SPIRITUALITÀ ED ESOTERISMO   |   Tempo di Lettura: 9 min

La pratica magica dei druidi

La Magia e la Saggezza dei Druidi - Paul Sanda - Bruno Geneste - Speciale

La saggezza dei druidi, i segreti, la magia e il ritorno a un contatto vero con la Natura, leggendo l'anteprima del nuovo libro di Paul Sanda e Bruno Geneste.

La pratica magica dei druidi

"Il druido è colui che conosce le chiavi magiche, i mezzi per riuscire a raggiungere Gwenwed."

La tradizione primordiale è molto più antica del druidismo e risale agli albori dell'umanità. In passato era detta Gnosi, cioè Conoscenza. Possiamo quindi parlare di Conoscenza primordiale. Questa Conoscenza si è diffusa sulla Terra principalmente per trasmissione orale, ma anche per mezzo di simboli immutabili, quindi di scritture primitive che venivano spesso utilizzate unicamente per rituali e magia.

Così, in molte civiltà sconosciute o scomparse (come le culture dimenticate che hanno saputo erigere monumenti di pietra in tutto il pianeta), la trasmissione è avvenuta grazie a pratiche religiose, iniziatiche e segrete, preparando una parte dei popoli a custodire la ricerca dell’energia interiore.

Questa Conoscenza così corposa si è perpetuata per millenni, finché l'umanità non è finita, in una sorta di devianza globale, col perdere il legame necessario con il respiro della Terra e con il grande soffio cosmico del divino.

Il collegamento religioso è dunque evaporato a favore di una illimitata riesumazione materiale che appesantisce l’anima tanto quanto lo spirito, non permettendo più alla Conoscenza di risplendere. Studiare la pratica magica dei druidi è cercare di ritrovare almeno un po’ di questa Conoscenza primordiale, per conservare una parte della sua essenza e del suo splendore.

Dobbiamo prima di tutto percepire la risonanza di un tempo diverso, dove tutto ciò che proveniva dal tellurico e dal cosmico era rispettato, anche durante le guerre e nei momenti bui. I detentori della Conoscenza erano ascoltati e tutti ne godevano, compresi i nemici, che in genere accettavano anche i termini di risoluzione dei conflitti proposti da oracoli e saggi.

Sappiamo che, presso gli antichi Celti al re non era permesso decidere e tanto meno agire senza il consiglio del druido. Il nome stesso del druido racchiude la sua forza energetica. Secondo il ricercatore Robert-Jacques Thibaud, la parola druid deriva dall’irlandese medievale druis, composto dall’aggettivo dro (forte) e dalla radice wid (scienza).

Inoltre, il druidismo era associato alla quercia, albero robusto simbolo di forza e saggezza (in latino, robur significava sia quercia che forza e durezza). Dru wid significherebbe quindi un'espressione più che eloquente: molto dotto tra gli alberi...

 

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La sapienza antica dei druidi

I druidi consideravano la parola come un essere vivente capace di incarnarsi. Essa era per loro una fonte di energia potente, estremamente risolutiva, ma di una fragilità paragonabile a quella di un vaso d'argilla, perché poteva in qualsiasi momento corrompersi o addirittura spezzarsi — a differenza della scrittura che i Celti sentivano come una cosa inerte, senza fuoco interiore.

La scrittura poteva essere solo un mezzo per innescare la magia della parola parlata che invece aveva il potere della trascendenza, della sublimità, dell’introspezione, e la cui pietra angolare era la Conoscenza spirituale.

Così la base magica del druidismo era composta da una convergenza tra il tellurico e il cosmico, tra la parola e ciò che essa designa, tra tutte le energie naturali e il dialogo interiore che poteva scaturire dal confronto con il meraviglioso della natura.

La Conoscenza poteva dispiegarsi in una sorta di unione tra fauna e flora, di prodigiosa interdipendenza tra i regni, capace di ascoltare i conciliaboli tra il merlo Cilgwri e il cervo di Redynvre o il salmone di Lyynn Llyw.

Indubbiamente questa antica pratica della lingua sacra è stata ripresa in tradizioni successive come la Lingua degli uccelli, sepolta a poco a poco nel segreto della trasmissione iniziatica e che appare solo di rado nella storia della magia.

Questa lingua sacra era usata, ad esempio, dagli agiografi del Medioevo, riferendosi a san Francesco d'Assisi che impartiva sermoni e conversava con uccelli. Se ne trovano tracce, molto belle, in Bretagna negli scritti di Marteville e Varin, che nell'ampia riedizione del "Dictionnaire historique et géographique de la province de Bretagne" del 1845, descrissero Lothéa, la foresta di Toulfoén dove avevano luogo avvenimenti particolari:

Al confine della foresta di Clohars-Carnoét, a circa una lega da Quimperlé, in mezzo a un recinto di alberi alti e belli, vi è una cappella abbastanza grande, dedicata a santa Théa e alla Trinità; il suo nome è Lothéa, dal nome della sua prima protettrice. [...]

A poca distanza da questa cappella, all'ingresso della foresta, ogni anno si tiene un perdono, famoso nel paese, detto il Perdono degli uccelli, o Perdono di Toulfoèn. Si svolge la domenica di Pentecoste, vicino a un luogo chiamato Toulfoén, dove si vendono da sempre molti uccelli di ogni tipo”.

