SPIRITUALITÀ ED ESOTERISMO

L'Antica Scienza del Digiuno Mentale

Digiuno mentale

Anteprima del libro "Digiuno per la Mente" di Jason Gregory

L'antica scienza del digiuno mentale

Il digiuno della mente è nato in risposta a un mondo che pone attenzione ai fenomeni esterni, con i quali ci relazioniamo attraverso i condizionamenti.

La pratica del digiuno mentale è un’indagine scientifica sul panorama interiore del nostro corpo e della nostra mente. Ciò è avvenuto in risposta a un mondo nel quale la mente era volta all’esternazione attraverso un processo di reazione all’attività e al movimento della stessa.

Di fronte a ciò si tende a ritenere che si tratti di un semplice astenersi dalle abitudini mentali e ignorare le risposte emotive al mondo esterno. Quantunque ambedue le cose aiutino, la scienza del digiuno mentale è molto più sottile e richiede una comprensione approfondita.

Se non la capiamo a fondo, corriamo il rischio di fraintenderla perseguendo ancora fini egoistici, in questo caso nel tentativo di diventare illuminati, come se fosse la personalità a farlo. Questo tranello lo vediamo nel moderno movimento dello yoga, inteso come un esercizio fìsico per la salute e il benessere. Pochi capiscono che quanto fanno in palestra è legato solo all’hatha yoga; non è vero yoga, perché è stato spogliato della sua filosofia e della psicologia, che vanno comprese e vissute se si vuole praticare autenticamente uno dei numerosi rami dello yoga.

Non voglio che tu cada in questa trappola quando inizi a praticare il digiuno mentale. Voglio che ti avvicini a questa scienza senza preconcetti e con una mente vuota, con sincerità e vivo desiderio di conoscere la tua vera natura. Solo allora puoi iniziare ad applicare tale scienza alla tua vita quotidiana.

L’antica scienza del digiuno mentale venne scoperta dai sommi esploratori della coscienza, grandi mistici tra cui i primi vanaprastha, Gautama Buddha, Chuang Tzu e anche Patanjali, fondatore dello yoga classico. Attraversarono le profondità della mente e ritornarono con una scienza che promette la liberazione eterna e la fine della sofferenza.

Solo pochi scoprono tale scienza, quindi mi congratulo con te se stai leggendo queste parole: sei qui perché desideri la vera libertà.

Dopo aver attraversato le profondità della coscienza, i grandi mistici fecero dunque ritorno con una scienza da condividere con il mondo. Questa scienza però non può essere esaminata in un normale laboratorio scientifico, giacché il laboratorio in realtà è la mente.

La scienza del digiuno mentale richiede di esaminare attentamente la propria mente in ogni momento. In tal modo, si ha una miglior comprensione del contenuto subconscio e di come esso guida le azioni inconsce. Fare esperimenti nel laboratorio della mente può essere doloroso e si rischia facilmente di ricadere nelle vecchie abitudini nel tentativo di evitare di affrontare se stessi, perché nel digiuno mentale siamo sia il soggetto sia l’oggetto dell’esame.

Nell’antichità, e ancor oggi, le persone all’inizio provano disagio nel trovarsi costantemente nel laboratorio della mente, interagendo nel contempo con individui che sono ancora addormentati alla loro vera natura, ipnotizzati da distrazioni fisiche e mentali. Di conseguenza, gli antichi scienziati della mente crearono ambienti sani per facilitare un esame approfondito.

Le antiche cliniche del digiuno mentale

I grandi saggi della storia, ai tempi delle Upanishad, compresero che il digiuno mentale è un insegnamento essenziale per “conoscere se stessi”. Questa conoscenza derivante dalle Upanishad e dai Veda divenne la scienza e la filosofìa del Vedanta, una delle principali filosofìe dell’induismo.

Quando l’insegnamento del Vedanta cominciò a diffondersi tra la gente comune, l’idea principale alla base era la stessa delle Upanishad: il non-dualismo, che in sanscrito è noto come advaita. Il raggiungimento della consapevolezza e della percezione dell’advaita è il risultato ultimo del digiuno mentale. Conosciuto in genere come Advaita Vedanta, è una scienza spirituale che mira a evocare nella coscienza la grande saggezza delle Upanishad, ossia che Atman è Brahman. Ecco perché il grande maestro advaita Sri Ramana Maharshi disse:

"Così il fatto è che Brahman è tutto e rimane indivisibile.È sempre realizzato, ma l’uomo non ne è consapevole. Deve arrivare a conoscerlo. Conoscenza significa superare gli ostacoli che impediscono la rivelazione della verità eterna che il Sé è Brahman. Gli ostacoli nel loro insieme formano la tua idea di essere separato come individuo. Gli antichi dicono: “Assorbendo la visione in jnana, si vede il mondo come Brahman”."

