SALUTE E BENESSERE

Principi di pratica per lo Yoga in azienda

Yoga in azienda - Vittorio Demetrio Mascherpa - Speciale

Scopri come lo Yoga possa diventare un grande strumento di benessere e salute all'interno di un azienda, leggendo il nuovo libro di Vittorio Demetrio Mascherpa.

Principi di pratica per lo Yoga in azienda

Consigli generali

In questa parte del libro, verranno trattati alcuni principi di pratica che, a mio avviso, non sempre vengono espressi con sufficiente chiarezza e con la dovuta enfasi, sia nei testi che nelle lezioni dal vivo, laddove vengono soprattutto descritti — anche in modo dettagliato — gli esercizi e le posture nei loro aspetti più esteriori ed evidenti, inducendo così i praticanti a ritenere che le asana riguardino fondamentalmente e in modo prevalente, se non addirittura esclusivo, l'assetto fisico da far assumere al corpo.

Al contrario, come avremo modo di vedere, nello spirito di questo libro, la posizione è solo uno degli elementi — e nemmeno il più importante! — fra quelli che lo yoga prevede.

Vi sono infatti una quantità di dettagli, a volte anche minimi, senza i quali questa disciplina si riduce a niente più che un'ottima forma di esercizio fisico ottima, ma pari se non addirittura inferiore ad altre, più moderne e per questo più in linea con la nostra struttura psicofisica di uomini e donne del terzo millennio.

Inizieremo dunque con una serie di consigli generali, forse banali e probabilmente già noti, ma comunque dovuti, per affrontare nel migliore dei modi una sessione di pratica yoga.

A questi non verrà riservato che un cenno, per poi passare, nei capitoli successivi, ad altri aspetti, forse meno comuni ma non per questo meno importanti.

 

yoga-azienda-vittorio-demetrio-mascherpa-libro

 

Regole di base

Anzitutto il luogo, che dovrà essere il più possibile tranquillo e riservato, sia per gli allenamenti a casa che in azienda. Non si tratta di allestire un tempio, con stuoie, incensi e immagini di divinità del pantheon induista. Non che questo sia sbagliato o in sé negativo — anzi, in certa misura e per alcuni può anche essere utile per creare un setting particolarmente suggestivo e produrre così uno stacco, emotivo e mentale, con le situazioni e i problemi quotidiani- solo non è necessario e, soprattutto, non fa parte della pratica.

Lo yoga (almeno nella forma che qui vi sto proponendo) non è folklore indiano, ma una disciplina che appartiene e si rivolge all’essenza stessa di ciascun essere umano, al di là di ogni connotazione storica e geografica. E se incidentalmente è in India o in Tibet che si è maggiormente espressa, non significa che è dall’India o dal Tibet che anche noi si deve passare per accostarsi a questa disciplina facendo nostro qualcosa che nostro non è, e rischiando di confondere forma e contenuto.

Non c'è alcun bisogno di sacralizzare lo yoga con immagini e orpelli presi a prestito da altre culture e tradizioni, perché lo yoga è già sacro in sé stesso, in quanto pertinente all’essere e rivolto perciò alla nostra natura più intima e reale.

Al di là dell’allestimento della sala di pratica, dunque, che ciascuno disporrà secondo le proprie esigenze e inclinazioni, il requisito della tranquillità e della riservatezza ha principalmente lo scopo di consentire ai praticanti di concentrarsi unicamente sugli aspetti importanti, senza distrazioni e senza doversi preoccupare di gestire eventuali interruzioni o disturbi di altro genere.

Per gli stessi motivi, l’abbigliamento dovrà soprattutto essere comodo, per non ostacolare i movimenti, e senza inutili costrizioni, come cinture o elastici troppo stretti. È poi solo il caso di ricordare la regola che consiglia di svolgere qualsiasi attività fisica a un paio d'ore di distanza dai pasti.

Vorrei invece spendere qualche parola in più sulle precauzioni da adottare nell'esecuzione di posizioni ed esercizi.

Va detto, a questo proposito, che non tutte le asana sono adatte a tutti, soprattutto agli inizi della pratica e quando ancora non sia stato acquisito il giusto atteggiamento e non sia stato stabilito un adeguato rapporto con il proprio corpo. In questi casi, infatti — magari spinti dall’ansia di emulare un'immagine vista su un manuale, un compagno più esperto o un istruttore — è facile forzare le posizioni, e spingersi oltre i propri limiti, incorrendo così in inconvenienti di vario genere.

 

yoga-azienda-libro-vittorio-demetrio-mascherpa

 

Al contrario, i segnali a cui soprattutto dovremo badare per regolare l'ampiezza dei movimenti e l’intensità delle esecuzioni, saranno le tensioni avvertite nel corpo e, soprattutto, il dolore: vere e proprie sentinelle in grado di avvertirci quando è il caso di fermarsi o di fare un piccolo passo indietro.

