Respirare consapevolmente, raggiungere la consapevolezza, risvegliarci al presente, essere felice, scopri come leggendo l'anteprima del libro di Elena Greggia.
Il fiore della felicità
L'idea che una certa condizione o elemento sia sgradevole, sorge solo quando non mettiamo piena presenza in esso. Fa molto freddo. Sono stata impegnata per diverse giornate in corsi in città d’Italia e mi ha sorpreso anche un’inaspettata pioggia, così che ho preso molta acqua e umidità. Sono raffreddata. Pensavo di poter godere di una buona nuotata e svolgere alcune commissioni necessarie e una parte di me vorrebbe rattristarsi e trovarlo spiacevole. Allora, ricordo di portare piena presenza lì dove sono. Alla luce di questa presenza, ogni azione o condizione diventano come fiori e irradiano il profumo della serenità. Questa presenza annulla i confini tra il piacevole e lo spiacevole. Tutto diventa importante. Mi dedicherò a riordinare la casa e studiare, respirando consapevolmente. Respirare dolcemente e con un ritmo un po’ più lento del solito ci aiuta a risvegliarci al presente. Quando siamo svegli al presente, non esiste distinzione tra il sacro e il profano. Da tempo, ho appreso anche che porre un sorriso sul volto basta a rilassare i muscoli del viso e decontrarre la mente. E posso essere felice.
Quando sediamo in meditazione, apprendiamo tutto questo. Diventa il frutto spontaneo che portiamo lì dove siamo. Talvolta dimentichiamo pezzetti di noi stessi sparsi qua e là. Ora vi invito a giungere qui in questa lettura, non solo con gli occhi ma anche con il cuore. Avete aperto queste pagine con un gesto della mano, ora risvegliate un’attenzione piacevole anche del cuore. Siate interi in questa lettura e io sarò con voi. Respiriamo dolcemente.
Una mente che dimora nel presente
Abbiamo trascurato una mente contemplativa ritenendola non adatta all’uomo d’oggi o non compatibile con un’azione energica. È vero il contrario, piuttosto. La mente contemplativa è essere pienamente presenti alle cose e prendercene cura. Goderle e curarle. Quando curate qualcosa, avete risanato il vostro cuore.
Con la meditazione impariamo a prenderci cura di qualunque elemento e, nel farlo, ci prendiamo cura anche del respiro. Ho appreso che non posso prendermi cura di nulla, se non so prendermi cura del respiro. Sviluppiamo una condizione di accoglienza, che significa innanzitutto fare amicizia con ciò che c’è. Non respingiamo nulla di ciò che esiste. Apriamo il cuore. Significa essere pienamente partecipi delle cose, non secondo i principi di avversione, avidità o paura. Ma con più freschezza partendo da questo centro aperto del cuore. Scopriamo che è possibile sviluppare accoglienza in una stanza, raffreddati, così come in mezzo al traffico o alle prese con un problema da risolvere. Questo cuore che accoglie e respira insieme alle cose è sempre lì; illumina e sa prendersi cura. Sviluppiamo un senso di agio in ogni condizione e diventiamo dispensatori di buone atmosfere e buone azioni. Quando non possiamo cambiare le cose, possiamo comunque dimorare in una condizione di amicizia. Quando riceviamo un elemento senza ostilità, anche le condizioni spiacevoli possono sciogliersi o fluire meglio.
Vi racconto una storia.
“Oh, caro yakka!”
C’era una volta un brahma (nella cosmologia buddista, sono esseri che godono di una vita felice poiché ricevono i buoni frutti delle azioni passate) molto amato che aveva numerosi discepoli. Un giorno partì per la città e in sua assenza uno yakka (cioè un essere malvagio) prese il suo posto sedendosi sul suo sedile. Era davvero terribile. I discepoli erano infuriati con lui. Lo yakka, che è un essere che si nutre dell’avversione, diventava sempre più grosso e terribile. Così più essi si indignavano, più lo yakka cresceva. Infine rientrò il brahma, che si accorse subito della situazione ed essendo un essere piuttosto saggio andò incontro allo yakka dicendo: “Oh caro yakka, che piacere vederti! Benvenuto! Ti prego, resta il tempo che vuoi! A quelle parole lo yakka cominciò a diminuire di qualche centimetro diventando meno offensivo. “Desideri un tè?”. E ancora lo yakka diminuì di qualche centimetro. A ogni parola o modo gentile, lo yakka rimpiccioliva diventando sempre più piccolo finché svanì compietamente.
Quando un’emozione o condizione spiacevole compare, invece di nutrirla con la vostra avversione ricordate il brahma e pensate: “Oh caro yakka, che piacere vederti! Ti prego, resta il tempo che vuoi”.
Quello stato indesiderabile, nutrito dalla vostra benevola accoglienza, diventerà sempre meno offensivo fino a scomparire.
Per apprendere questa modalità, inizialmente può essere utile svolgere un ritiro nel quale sperimentate modi nuovi. È un addestramento. Poi sorgerà spontaneo e non avrete più inclinazione a nutrire rabbia.
