SELF-HELP E PSICOLOGIA   |   Tempo di Lettura: 7 min

La potenza del Surrender: Sono davvero qui

Era Scritto nelle Foglie del Destino - Richard Romagnoli - Speciale

L'inizio del grande viaggio spirituale di Richard Romagnoli per tornare alla sua patria spirituale: l'india. Scoprilo leggendo l'anteprima del suo libro.

La potenza del Surrender: Sono davvero qui

L’Albero della meditazione

Se solo avessi saputo che tutto era già scritto nel mio destino, avrei evitato di vivere così profondamente i momenti di dolore, di sofferenza e le situazioni in cui mi sono sentito perso e davvero solo. Se solo avessi saputo...

Un fiume scorre con calma inesorabile verso il mare, i rami degli alberi accarezzano il suo fluire e gli uccelli, volando sulla superficie dell’acqua, lo accompagnano nel viaggio con i loro canti; donne, avvolte in abiti colorati, agghindate di fiori e preghiere, non proferiscono parola ma sorridono alla vita, e bambini, dai grandi occhi neri, giocano allegri sulla riva.

E poi, una scia d’incenso profumato segnala i percorsi verso i templi sacri, piccole luci ne delimitano i confini. Tutto si mescola in un’armonia che mai ha lasciato il mio cuore, anche negli anni in cui ho potuto solo immaginare e sognare il ritorno.

Chi c'è stato lo sa e non può dimenticarli: i colori dell’India. A differenza di altre parti del mondo, qui ogni tonalità è palpabile, morbida, come se fosse velluto avvolgente. Così gli odori e i profumi. Non hanno vie di mezzo.

Ti restano dentro per sempre, come un richiamo, un anelito di bellezza. Così, inebriandomi di colore e di profumi, gradino dopo gradino, sono arrivato sulla sommità della collina.

 

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Ricorda l'Eternità

Mi fermo, respiro e osservo il mondo in cui sono immerso, ancora mi domando se davvero mi trovo qui, in questo tempo che si dilata all'infinito, si espande come la gioia e il senso di gratitudine che provo.

Potrebbe essere altrimenti? Non è più un sogno, è realtà.

Sono davanti all’Albero della meditazione: il luogo di pace dove il mio cuore trova ristoro. Gli incensi sempre accesi diffondono il loro inconfondibile profumo. È una fonte di energia di antica saggezza, di amore. Il Banyan Tree (Ficus Benghalensis), il baniano, un albero particolare: le sue radici che scendono dall’alto senza interruzione suscitano in me un senso di riverenza profonda. Ricordano l’eternità.

La sua storia è affascinante.

Tanti anni fa, il mio Maestro Sathya Sai Baba, dalla sabbia del fiume Chitravathi, materializzò uno yantra, cioè un antico amuleto mistico di metallo sul quale erano incise parole misteriose, indecifrabili. Quello yantra, quel simbolo divino così potente, ha donato energia, forza, chiarezza mentale a tantissime persone.

Baba lo fece quindi interrare nel luogo sacro dove oggi sorge l’Albero della meditazione. L'energia sprigionata dall’albero è innegabile.

 

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In cerca della solitudine

Quando Baba materializzò lo yantra, con incise le formule sacre, rivelò che gli aspiranti spirituali, gli yogi, i rinuncianti, i maestri di spiritualità sarebbero stati attratti, da tutto il mondo, in questo luogo.

Mentre sono al suo cospetto, ho la sensazione di tornare con la memoria in altre dimensioni di vita, molto antiche, nelle quali il Banyan Tree era il luogo in cui gli studenti, i fedeli, i ricercatori incontravano il loro maestro. E lui elargiva sacri insegnamenti di elevazione spirituale per donare conforto alle menti più agitate.

E ora sono davvero qui.

Non mi stanco di ripetermelo e sorrido. Mia moglie Sara, le mie splendide figlie, Matilde e Sofia, e le persone che ci hanno accompagnato nel viaggio si stanno godendo un po’ di riposo in hotel. Io ho cercato questa solitudine perché l’emozione è considerevole e in certi momenti l’anima trabocca.