Come avremo modo di vedere in più occasioni e in diversi dei capitoli che seguiranno, non sono la forza e i muscoli a consentire l'esecuzione e l’approfondimento di una postura, ma, esattamente all'opposto, la distensione e il rilassamento. Un principio (non sempre rispettato) dello yoga classico è quello espresso negli "Yoga Sutra" di Patanjali, laddove le asana sono descritte con l'espressione "Sthiram sukham asanam", espressione che può essere tradotta come "quella posizione che è comoda e stabile".

L'obiettivo, infatti, sarebbe quello di poter mantenere le posizioni per un periodo di tempo sufficiente per sentirle e per dar modo a queste di produrre i loro effetti, senza sforzo, senza dolore e senza inutili tensioni nel corpo e nella mente.

Con il giusto atteggiamento e la dovuta attenzione, si potrà dunque imparare a stabilire un vero e proprio dialogo con il proprio corpo, a coglierne e a interpretarne i segnali, così da farne una guida e un alleato, anziché un nemico da piegare alla propria volontà di successo.

In ogni caso, e ad evitare possibili inconvenienti, le posizioni e gli esercizi descritti in questo libro sono scelti fra quelli che presentano: minori rischi e il minor numero di controindicazioni. Rischi e controindicazioni che potranno essere ulteriormente ridotti e pressoché azzerati dal rispetto dei criteri di pratica e dall’atteggiamento ai quali ho già accennato, e che, data la loro importanza, non mancherò ancora e più volte di ribadire.

Raccomando, dunque, fin da ora, e soprattutto a quanti non abbiano una sufficiente esperienza di pratica o non eseguano gli esercizi descritti sotto la guida di un istruttore, di non focalizzarsi unicamente sul "cosa" — la posizione o il movimento in se stessi — ma anche e soprattutto sul "come". È da questo, infatti, che sarà possibile trarre i maggiori benefici e gli insegnamenti più utili.

 

yoga-azienda-mascherpa-libro

 

Trovare e mantenere la giusta disposizione d'animo

Un tratto comune nell’ormai sterminata letteratura sullo yoga è rappresentato — salvo qualche rarissima eccezione — da una descrizione delle posture da eseguire, invariabilmente corredata da fotografie o immagini che ne rappresentano quella che, secondo gli autori, è l'esecuzione "corretta".

Allo stesso modo, durante le lezioni, è l’istruttore stesso a dare dimostrazione di come le diverse posizioni "andrebbero eseguite", assumendole in prima persona o ricorrendo alla collaborazione di allievi esperti o particolarmente talentuosi.

Ebbene, a costo di meritarmi un'accusa di blasfemia, e di suscitare l'indignazione di qualche insegnante, apro questo capitolo affermando che tale modo di procedere, sia nei libri che dal vivo, pur se comprensibile e giustificato dalla buona volontà di chi lo propone, nasconde tuttavia un’insidia: un pericolo, un "baco" che non solo rischia di rallentare i progressi degli allievi, ma addirittura contraddice uno dei cardini del pensiero orientale in generale e della filosofia yoga in particolare.

Ma per giustificare questa impopolare affermazione, lascio, prima di ogni altra considerazione, la parola a un testimonial d'eccezione: niente meno che lo stesso Krishna, il "Signore dal volto del colore delle nuvole gravide di pioggia", che nella "Bhagavadgita", testo cardine del pensiero vedico, afferma: "È la sola azione quella che ti concerne, mai i suoi frutti", e subito dopo, con estrema precisione: "O Dhanamjaya, concentrato nello yoga compi l’azione rinunciando all’attaccamento; sii eguale nel successo e nell’insuccesso: il perfetto equilibrio interiore che ne risulta si chiama yoga".

Un concetto, questo, che percorre come un fil rouge l’intero pensiero orientale, e il cui effetto più evidente — dal punto di vista pratico — è quello di spostare l’attenzione dal risultato al processo. Non è tanto il punto d'arrivo a meritare la considerazione di ogni praticante, quanto il percorso, che da questo mutua semmai un senso e una direzione.

L'obiettivo, cioè, non costituisce lo scopo del percorso, ma soltanto uno dei suoi elementi, allo stesso modo di una qualsiasi delle tappe che lo compongono. Proprio come il fiore non è lo scopo del bocciolo, né il frutto lo scopo del seme o l'adulto lo scopo del bambino (tanto varrebbe, allora, affermare che la morte è lo scopo della vita!).

 

yoga-azienda-libro-mascherpa

 

Analogamente dunque si può affermare che la postura — quella rappresentata sui testi o mostrata da un istruttore — non va considerata come lo scopo dell’asana, il traguardo da raggiungere, ma soltanto uno dei passaggi di un processo infinito, che non si concluderà affatto quando il corpo sarà riuscito a riprodurre una determinata forma, poiché anche in quel caso ancora molto vi sarà da fare: ancora molto lavoro attenderà il praticante, chiamato a impegnarsi su dettagli sempre nuovi e diversi, sia a livello esteriore che interiore.