Nello jnana yoga (cioè, “yoga della saggezza”), colui che percepisce il mondo come Brahman è indicato con il titolo onorevole di jnani. Lo jnana yoga è considerato il percorso avanzato dello yoga, praticato dai grandi saggi perché riservato a coloro che riconoscono il Brahman, anziché la dualità di maya.

Uno jnani, quindi, è un grande veggente del divino. Attraverso il digiuno della mente, dalla sua coscienza è stata eliminata l’illusione della separazione. La mente tossica e distratta non può percepire questa realtà divina. Si perde nella separatezza delle distrazioni illusorie di maya. Ce lo spiega meglio uno di questi jnani, Shankara (788-820 d.C.), grande filosofo indiano del pensiero vedico:

"Brahman è reale,
l’universo è irreale,
l’universo è Brahman."

Questa strofa può apparire contraddittoria, ma in realtà non lo è. L’ultima riga chiarisce le prime due: il mondo è irreale quando lo percepiamo come una realtà composta da parti separate. Tuttavia, l’universo è reale nel momento in cui lo percepiamo come Brahman, perché la realtà stessa è non dualistica.

Per acquisire la comprensione di jnani quali Sri Ramana Maharshi e Shankara e per vivere la saggezza delle Upanishad, furono create le prime cliniche spirituali che si conoscano. In sanscrito erano note come ashram. Un ashram è un ritiro spirituale in cui possiamo recarci per rimanere vicino a un maestro che incarna l’advaita come realtà vivente. Gli ashram furono appositamente progettati in modo molto semplice, senza distrazioni esterne, per trovarsi sempre alla presenza del maestro. Questi tiene ogni giorno dei satsang (discussioni sulla verità), applicando inoltre una rigida disciplina e un regime da seguire. Gli ashram odierni seguono la stessa formula di quelli antichi, sebbene oggi ci siano sempre più ashram che divergono da questa tradizione.

Il buddhismo e Gautama Buddha

L’evoluzione della spiritualità upanishadica portò probabilmente a una delle più famose cliniche e a uno dei più noti maestri spirituali che il mondo abbia conosciuto, rispettivamente il buddhismo e Gautama Buddha.

L’insegnamento originale di Gautama Buddha è noto come vipassana, comprensione della propria vera natura; è un ampliamento degli insegnamenti e della scienza della precedente tradizione upanishadica. Il buddhismo stesso non è propriamente una religione; andrebbe visto come “la scienza della mente”. Tale scienza è la pratica costante della vipassana (comprensione continua della nostra vera natura) per conseguire il medesimo fine dell’Advaita Vedanta, sebbene l’interpretazione e la semantica di tale conseguimento siano diverse.

L’esperienza però è la stessa. Gli insegnamenti del Buddha (dhamma in pali e dharma in sanscrito) sono essenzialmente un programma di digiuno della mente. Gautama Buddha stesso comprese, come avevano fatto gli antichi jnani, la necessità di un ambiente adatto a favorire questo digiuno. Di conseguenza, la gente cominciò a radunarglisi attorno per vivere vicino a lui. Quando il Buddha storico morì, il sentiero spirituale del buddhismo venne alla luce ed è ancora oggi un valido percorso da seguire per porre fine alla sofferenza e ottenere la liberazione.

I laboratori di digiuno mentale del buddhismo alla fine portarono alla tradizione zen, che è quasi identica all’Advaita Vedanta per insegnamento, filosofìa e scienza spirituale. Il buddhismo zen è uno dei percorsi più concisi e maturi da seguire nella pratica del digiuno mentale. In origine aveva interamente luogo in una natura lontana dalle distrazioni del mondo. Della tradizione zen Joseph Campbell ha detto: “Non si sa dove finisce la natura e dove comincia l’arte”

L’enfasi è sulla consapevolezza intesa nello stesso contesto della vipassana, ecco perché alcuni ritengono che lo Zen sia l’insegnamento originale del Buddha, non essendovi alcuna differenza sostanziale tra i due. La consapevolezza in ogni momento è il nocciolo di entrambi.