Anche avere un luogo dove a casa sedete in meditazione, e un orario fisso in cui lo fate, vi aiuta a ritrovare questo centro del cuore. Scegliete un cuscino e tappetino che vi piacciano davvero! Innaffiate di agio questo momento! Prima di cominciare, prendetevi cura di quell’angolo, per voi prezioso, spazzando il tappeto o abbassando le luci o sistemando alcuni oggetti attorno se sono fuori posto. Questi gesti dispongono la mente e richiamano il cuore. Iniziate a gustare la pace di una mente presente, mentre l’orda indisciplinata dei pensieri, in sottofondo, si fa un poco più quieta. Suona il rintocco dell’orologio. E ora di sedere.
Un piccolo angolo, come un giardino giapponese
I gesti di preparazione, che diverranno il vostro modo abituale di essere accurati con le cose, vi avranno ben disposto. Cosa rallegra più che prenderci cura di qualcosa? Quando ci prendiamo cura di qualcosa, stiamo risanando il nostro cuore.
In Giappone sono famosi i giardini dei templi buddisti per la loro stupefacente eleganza. Da ogni parte del mondo giungono visitatori ad ammirarli. Un giorno un anziano monaco, desiderando contemplare il segreto di quello ch’era ritenuto il giardino più bello, si recò sul posto al primo sorgere dell’alba, si pose dietro un cespuglio e iniziò a osservare. Presto (i monaci buddisti si alzano al sorgere del sole e svolgono i lavori prima che il gallo canti) vide giungere un giovane monaco giardiniere, con due ceste di vimini al braccio. Iniziò a guardarlo. Il giovane cominciò a riportare con cura ogni rametto e foglia al suo miglior posto. Scartava i rametti appassiti o le foglie secche, accostava i colori, si allontanava un poco per osservare il risultato finché sul suo volto nasceva un sorriso. Allora passava alla foglia seguente. Stette oltre tre ore. Talvolta una foglia o rametto parevano non obbedire alle leggi dell’equilibrio così che richiedevano al giovane grande pazienza. La sua attenzione ai particolari era mirabile. La sua maestria nel disporre i colori era stupefacente. Anche il gesto, preciso, aveva l’armonia di un fiore. Ogni giorno ricominciava daccapo, anche quando un visitatore incauto o un vento inaspettato o un uccellino allegro avevano scombinato del tutto il suo lavoro. Ricominciava, senza adirarsi né con il visitatore, né con il vento, né con l’uccellino. Né con il suo stesso gesto, se talvolta gli chiedeva di essere ripetuto decine di volte.
Questa accuratezza può diventare la modalità che nutre ogni momento. Non occorre avere un giardino giapponese poiché talvolta un raffreddore, una persona difficile o il ritardo di un tram possono metterci ad altrettanta prova. Noi li tratteremo come il giovane monaco trattava il giardino giapponese.
Non sempre tutto giunge all’armonia che vorremmo. Numerosi fattori (i nostri gesti, la salute, gli altri o una pioggia inaspettata) possono scompigliare ogni cosa. A volte scrivendo un libro mi pare che una pagina scorreva a meraviglia e, volendola sistemare, sia appassita più di un rametto secco. Devo ricominciare daccapo. Scopriamo che l’armonia non nasce dall’accostamento tra fiori scelti. L’accostamento di forme e colori può esserci d’ispirazione. Ma il vero risultato giunge quando, con gli elementi che abbiamo a disposizione, sappiamo creare armonia come modalità spontanea del cuore. La miglior torta non nasce dalle mani della cuoca che possiede i migliori ingredienti, ma da quelle della cuoca che con gli ingredienti anche miseri a disposizione sa creare un’equilibrata combinazione, con cura e senza scoraggiarsi. Questa è la legge del karma di cui spesso parla il Buddha e sovente fraintesa in Occidente. "Devo aver compiuto azioni terribili nelle vite precedenti per incontrare tanta sofferenza in questa" disse un giorno un amico, riferendosi ai tanti disagi che incontrava. Sorrisi. Non occorre pensare alle vite precedenti: è sufficiente guardare questa vita. Anzi è sufficiente guardare l’istante di adesso. Che semi stai ponendo, ora? I semi della rabbia e dell’afflizione? O i semi dell’accoglienza e del lasciare da parte le preferenze a vantaggio del portare armonia lì dove sei? Cosa stai facendo con gli ingredienti che hai a disposizione ora?
I migliori ingredienti
Respirando consapevolmente e curando il gesto, apprendiamo anche ad ampliare lo sguardo e il cuore. Il nostro cuore talvolta è così piccino, che vorrebbe stringersi tutt’attomo al granello nero che vede. Se chiudi qualcosa in un barattolo soffocherà. Puoi aprire e lasciare che scorra.