Di contro, mostrare una postura e indicarla come l’obiettivo da conseguire, inevitabilmente avrà l’effetto di generare negli allievi stati d'animo del tutto estranei alla pratica, se non francamente controproducenti, come ansia da prestazione, senso di inadeguatezza, tensione, sforzo, invidia, vergogna di sé e senso di inferiorità verso i compagni di pratica, oppure, al contrario, orgoglio, autocompiacimento, presunzione nel caso in cui ci si senta "migliori" degli altri.

E d’altra parte, nel momento in cui viene presentato un obiettivo e indicato come la meta della pratica — attraverso espressioni come "raggiungere la postura", "conquistare l'asana", cercare e ottenere la "posizione perfetta" — allora è inevitabile sentirsi "sbagliati" e "inferiori" nel momento in cui non si riesce a raggiungerlo, oppure, al contrario, sempre più "giusti" e "arrivati" quanto più sembra di avvicinarsi a quell’obiettivo.

"Non dovete giudicarvi: non dovete dimostrare niente a nessuno!" afferma qualche istruttore. Ma come è possibile non farlo, quando viene presentato un modello con cui confrontarsi additandolo come il traguardo da raggiungere?

E allora proviamo a immaginare, invece, uno yoga diverso, emancipato da quest’ansia di conseguimento.

Uno yoga che sia centrato sul processo anziché centrato sull'obiettivo.

Uno yoga che privilegi il viaggio alla meta, cosciente del fatto che è il viaggiare a dare un senso al viaggio, e che la meta coincide con la sua fine.

La fine, e non il fine.

Il fine è il viaggio stesso.

Come la vita è il fine del vivere.

La meta è il viaggio, e il viaggio è la meta.

Ciò che dunque sostengo qui, in piena convinzione, è che la posizione perfetta può essere quella che voi, adesso siete in grado di raggiungere, con il vostro corpo così com'è oggi, con le tensioni e le rigidità che avete accumulato in questa giornata di lavoro, con la vostra stanchezza, la vostra età (quale che sia), i vostri muscoli e le vostre articolazioni; e tutti questi non sono "limiti da accettare", ma "condizioni"; contingenze; stati, perfetti in sé, se solo saprete renderli tali.

 

libro-yoga-azienda-vittorio-demetrio-mascherpa

 

Adesso, e non quando riuscirete a mettervi una caviglia sul collo o un alluce in ciascuna narice. Adesso, e non quando sarete uguali a quella fotografia. È adesso che siete un frammento di assoluto. È adesso che l’infinita varietà dell'essere si è compiaciuta di manifestarsi in una forma che si afferra gli alluci così come in un'altra le cui mani non arrivano più in là delle ginocchia.

Siete un giorno dell'infinito. Siete oggi, e non "il giorno prima di domani". E oggi è il tempo dello yoga. "Essere", al di là di ogni "dover essere". Paragonatelo al fiore, e un bocciolo dischiuso vi sembrerà solo "mezzo fiorito". Rapportate la vostra postura alla foto di un manuale, o a quella esibita da un istruttore, è immediatamente, inevitabilmente, vi sentirete imperfetti.

E allora immediatamente, inevitabilmente, tenderete alla perfezione. Ma quale perfezione? Quella di una postura impeccabile dal punto di vista formale? È questa la chiave della realizzazione da conseguire attraverso lo yoga? Ma la resistenza e la rigidità del corpo, non sono altro che il necessario complemento della pratica, senza le quali non avrebbe alcun senso.

È la resistenza offerta dall’aria a consentire a un aereo di decollare, o a un aquilone di librarsi alto nel cielo.

E, di contro, avrete pur incontrato persone che, per loro struttura, sembrano modellare il corpo a piacimento e senza alcuna fatica. Dite sinceramente: vi sono sembrate migliori? Più felici? Più realizzate? Oppure no? Oppure quell’unione che lo stesso termine "yoga" evoca nel suo etimo è da intendersi come "essere un tutt'uno" con se stessi, nella propria realtà attuale, che è senz'altro molto più reale di qualsiasi fantasma di perfezione futura?

Qui e ora, con la mente aderente al corpo, e non proiettata in un futuro che è solo possibile e intenta a giudicare, a desiderare, a inorgoglirsi o a frustrarsi. Non fatevi ingannare da un bel corpo, da una bella fotografia o da un'espressione ispirata! Le posture che vedete sui manuali forse sono migliori della vostra, e forse no.

Per saperlo dovremmo avere accesso alla mente dei protagonisti di quelle immagini, per capire se stanno davvero praticando lo yoga, oppure solamente recitando una parte e compiacendosi, di fronte a se stessi prima ancora che di fronte a un pubblico reale o immaginato, della forma che il loro corpo è riuscito ad assumere. Non cadete anche voi in quest’errore. Non cadete in quest’illusione.

Rendete la vostra esecuzione assoluta e completa, in ogni istante.

Rendete ogni asana un'azione pura, totale, assoluta.

Data di Pubblicazione: 14 febbraio 2022

Ti è piaciuto questo articolo? Rimani in contatto con noi!

Procedendo con l'invio dei dati:

Lascia un commento su questo articolo

Caricamento in Corso...