 

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La Lingua degli Uccelli

Questa Lingua degli uccelli, che non ha nulla a che vedere con le versioni moderne di abili giochi di parole di intrattenitori, pseudoalchimisti o psicanalisti, nasconde un potere evocativo ritrovabile ad esempio nell’ogham, questa misteriosa scrittura druidica che somma più significati partendo da un primo engramma naturale (una traccia mentale che mira a ridurre i simboli in un unico segno).

Così, dal simbolo scritto —| la lettera B, che si pronunciava beirh, il druido si collegava a un albero tutelare, qui la betulla. L’oracolo, pronunciato dal vate (dal latino vates, che significa rabdomante, profeta) e narrato o cantato dal bardo, poteva essere indirizzato dal druido sotto forma di ogham alla persona che, segretamente malata di reni, doveva fare una cura di 21 giorni di succo di betulla fresco!

L'attribuzione di questo ogham era accompagnata da una sentenza filosofica e vari consigli, risultanti dalla divinazione e dalla meditazione che avevano dato vita alla parola beith nel pensiero dei sapienti. Questa Conoscenza perduta sottolinea il delicato legame che i druidi mantenevano con la pianta, al punto da far nascere un linguaggio, un gergo che si riconnette perennemente con l’immensità del Grande Tutto, di questo Abraxas originale capace di attingere a ogni risoluzione degli opposti...

Il sacro alfabeto si declinava e si approfondiva tra le verticalità delle piante, ma anche in altri luoghi naturali dal cuore vibrante, dove i sacerdoti raccoglievano l’energia e la potenza. In effetti, la scrittura ogamica aveva il compito di catturare l'energia della magia e di amplificarla in modo più potente della voce.

 

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Il pensiero druidico

Il pensiero druidico si dipana nei tre mondi complementari, nei tre livelli di coscienza dai quali nessuno può sottrarsi: genesi in Anwn, evoluzione in Abred (mondo delle prove), pienezza in Gwenwed; il divino invece ha sede a Keugant.

Gli esseri umani devono combattere contro l'orgoglio, la menzogna e la crudeltà, per raggiungere uno stato in cui materia e spirito siano inseparabili. Il druido è colui che conosce le chiavi magiche, i mezzi per raggiungere Gwenwed.

Il pensiero druidico è permeato di luce ma anche di buio, nella certezza di un universo circolare dove il passato stesso può diventare futuro. Questa non-dualità, questo modo di rapportarsi direttamente alla coincidenza degli opposti in un tempo ciclico, si apre sui pozzi insondabili della vita, che è fatta solo di passaggi successivi.

Il druido viaggia tra i mondi, è in grado di utilizzare energie profondamente sepolte e di attingervi per ottenere meraviglie. La pratica della magia veniva spesso utilizzata per destabilizzare il nemico, e i gesti adottati dai druidi non erano senza effetto sui soldati romani.

Prendiamo ad esempio l’anno 61 d.C. durante la rivolta dei Britanni, quando il generale romano Svetonio Paolino volle saccheggiare il santuario druidico sull’isola di Mona (Galles). Tacito riferisce:

Lungo il lido, stava l’armata nemica, compatta e irta di armi, e tra le sue file correvano le donne come furie, in abiti da lutto, scapigliate e con le torce in mano. Intorno a loro i druidi, con le braccia levate al cielo, scagliavano imprecazioni; la stranezza di questo spettacolo colpì così tanto i nostri soldati che non osarono fare una mossa.

Poi, incoraggiati dal loro capitano e stimolandosi l’un l'altro per non lasciarsi impaurire da una banda di donne fanatiche, diedero la carica, abbattendo chiunque incontrassero e avvolgendoli nelle loro fiamme”.

 

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Il segreto della tradizione celtica

L'unico scopo di questo rituale era quello di impressionare il nemico, di generare “sacro terrore”, come giustamente scrive Gwenc'hlan Le Scouézec:

È probabile che i soldati romani non capissero una parola di queste imprecazioni pronunciate probabilmente in bretone, e che fossero sensibili solo all'aspetto gestuale dello spettacolo, la cui efficacia ne veniva pertanto ridotta.

I Celti probabilmente non avrebbero resistito a maledizioni così pronunciate. I romani ne furono comunque colpiti al punto di quasi voltare le spalle...”.

I rituali magici più famosi sono geis e glam dicinn. Il geis era un incantesimo magico rivolto a un guerriero, o a un re, e il più delle volte mirava a imporgli per tutta la vita dei limiti religiosi e sociali. Solo un druido avrà il potere di evocare un geis. Se il guerriero rompeva il geis, era segno della sua inevitabile morte imminente...

Quanto al glamm dicinn, era una terribile maledizione che gettava vergogna, biasimo e bruttezza su chi lo riceveva. La vittima di glamm dicinn era permanentemente esclusa dalla società e spesso moriva molto rapidamente.

Il glam dicinn era un grido potente, modulato per produrre vibrazioni distruttive e malvagie. Tale magia non fu più usata quando i druidi si convertirono al cristianesimo, poiché iniziarono a preoccuparsi di fare più il bene che il male.

Certi incantesimi magici continuarono a essere comunque pronunciati a scopo benefico nei riti cristiani durante la messa e ancora oggi in certi rituali del rito culdeo, definito da Gwenc'hlan Le Scouézec “marranismo celtico”, vale a dire una pratica druidica mantenuta sotto forma cristiana.

 

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Data di Pubblicazione: 8 febbraio 2023

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