Penso che l’albero sappia del mio tempo, dei miei anni lontani e in qualche modo conservi, nella sua legnosa accoglienza, il ricordo di ciò che sono stato. Come un vecchio nodoso e pacifico, sono certo che conservi nei suoi anfratti silvestri, come cassetti preziosi, il ricordo delle mie meditazioni, delle mie preghiere, dei miei pensieri.

Mi piace credere che ogni mia parola, ogni sospiro, ogni augurio così come ogni lacrima siano diventati parte indissolubile delle sue stesse radici. Ho la sensazione che un viaggio si sia compiuto e io finalmente mi ritrovi di nuovo a casa.

 

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L'arrivo in India

Da qui vedo l’Ashram, Prasanthi Nilayam. Mi sembra che solo da questa dolce altitudine lo si possa abbracciare in tutta la sua immensa grandezza, non tanto in dimensioni, per quanto grande lo sia davvero, ma in profondità.

Forse perché qui c'è un’energia di pace che ti invade e che diventa nutrimento. Immerso nel silenzio, io vorrei urlare: “Sono a Puttaparthi, nella mia amata India.” Mi concedo di sentirmi come quell’eroe che non ha mai perso la speranza del ritorno: nonostante le prove indicibili, ha conservato dentro di sé l'emozione dell’approdo, certo che sarebbe giunto. Come quell’Ulisse che non ha mai smarrito nel cuore il richiamo di Itaca.

Quanto ho atteso questo momento!

Nelle giornate buie, quando il ritorno sembrava un miraggio, la mia mente visualizzava questo luogo, si aggrappava come un naufrago alla forza della terra e alla profondità della coscienza. Sentivo che un giorno sarei tornato dove i miei pensieri erano diventati Sankalpa: le mie intenzioni “pure” di poter essere al servizio del maestro per portare benessere, gioia e contribuire alla felicità delle persone.

Osservo le fronde dell’albero che tante volte ho disegnato nei miei pensieri perché non andassero alla deriva: hanno una forma particolare, a cuore rovesciato. Dicono che ciascuna foglia rappresenti la scrittura vedica dei testi più sacri.

Per me è stato un vero sacrificio stare lontano e, non a caso, l’Albero della meditazione viene anche definito “il luogo delle rinunce, delle penitenze”.

 

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Il luogo delle rinunce

Siamo portati a pensare alla rinuncia e alla penitenza come momenti negativi. In realtà, dovremmo porci una domanda: che cosa ci facciamo qui, in questa vita, su questo pianeta? Siamo qui per accumulare peso, fardelli e zavorre o forse per apprendere a rinunciare a ciò che ci limita, per liberarci da tutte le nostre inquietudini, dai nostri falsi possedimenti?

Rinunciare non significa fare a meno di qualcosa o di tutto, ma evitare di caricarsi del superfluo. La penitenza non è mortificare il proprio corpo fisico, la penitenza è portare la nostra attenzione dal mondo esterno a quello interno.

Non dovremmo però demonizzare l’esteriorità, perché è ciò che ci consente — con gli inesauribili desideri, con i suoi falsi bisogni, gli attaccamenti creati dai sensi — di calarci nel mondo interiore. Si tratta di una sorta di soglia da oltrepassare.

C'è un momento della vita, se siamo in autentica ricerca, se vogliamo ascoltare i nostri bisogni interiori, in cui ci rendiamo conto che la ricerca della felicità e della gioia rimane senza esito se riposta solo nei beni e nelle conquiste materiali.

La pace vera, la quiete della mente, il ristoro dell'anima abitano solo dentro di noi.

Mi sono reso conto di aver perso il senso del tempo e anche dello spazio. Riapro gli occhi: sta arrivando la sera, i colori del cielo mutano. Sono rimasto seduto a meditare per qualche ora.

Osservo la postura delle mie mani, appoggiate sulle ginocchia, pollice e indice uniti, nella tipica posizione meditativa: l'indice rappresenta il nostro Io individuale, il pollice è l'energia divina.

Tale posa ci permette di allinearci con noi stessi e con la dimensione spirituale per aiutare la mente a entrare nel silenzio, là dove si lasciano fluire i pensieri come nuvole, si osservano ma non ci si identifica con nessuno di essi e li si lascia passare.

Data di Pubblicazione: 20 ottobre 2023

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