema nervoso periferico simpatico, deputato alla costante ricerca di pericoli che potrebbero mettere a repentaglio le nostre vite, oppure attivare il nostro sistema nervoso periferico parasimpatico, che invece ha il compito di portare l'organismo (noi, quindi) in uno stato di benessere e relax.

 

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Pensare, dire o leggere parole “brutte” attiva la produzione di ormoni e neurotrasmettitori dello stress, mentre pensare, dire o leggere parole “belle” attiva la produzione di sostanze di matrice opposta, ovvero ormoni e neurotrasmettitori del benessere.

Immagina di alzarti la mattina, guardarti allo specchio e dire a te stesso: "Mamma, che brutta faccia, sono distrutto! Oddio sono a pezzi!" o di rispondere così a chi ti chiede come stai, oppure di ascoltare tutto il giorno un collega che parla in questo modo; che tipo di immagini, e quindi di ormoni, produrrebbero in te parole come queste?

Sei le parole che usi, diventi le parole che scegli.

Ciò non significa che devi mentire: se ti senti a pezzi, non devi dire: “Sto benissimo, sono felice e la vita è splendida”, perché questo approccio al pensiero positivo tossico produrrà più danni che benefici.

Ciò significa invece che puoi evitare di dilungarti in descrizioni pericolose di come stai e di come vedi la vita oppure puoi scegliere parole diverse.

È sempre possibile, cioè, e senza mentire, definire un “problema” come una “gatta da pelare” o una “situazione da risolvere”, così come è sempre possibile definire un momento “bruttissimo” come un momento “sicuramente migliorabile”.

 

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L'importante è non mentire e rispettare le esigenze del tuo cervello, così che non si ribelli. Attraverso questa ristrutturazione linguistica quotidiana non solo starai meglio, ma cambierai anche in modo definitivo la tua realtà (il cambio di linguaggio questo fa: cambia la realtà).

Ricordati che siamo qui per collezionare attimi di altissimo splendore.

Immagina di essere davanti a un meraviglioso tramonto e di avere in testa e nel corpo parole come “distruzione”, “disperazione” e “morte”: vedresti quel tramonto senza vederlo davvero, senza apprezzarlo come si deve. Sarebbe impossibile.

Quindi, dacci dentro: fai attenzione alle parole che usi e, almeno una volta al giorno, poniti la domanda: “Questa parola che ho appena usato mi può far bene o far male?”. Nel caso in cui la risposta sia “Male”, divertiti a cambiarla.

Potrebbe non essere semplice, ed è per questo che dovresti circondarti di persone che sono in grado di aiutarti (ma di questo parleremo dopo, e in modo approfondito).

 

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L'incontro

"La prima cosa che vorrei sottolineare è che in effetti dobbiamo abituarci a scegliere le parole tutti i giorni, ma senza demonizzare quelle che possono attivare reazioni di stress. A volte, infatti, anche la parola brutta può servirci."

"E tu sei in un momento in cui ti va un sacco di usare le parole brutte..."

"Allora, in questo momento probabilmente non dovrei usarle. Dovrei sceglierne di migliori perché sto veramente male e quindi sarebbe meglio cambiare un po' il linguaggio. Tuttavia, riconosco pure che ora la sfida è tenere fede ai propri insegnamenti, alle proprie strategie, nei momenti più difficili. Mi serve un amico che me lo rammenti.

A volte, però, i nostri comportamenti, le nostre motivazioni, hanno bisogno di sostanze che potremmo definire “non benefiche”. Cioè, se voglio motivarti a fare una dieta; non posso dirti: “Sei diversamente magro” o “Non sei pienamente in forma”. A volte occorre andarci pesante."

"Faceva bene Vanna Marchi a insultare le clienti!"

 

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"Il suo, per esempio, è un uso funzionale delle parole; non perché lei vendesse buoni prodotti o si comportasse in modo etico, ma perché tecnicamente aveva ragione. Cioè, se vuoi stimolare una persona a comprare Un prodotto dimagrante, non la devi rassicurare, devi chiamare il problema col suo nome peggiore."

"Sono d'accordo su tutto quello che dici e aggiungo una riflessione: io non sono mai stato bravo in matematica, ma sono sempre stato molto appassionato del calcolo delle probabilità. Se guardi l'andamento di una giornata, la probabilità che vada tutto alla perfezione è nettamente superiore alla probabilità che vada tutto male.

Cioè è impossibile che vada tutto male. Eppure, spesso ci accorgiamo solo di quello che va male. Nella giornata peggiore della tua vita hai centomila cose che sono andate bene e quattro o cinque che sono andate storte."

"È che siamo progettati per questo."

"Tutte le mattine ti alzi, metti giù la gamba dal letto, inizi la giornata e non dici mai: “Wow! Che meraviglia! Anche oggi faccio il mio primo passo!”. Poi arriva il giorno in cui ti rompi la gamba e allora sì che dici: “Cazzo, che sfiga, mi sono rotto la gamba!”, eppure hai avuto trecentosessantaquattro giorni in quell’anno in cui la gamba ha funzionato e non te ne sei mai accorto!"

 

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"C'è un motivo che è scientificamente ineliminabile. Si tratta del negativity bias, a causa del quale siamo attratti dal concetto del negativo, ci motiva di più."

"E come si fa a cambiare questo meccanismo, a superare questo bias per accorgerci di tutta la positività che abbiamo intorno?"

"È un lavoro cognitivo. Devo essere consapevole del fatto che la mia attenzione per il negativo sarà comunque sempre più forte di quella per il positivo. Non si può eliminare il bias, ma lo si può correggere."

"Quindi, per esempio, una persona si potrebbe mettere in testa che ogni volta che nota una cosa negativa deve immediatamente pensarne un’altra che sta funzionando in quel momento, è così?"

"Questo è un punto focale, dato che stiamo parlando di strategie. Accettiamo allora il fatto che alcune parole emergano perché devono emergere, ma allo stesso tempo diveniamone consapevoli e diciamoci: “Ok, come altro posso esprimermi? Quali altre parole mi possono servire? E in che modo parole meravigliose, ricche, generose potrebbero mostrarmi una realtà diversa, più feconda di opportunità?”."

Data di Pubblicazione: 27 giugno 2023

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