SAGGI E RACCONTI   |   Tempo di Lettura: 9 min

Pellegrinaggi Verso il Vuoto - Anteprima del libro di Augusto Shantena Sabbadini

Perché l'universo ci appare ordinato anziché come mero caos?

Caos e ordine

Se la domanda ultima è probabilmente «perché esiste qualcosa anziché il nulla?» (come si chiedeva Heidegger), quella che viene subito dopo è «perché ciò che esiste ha forma?». Ovvero: «Perché l'universo ci appare ordinato anziché come mero caos?».

Né l'una né l'altra di queste domande ammette in verità una risposta. Una risposta cerca di darcela il cosiddetto «principio antropico»: se non esistesse nulla o se l'esistente fosse completamente caotico, non esisteresti tu, che stai leggendo queste parole, né io che le sto scrivendo. Se immaginiamo una molteplicità di universi possibili, incluso «l'universo vuoto» in cui non esiste assolutamente nulla, solo negli universi in cui qualcosa esiste e questo qualcosa possiede, almeno localmente, un certo grado di ordine, possono esistere degli osservatori. La nostra esistenza è dunque un criterio selettivo. Qualsiasi altra cosa si possa dire del nostro universo, una cosa è certa: le sue proprietà sono tali da ammettere l'esistenza di osservatori. Noi stessi ne siamo la prova.

È questa una risposta? «Una molteplicità di universi possibili» è un mero concetto, mentre il fatto stupefacente è che questo universo davvero esiste e noi in esso. Noi siamo l'enigma, questo universo è il mistero, che il linguaggio non arriva a comprendere. Laozi dice: «Il Dao di cui si può parlare non è l'eterno Dao»

Tuttavia il linguaggio è uno strumento straordinario e il fatto che ci sia dato comprendere qualche frammento del mistero è in sé una cosa stupefacente. Einstein ha detto: la cosa più incomprensibile dell'universo è che sia in qualche misura comprensibile. La nostra sia pur limitata comprensione della realtà è un'ode alla sottigliezza dell'universo, un'espressione di gratitudine e di meraviglia.

Il caos è lo stato «normale» delle cose.

Ritornando dunque alla seconda delle due grandi domande (a proposito della prima non mi azzardo a dire nulla), che il mondo sia ordinato, che in esso siano presenti delle forme, è sempre apparso agli esseri umani come un fatto che richiede in qualche senso una spiegazione, mentre il caos è intuitivamente percepito come lo stato originario e primordiale, in qualche senso lo stato «normale» delle cose. Perciò i miti di tutti i popoli contengono in varie forme (spesso sorprendentemente simili) qualcosa come una proto-memoria dell'emergenza dell'ordine dal caos.

Nella Genesi per esempio troviamo: «In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque».

Nel pensiero mitico la separazione di cielo e terra è spesso la prima emergenza di un ordine, il primo passo nella creazione di un cosmo. Questa separazione ha luogo a partire da un indistinto che è sovente rappresentato dalle acque: presso i Sumeri, per esempio, la madre che genera il cielo e la terra è Nammu, il mare. La separazione stessa in varie cosmologie è opera dell'aria: nella mitologia egizia, per esempio, è il dio dell'aria, Shu, a causare la separazione dei «genitori cosmici» Nut e Geb (le cui funzioni sono curiosamente invertite rispetto a molte altre tradizioni: Nut, il cielo, è la madre e Geb, la terra, è il padre).

Gli elementi dell'opera primordiale di creazione, cielo, terra, acqua e aria, hanno ruoli diversi nei diversi miti, ma sempre riflettono l'idea di un'emergenza dell'ordine dal caos. Robert Graves narra questo mito pre-ellenico:

All'inizio Eurynome, dea di tutte le cose, emerge nuda dal Caos, ma non trova nulla di sostanziale su cui poggiare i piedi. Perciò divide il mare dal cielo e danza solitaria sulle onde. Danza verso il sud, causando un turbine di vento che le sembra qualcosa di nuovo e di diverso con cui cominciare l'opera di creazione. Ruotando su se stessa afferra questo vento del nord, lo modella fra le mani, ed ecco emergere il grande serpente Ophion. Eurynome danza per scaldarsi sempre più selvaggiamente, finché Ophion, preso dal desiderio, si avvolge intorno alle divine membra e si accoppia con lei. Eurynome è fecondata dal vento.

Secondo un mito orfico, «la dea Notte dalle nere ali, che perfino Zeus teme, viene corteggiata dal Vento e depone un uovo argenteo nell'utero dell'oscurità. Da quest'uovo nasce Eros, che mette in moto l'universo».

Nelle Metamorfosi di Ovidio...

Prima del mare, della terra e del cielo, che tutto copre, unico era il volto della natura in tutto l'universo, quello che è detto Caos, mole informe e confusa, non più che materia inerte, una congerie di germi differenti di cose mal combinate fra loro.