Metà della nostra felicità è data dagli ingredienti di cui disponiamo. Ma l’altra metà, ed è quella cruciale, da ciò che realizziamo con essi. Realizzate con essi una torta squisita, come l’abile cuoca che aveva solo pochi mezzi e tuttavia creava il dolce più buono. Ricordo i miei primi ritiri con il maestro John Coleman. Lì disponevamo davvero di pochi e miseri ingredienti: il nobile silenzio, la sala di meditazione, il nostro cuscino e il nostro cuore spesso agitato. John Coleman era in grado di creare la più squisita delle armonie, con quei nostri malandati ingredienti. Con quell’armonia, e quell’abilità, rientravamo nelle nostre case. Cosa ci insegnava? “Portate la vostra presenza per intero, gentili, li dove siete”.
Ora, portate la vostra presenza per intero su queste pagine accendendo un’attenzione deliziosa, come il lume che rischiara la pagina del libro che il monaco sta leggendo con piacere nella notte. Il suo cuore è lì! E il mio cuore è qui! Portate anche il vostro, e procederemo insieme alla luce di queste qualità di presenza e cura.
Vi narro la storia delle emozioni
Questo libro tratterà di emozioni e felicità e conterrà molti racconti. Così che anche ora voglio offrirvene uno. Vi narro la storia delle emozioni.
C’era una volta una grande casa, tanto grande che era più grande del mondo e il mondo intero vi stava dentro. Era tanto grande che abbracciava anche altri mondi e penso proprio non avesse pareti. Nessuno aveva mai visto il suo inizio e la sua fine. Questa casa si chiamava Consapevolezza. Era una casa infinita e piena di pace. Vari ospiti giungevano in essa, come Rabbia, Brama o Paura, e Consapevolezza li accoglieva tutti aprendo la porta con un sorriso (in realtà, non avendo porte, io credo che aprisse la porta del cuore). Diceva: “Ciao Rabbia, come va oggi? “Brucio come un fuoco ” gridava Rabbia, sebbene già mostrasse un piccolo sorriso poiché mai nessuno le si era accostato in modo così gentile. “Lo comprendo ” diceva Consapevolezza “poiché è nella tua natura l’incontenibile fuoco” e le sedeva accanto e senza parole le offriva un tè. E non si spazientiva se Rabbia voleva restare a lungo. Anzi, credo che Rabbia lo facesse poiché mai nessuno si era preso cura di lei in modo così gentile e così sedeva e beveva il tè. Consapevolezza aveva uno splendido cuscino morbido e del tutto speciale, che Rabbia amava tanto e sedeva lì. Piano piano cominciava a fare le fusa e a sorridere. Non so se cambiasse nome, o che fine facesse, so che se ne andava. A volte tornava e c’era sempre quella porta del cuore aperta e quel tè fumante e quel cuscino morbido. In seguito Rabbia cominciò a chiamarsi rabbia, poi disappunto. Infine non ebbe più alcun nome ed era solo una cara amica di Consapevolezza e bevevano assieme un tè.
A volte giungeva Brama: “Ciao Brama, come va oggi? ” chiedeva Consapevolezza. “Fremo e fremo e voglio, voglio quella cosa! “Lo comprendo bene - rispondeva Consapevolezza - poiché è nella tua natura l’incontentabile desiderio E le sedeva accanto e preparava un tè. A quelle parole Brama, che in fin dei conti era stanca di dover continuamente rincorrere qualcosa, si placava e beveva il tè. Finalmente qualcuno le consentiva di fermarsi e iniziava a stare bene! A ben guardare, non c’era nulla che desiderasse e stava bene lì dove era. Così come Paura, Dubbio, Tristezza, tanti ospiti giungevano alla grande casa e Consapevolezza si prendeva cura di loro. Se sviluppate la vostra Consapevolezza, sarà lei a prendersi cura delle vostre afflizioni.
La rabbia, la brama, la paura, la tristezza: è nella loro natura essere fuoco, vento, abisso, melma. Quanto a Dubbio, è nella sua natura avere due braccia e non ne avrà mai una finché esisterà il mondo. Non cercate di offrirgli una risposta. Potreste solo dargliene due, poiché se gliene porgete una allungherà l’altra mano e vorrà quella contraria. Potete solo offrire un tè a tutti, quando compaiono. Anche Gioia o Euforia erano ospiti passeggeri e si vantavano come pavoni. Non chiedete loro di essere sobri poiché sarebbe come chiedere a un pavone di squittire come un topolino. Non lo farà. Anche Euforia e Gioia venivano accolti da Consapevolezza ed erano invitati a bere un tè. Finché c’è Consapevolezza, sarà lei a ricevere Brama, Rabbia, Paura, Gioia, Tristezza e a prendersi cura di loro. Il suo nome è Consapevolezza risvegliata del cuore. Con il respiro, la rendiamo robusta e forte. È nutrita da visione profonda e qualità sane. In meditazione, apprendiamo la strada. Per questo è importante prendersi qualche minuto di pausa. Lo faremo insieme in queste pagine e respireremo assieme. Anche ora, potete accorgervi del respiro e anche quando sarete sul tram o al lavoro. Ogni occasione sarà adatta per ritrovare il sole della consapevolezza. Rendete splendido il fiume del vostro risveglio!
Dopo questa storia, incominciamo.
Data di Pubblicazione: 25 gennaio 2019