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Perché comunicare con gli animali

Perché comunicare con gli animali

Leggi l'anteprima del libro di Rossella Panigatti e scopri un'aneddoto che testimonia quanto l'amore per lor possa farci avere un contatto più immediato.

Perché comunicare con gli animali

Da piccola non ero una bambina felice, avevo una radice di malinconia profonda e gli animali hanno rappresentato per me una grande consolazione e la fuga da una realtà che mi intristiva. Molto presto mi sono resa conto di quanto fosse importante per me comunicare con loro: avevo bisogno che mi facessero compagnia e volevo diventare loro amica, ed era importante che capissero che non avevo brutte intenzioni, come certi bambini, che non volevo far loro del male. All'inizio, dunque, ero mossa dal bisogno e dalla curiosità.

Così, presto mi sono accorta di avere un’innata predisposizione verso gli animali, mi riusciva naturale avvicinarli e niente mi spaventava. Durante una vacanza in montagna, avevo quattro o cinque anni, avevo scoperto una stalla appena fuori del paese. Con la caparbietà dei bambini, insistevo finché mia madre mi ci portava e là mi avvicinavo alle mucche che pascolavano, portando i miei doni: camminavo fiera tra quelle gigantesse con la manina ben tesa piena di sale o di zucchero e lo offrivo, ridendo dello sfregare ruvido e bagnato della loro lingua.

Mi piaceva ogni specie animale, non provavo disgusto e, soprattutto, non avevo timore di nessuno, li amavo tutti, semplicemente e spontaneamente. E loro mi ricambiavano. Tranne le salamandre che, poverette, ho cercato di allevare - credo di aver avuto una decina d’an-ni -, ma senza successo. Però riuscivo a catturarle...

Ho compreso poi, acquisendo gli strumenti dell’uso consapevole dell’energia, che avevo già stabilito in modo intuitivo la modalità di approccio corretta affinché potessero fidarsi di me.

Come è ovvio, allora non sapevo nulla della comunicazione energetica né di come usarla per avere un contatto più immediato e chiaro con i miei beniamini, ma, essendo cresciuta in una famiglia che amava e rispettava gli animali, e avendone sempre avuto, avevo acquisito una consapevolezza istintiva nell'avvicinarmi a loro. Pur essendo ancora piccola, mi muovevo con cautela, attenta a non spaventarli, parlavo a voce bassa.

Non ero mai troppo espansiva e, non avendo l’abitudine a stare con altri bambini, non squittivo né affermavo la mia volontà a suon di decibel. Con gli animali avevo coltivato anche una dote che non mi era connaturata, la pazienza, e aspettavo piuttosto che fossero loro, incuriositi, ad avvicinarsi a me.

Gli anni sono passati, ma l’attenzione e il rispetto profondi, unitamente alla consapevolezza acquisita grazie alla ricerca nel mondo dell’energia, mi hanno portato a vivere delle esperienze con gli animali che non esito a definire incantate, ricche di suggestione emotiva e di amore puro. Crescendo, mi sono resa conto di quanto possa essere taumaturgica e prodigiosa la loro presenza, soprattutto per rendere più tollerabile la vita di persone che, come me, avevano deciso di chiudere il cuore.

Quando cerchiamo di incarnare e di agire l’amore incondizionato - la vibrazione del Quarto Chakra o Chakra del Cuore -, pensiamo sempre ad amori travolgenti, o all’abnegazione dei genitori verso i figli o altri sentieri ben noti. Diffìcilmente consideriamo gli animali, che invece sono fonti inesauribili d’amore senza condizioni. E lì per noi, ne possiamo attingere a piene mani; basta guardarli e imparare. Questo episodio mi intenerisce ancora, e sono passati anni...

Amore di mamma: la storia del piccolo merlo

Una volta, come spesso accadeva in primavera, mi capitò di salvare un merlotto che non era ancora in grado di volare. Aveva completato il piumaggio e zampettava tranquillo nell’area cani dove portavo le mie due retriever. Sapevo che loro non rappresentavano un problema perché, pur essendo cani da penna, erano totalmente disinteressate agli uccellini, vuoi per natura ma, soprattutto, perché avevo insegnato loro a non occuparsene. Però sapevo anche che quella zona era frequentata da altri cani, ben più aggressivi, che avrebbero potuto uccidere il malcapitato.

