Perché ci stai insieme? Meglio single o in coppia? Cosa ostacola l'armonia? Scoprilo leggendo l'anteprima del libro di Armando Zoff e Gabriele Policardo.
Infatuazione e Amore
Gabriele
Alcuni anni fa, mentre mi trovavo in un ashram negli Stati Uniti, un monaco del mio sentiero yoga, Swami Anantananda, si sedette spontaneamente al mio tavolo e illustrò a una mia amica - che era appena stata lasciata dal fidanzato - cosa significa infatuazione: è il vedere in un altro, qualità che noi pensiamo di non avere e che vorremo conseguire attraverso di lui. Ecco qui la base di un certo tipo di relazione.
Ed ecco la prima grande domanda:
Perché le persone sono tanto infelici nella relazione di coppia?
Perché alcune danno l’impressione che starebbero meglio da sole? Perché c’è questa pulsione irresistibile a stare in coppia, anche quando pare manchino componenti essenziali, quali la stima, la passione, la condivisione, il rispetto?
È davvero "infatuazione" ciò che molte persone chiamano "amore" ed è per questo che, poco tempo dopo, le relazioni si rivelano e rivelano alle persone tutti i loro vuoti, traumi e abissi interiori? Iniziamo da questo punto, tu come la vedi?
Armando
L'abbaglio di scambiare lucciole per lanterne è alla base di tanti rapporti distorti; questa deriva, in una società che ti spinge a ritenerti uno sfigato se sei single, è più presente nella relazione di coppia che non in quella d’amicizia, tuttavia le ragioni soggiacenti sono spesso le stesse, e ve ne sono varie.
A mio avviso in pole position c'è l'incapacità di stare bene da soli con sé stessi, la quale attiva, fra il resto, meccanismi proiettivi che ci fanno vedere in un altro qualità che non possiede, che però convalidano il nostro sogno, conducendo pari pari alla costruzione di un castello di carta che crolla alla prima folata di vento impetuoso, essendo basato non sulla realtà di ciò che c'è ma di ciò che siamo, un incantesimo forgiato dall’incapacità di vedere il mondo con occhi neutri e non ammantati dalla precisa volontà e urgenza di accasarsi.
Scrissi in un mio libro, provocatoriamente: "Divieto di sposarsi prima dei trent'anni. Prima divertiti, scopri chi sei, diventa amico del silenzio".
Eh sì, chi saprà raggiungere quel punto non cercherà più l’altra metà, semmai cercherà un’altra completezza. Anzi, non cercherà proprio, perché una volta divenuti bastanti a sé stessi, si cessa di essere mendicanti verso l’esistenza e si diviene pronti per una storia d’amore elettiva e nutriente, che nella libertà e in una dinamica relazionale matura e devozionale detiene il proprio centro gravitazionale da cui tutto si dipana.
In tutte le mie opere parlo, appunto, della "fuga da sé stessi", ovvero di quel modo di vivere imperante da secoli che ci vede perennemente impegnati nel mondo del "fare", una sorta di meccanismo di auto-evitamento pur di non guardare nell’abisso delle proprie schiavitù.
Come disse il grande Carl Gustav Jung, l’incontro con sé stessi e "la propria ombra" è il più terrificante e, proprio per tale ragione, i più lo evitano, vedendolo come la peggiore delle evenienze.
Tanti individui sono dei perfetti sconosciuti a sé stessi, perché organizzano la propria vita nel solo mondo esterno, riempiendosi di impegni da mane a sera, in un ciclo incessante che li porta a non conoscere la dimensione del silenzio, dell’introspezione profonda, della meditazione; essi non hanno mai compiuto un lavoro sui propri lati disarmonici, epperò si stupiscono se la vita, grande maestra che tiene alla nostra evoluzione, rimanda loro le medesime amare esperienze, in un ciclo senza fine che potrà essere spezzato solo da una sopraggiunta consapevolezza, la quale ci farà vedere chi davvero noi siamo, al di là di chi crediamo di essere, e quali sono le vere ragioni che stanno alla base delle nostre scelte.
Inoltre, quelle che noi crediamo essere "scelte" sono spesso azioni inconsce che obbediscono a un copione che ci è sconosciuto e che è matrice del nostro irrisolto.
"Nessuno può vedere fra le proprie sopracciglia" dice un detto buddista. Ecco perché è di vitale importanza sottoporsi al vaglio di una coscienza esterna, un operatore che ci ispiri fiducia e che, scrutando nei recessi della nostra interiorità, possa vedere ciò che a noi è ancora precluso. Riguardo il discorso dell’infatuazione di cui ti parlò il monaco, la risposta è molto ampia.
L'esistenza individuale procede anche per imitazione, ovvero la volontà di apprendere, per poi incarnare, le qualità che suscitano in noi meraviglia; la stessa PNL si basa sul modeling, quindi posso vedere bellezza e senso nell’atto di ammirare in qualcuno qualità che ritengo di non avere e che, anche sulla base di tale percezione, io pervenga a desiderare una storia d’amore con la persona suddetta.
Tuttavia, più avanzo nella mia risposta, più il sentiero si fa intricato, perché tante sono le prospettive da cui l’innamoramento e l'infatuazione possono essere analizzate.
Esistono una miriade di sistemi filosofici, spirituali, religiosi, psicologici e via elencando, ed io vedo ognuno di essi come un tassello dell'immenso arazzo chiamato Verità. Ad esempio amo tantissimo Bert Hellinger come pure James Hillman, nondimeno la loro visione della realtà fenomenica e trascendentale è assai diversa.
Poiché non devo scegliere o mettere sul podio chi amo, stilando una graduatoria in una supposta scala di valori, me li tengo entrambi, perché ognuno mi dà risposte che forniscono senso al mio stesso esistere.
Scendo nel dettaglio, per spiegarmi meglio.
James Hillman dice che l’anima scende su questa terra per fare esperienze, ma i suoi valori non sono quelli dell’io razionale e la sua agenda. In tal senso egli parla dell'anima nei termini di qualcosa di assolutamente spietato che non ha valori umani, affermando - testualmente - che se la tua anima vuole farti vivere una certa esperienza attraverso qualcuno, te la farà vivere, costi quel che costi, purché Lei faccia esperienza.
Questa visione spiega molte cose, ci apre gli occhi su tante relazioni che a noi paiono distorte, aberranti, rapporti violenti di cui noi, da fuori, non possiamo capire il senso e su quale base possano trovare un collante che le fa procedere sulla linea del tempo.
La visione di Hillman a tal riguardo non mi offre però una prospettiva che illustri una possibilità concreta di cambiamento, in essa non vedo una forza che mi è molto cara e su cui ho scritto diversi libri: la volontà.
Io credo che la forza di volontà, laddove si fonda con un’intenzione inflessibile e una saggezza superiore, faccia miracoli.
Sì, la prospettiva del grande Hillman mi spiega tanto sul perché, ma ritengo altrettanto importante il cambiamento, la trasformazione, e su questo tema lui mi pare talvolta fumoso, al contrario di Bert Hellinger e i movimenti dell’anima tramite le Costellazioni Spirituali.
Data di Pubblicazione: 19 gennaio 2024