Questo addestramento alla consapevolezza, alla mindfulness, conduce in maniera naturale a non parlare molto, poiché l’attenzione è focalizzata sul mondo interiore. Un monastero zen ci offre questo spazio per far digiunare la mente, così da poter percepire il nirvana in tutta la vita. La bellezza di tale esperienza del nirvana in tutta la vita ce la spiega Joseph Campbell:

"Nirvana significa letteralmente “spento con un soffio”; l’immagine è che una volta realizzata la propria unità con quella che è chiamata la mente di Buddha (la concezione buddhista del Brahman), allora il proprio ego individuale si spegne come la fiamma di una candela e si diventa un tutt’uno con la grande luce solare. Ma quando ci arrivi, ti rendi conto di essere stato lì per tutto il tempo. Questo è tutto, gente; noi siamo lì, non c’è alcun luogo dove andare e questo è, sostanzialmente, tutto. Come disse il dott. Daisetz Suzuki, maestro zen giapponese: “Questo mondo, con tutte le sue colpe, tutti i suoi crimini, tutto il suo orrore, tutta la sua banalità, tutta la sua stupidità, è il mondo del loto dorato”. Ma occorre imparare a vederlo in quella dimensione."

Ecco l’obiettivo dello Zen e di tutte le altre cliniche di digiuno spirituale.

Lo scopo alla fine è di lasciare l’ambiente spirituale e percepire la realtà non dualistica in tutta la vita, cosa che dà ossigeno spirituale al mondo intero.

È la caratteristica originaria di un jivanmukta o bodhisattva, nel senso che si sono completamente liberati della separazione e vivono nella società, non necessariamente per insegnarci di proposito la via, bensì per irradiare questa consapevolezza nel mondo semplicemente essendola. Il ritorno dopo aver praticato il digiuno mentale è una delle ragioni per cui il Chuang Tzu ha svolto un ruolo significativo nella formazione del buddhismo chan in Cina, diventato zen in Giappone.

Lo Zen in realtà nacque dal matrimonio tra la visione naturalista del taoismo e la filosofia buddhista, che si ritiene essere avvenuto allorché il grande maestro buddhista Bodhidharma, tradizionalmente considerato il fondatore del buddhismo zen, arrivò in Cina dall’India. È proprio l’aspetto del digiuno mentale presente sia nel taoismo sia nel buddhismo a rendere lo Zen una naturale evoluzione del pensiero orientale e il bellissimo percorso che è oggi.

La stessa tradizione taoista aveva luoghi per facilitare il processo di digiuno della mente. Si trattava della tradizione eremitica cinese. Volendo conoscere la natura della propria esistenza, ci si addentrava tra le montagne alla ricerca di un maestro eremita, una figura come Lao Tse, per esempio. Con un ardente desiderio di “conoscere se stessi”, si trovava dunque un maestro eremita, il quale insegnava i metodi per far digiunare la mente, come il nei gong (arti marziali interiori, ossia un insieme di tecniche di respirazione, meditazione e pratica spirituale associate al taoismo), che scavassero in profondità nel subconscio.

Esplorando le cliniche spirituali degli antichi arriviamo a Patanjali, il padre fondatore dello yoga. È con Patanjali che molte delle divergenti opinioni sul digiuno mentale provenienti dall’era upanishadica e dal primo buddhismo cominciano a essere sintetizzate. Il sistema originale dello yoga è di far digiunare la mente per realizzare la nostra innata unione con la fonte dell’universo. Con Patanjali, la scienza del digiuno mentale diventa più raffinata e chiara, allo scopo di capire se la struttura mentale è solida e in grado di assorbire.

Man mano che la scienza si affinava sempre di più, un numero crescente di persone aveva maggiori possibilità di applicarla alla propria vita, non solo portando pace duratura a sé, ma contribuendo anche alla pace per l’umanità. Le cliniche spirituali degli antichi maestri diedero origine a un metodo di indagine scientifica che è la struttura per comprendere la ruota della sofferenza, la ruota del samsara, e il modo di trascenderla.

Questo testo è estratto dal libro "Digiuno per la Mente".

Data di Pubblicazione: 22 giugno 2018

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