Negli anni avevo sviluppato una tecnica per avvicinare questi incauti esploratori del mondo e lo presi facilmente. Lo avrei tenuto libero sul balcone, che era in muratura e aveva delle piante in grossi vasi, un ambiente gradevole che gli avrebbe permesso di finire di irrobustirsi e, quando fosse stato pronto, di volare via per affrontare la vita senza rischi.

Avevo già sperimentato quanto i merli fossero intelligenti, e lui non smentì la sua specie: dopo un primo, naturale tentativo di beccarmi, che neutralizzai tenendolo qualche secondo nelle mani a coppa, in modo che non svolazzasse e si facesse male, e mandandogli energia di luce e l'intenzione di bene, lui si tranquillizzò, capendo subito che non rappresentavo un problema; anzi, dopo aver mangiato un po' di carne cruda e frutta, smise di tentare di beccarmi quando mi avvicinavo. Dopo un paio di volte (ogni due ore gli portavo da mangiare), se non arrivavo si metteva a fischiare per chiamarmi perché aveva fame e, quando mi accosciavo al suo livello, mi volava in grembo con il becco aperto, pronto per il pranzo. Eravamo diventati amici.

Già questa velocità di assestamento era un meraviglioso regalo di fiducia, che non finiva mai di intenerirmi, ma quello che venne dopo fu ancora più commovente. La mattina successiva mi alzai prima del solito, era appena sorto il sole. Trovai il mio piccolo amico allegro e ciarliero, anche affamato. Mentre lo imboccavo, posai lo sguardo a terra e vidi un grosso lombrico scuro, di quelli che escono dalla terra quando piove. Il giorno prima era stato soleggiato e secco, ed ero certa che non ci fosse. Lo buttai in giardino, ma sembrava che il verme fosse già defunto.

Il mio merlotto si faceva via via più intraprendente e si avventurava in voli sempre più impegnativi, da un vaso all’altro. Però, se cercava di decollare dal pavimento, non riusciva ancora a superare la barriera del balcone, mentre se partiva da una posizione più alta, poteva coprire dei bei tratti. Un paio di giorni e sarebbe partito.

La mattina dopo, non so perché, mi svegliai ancora più presto. Avvicinandomi piano, sentii un ciangottare concitato che sembrava più un dialogo che un monologo. Avevo lasciato a metà la tapparella del balcone e diedi un’occhiata, sbirciando attraverso le tende. Oltre al mio merlotto, ce n’era un altro, probabilmente uno dei genitori. Era poco più grande del mio, e aveva una sfumatura marroncina. Era la mamma e aveva nel becco un grosso verme rosa che si dimenava.

Sentii la commozione invadermi dal petto e salire fino alla gola. Nello stesso tempo, mi colpì profondamente quella dimostrazione di amore totale, rinchiuso in un paio detti di ossicini e piume: era l’evidenza di un sentimento che la muoveva oltre il timore, le faceva prendere dei rischi (lei non poteva sapere che io non ero un pericolo) e mettere a repentaglio la propria incolumità pur di sfamare il suo piccolo. Mi commossi: sorridevo tra le lacrime. Era tutto così semplice e perfetto. Poi successe qualcosa che mi riguardava, come se qualcosa di trattenuto, un blocco antico di freddo, avesse cominciato a sciogliersi dentro.

Il mio merlotto superalimentato, con una mamma pennuta e una putativa, volò via tre giorni dopo, lasciandomi un’ombra di malinconia e la sensazione di aver ricevuto più che dato.

È solo un piccolo esempio ma, insieme a tutti gli altri a cui ho avuto la fortuna di assistere, mi permette oggi di affermare che, se osserviamo gli animali con rispetto e con amorevolezza, impariamo sempre: loro non hanno bisogno di salire in cattedra per insegnarci, semplicemente sono. Accostandoci a loro con il cuore puro, essi lo colmeranno con la generosità e il loro altruismo. Ma non è tutto.

Come ho avuto modo di constatare in tutti questi anni, la loro presenza costante, il loro calore hanno rappresentato, per molti e più di una volta, la differenza tra l’aver voglia di vivere o di morire. Per me è stato così. Grazie alla loro presenza, ho cominciato a riportare l’amore che avevo bandito dalla mia vita, piano piano, passo dopo passo. Ma questa è un'altra storia.

Data di Pubblicazione: 22 novembre 2019

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