Incontriamo la stessa priorità del caos rispetto all'ordine nelle tradizioni orientali. Nella letteratura daoista, il Dao, la indescrivibile natura della realtà ultima, può solo essere evocata mediante metafore «caotiche»:

Ascoltando, non lo odi: è detto «silenzioso».
Toccando, non riesci ad afferrarlo: è detto «inafferrabile».
Queste tre qualità sono inscindibili e caoticamente fuse nell'Uno.
Il suo sorgere non è luminoso e il suo calare non è oscuro.
Innominabile, in esso le cose ritornano eternamente allo stato di vuoto.
Forma senza forma, immagine senza contorni, è detto «indistinto».
Se gli vai incontro non ha capo.
Se lo segui non ha coda.
Ritorna al Dao delle origini per essere padrone del momento presente.
Questo è detto «il filo conduttore del Dao».

Semplice e complesso

Il sogno degli studiosi della natura è sempre stato quello di individuare pochi meccanismi semplici (idealmente espressione di un'unica teoria universale) sottostanti a tutta la varietà e complessità dei fenomeni. Negli ultimi decenni del secolo scorso un ulteriore aspetto del rapporto fra semplicità e complessità si è imposto all'attenzione degli scienziati: anche processi estremamente semplici, iterati un gran numero di volte, possono dar luogo a fenomeni talmente complessi da sconfinare nel comportamento caotico. Viceversa, cosa ancora più inattesa, si è trovato che in seno al caos è possibile, in certe circostanze, la creazione spontanea di ordine.

Perciò il confine fra ordine e caos ci appare oggi assai più labile di un tempo. E, quel che è più importante, ci appare come una regione estremamente interessante e feconda: è questa regione che dobbiamo studiare se vogliamo sperare di comprendere i processi che hanno a che fare con la vita.

L'universo di Laplace

Il pensiero occidentale, per lunga tradizione, aborre il caos e privilegia la polarità opposta, la mente diurna, solare, l'ordine, la chiarezza. Questa tendenza, già presente nel pensiero greco, celebra il suo trionfo nell'ideale scientifico dell'epoca moderna.

L'analisi del mondo naturale mediante l'osservazione empirica e la descrizione matematica, iniziata da Galileo e da Newton, riscosse nel XVII e nel XVIII secolo successi tanto spettacolari che il grande fisico e matematico Pierre Simon de Laplace (1749-1827) all'inizio del secolo seguente potè ipotizzare una prevedibilità totale, sia del passato sia del futuro, a partire dall'ipotetica conoscenza di «tutte le forze da cui la natura è animata e della situazione rispettiva delle parti che la compongono» nel momento presente (questa affermazione, famosa e spessissimo citata, è diventata nella letteratura New Age «famigerata»).

Per circa un secolo le cose sembrarono dare ragione a Laplace. Il XIX secolo segnò un immenso progresso nella descrizione della natura in termini sempre più semplici e unitari. Cose che sempre erano sembrate radicalmente diverse, come la luce, il calore, il suono, il movimento dei corpi terrestri e quello degli astri improvvisamente apparivano come diversi aspetti di una realtà descrivibile mediante poche semplici equazioni. Le leggi del moto e della gravitazione di Newton, per esempio, d'un sol colpo descrivono il movimento di tutte le cose, dalle più grandi alle più piccole. E anche il suono e il calore, fenomeni in apparenza totalmente distinti dal movimento, risultano essere descrivibili negli stessi termini: il suono non è altro che il moto oscillatorio di molecole d'aria e il calore è semplicemente la caotica agitazione di atomi e molecole in un corpo qualsiasi.

Con la scoperta dei fenomeni elettrici e magnetici sembrò dapprima che le cose si complicassero, ma nella seconda metà del secolo Maxwell sviluppò una teoria che unificava elettricità e magnetismo e permetteva di descrivere anche la luce come un'onda elettromagnetica. Le forze che tengono insieme la materia risultarono essere di natura elettromagnetica, onde tutta quanta la chimica, sottostante alla immensa varietà delle forme sensibili delle cose, è essenzialmente una conseguenza dell'elettromagnetismo. Alla fine del XIX secolo un ristretto numero di equazioni fondamentali (le equazioni del moto, la legge della gravità e le equazioni di Maxwell) sembravano descrivere praticamente la totalità dell'universo.

La ricerca di una descrizione unificata della natura è un sogno tuttora vivo nell'animo dei fisici. Ma gli sviluppi del XX secolo ci hanno notevolmente allontanato dalla prevedibilità totale ipotizzata da Laplace. L'aspetto più spettacolare di questo cambiamento è indubbiamente rappresentato dall'avvento della fisica quantistica, un tema che affronteremo più oltre. Ma l'offensiva dell'imprevedibile non è legata esclusivamente alla fisica quantistica. La bufera della fisica quantistica ha fatto passare in secondo piano altre insidie sul fronte della prevedibilità, più sottili, ma non meno importanti, presenti già nella fisica classica.

Questo testo è estratto dal libro "Pellegrinaggi Verso il Vuoto".

Data di Pubblicazione: 2 ottobre 2017

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