I primi passi nel mondo del lavoro di Lise Bourbeau, una delle massime esperte in crescita personale. Scopri tutto leggendo l'anteprima della sua autobiografia.
Quando studio o lavoro, sono il divino
Lo stesso spirito
Ho potuto constatare che, per gli esseri umani, la vita professionale è come la continuazione della vita scolastica: vi trasponiamo lo stesso spirito. Ritroviamo nell’ambiente di lavoro le stesse paure e le stesse passioni che provavamo a scuola.
I miei studi e la mia vita professionale mi hanno sempre orientata verso la scoperta di idee nuove, e per quanto possa spingermi lontano con i ricordi, mi vedo affascinata dalla ricerca. Intorno agli undici-dodici anni, sognavo di diventare un tecnico di laboratorio; dovrò rinunciarvi abbastanza presto, perché i miei genitori non possono pagarmi questo genere di studi; ma a me piacerebbe scoprire nuovi mezzi e medicine nuove per alleviare la sofferenza della gente.
Già germoglia dentro di me il desiderio potente di soccorrere gli altri in modo nuovo. Questa passione per la scoperta è sempre stata una mia caratteristica, e più tardi mi renderò conto che già da bambina dirigevo i miei passi verso lo studio dell'anima umana. Per tutta la vita la mia ricerca ha seguito questa direzione.
Già da piccolissima avevo il dono di presentire fino a dove potevo spingermi con le persone e me care, il che perlopiù mi aiutava a convincere gli adulti della fondatezza dei miei progetti e a ottenere alla fine quello che volevo.
Quando le mie richieste si spingono un po’ troppo lontano, capisco intuitivamente che le persone sono arrivate al loro limite e smetto di insistere; cerco allora altri modi per ottenere ciò che voglio.
Il divino in me sa di quali esperienze avrò bisogno per riuscire a fondare il centro "Ascolta il tuo corpo", e tutte le esperienze che vivo mi spingono effettivamente in quella direzione: come già ho detto, il posto da centralinista mi ha permesso di diventare bilingue, un vantaggio linguistico che mi sarà di grande aiuto per tutta la mia carriera, oltre a permettermi di frequentare tanti corsi negli Stati Uniti; e anche lasciare il piccolo centro di Richmond per sperimentare la vita in una grande città è stato semplicemente un altro passo alla scoperta del mio pieno potenziale, in cui incominciare a entrare in contatto con i miei punti forti e i miei punti deboli.
Il bisogno di contatto interiore
Il bisogno di questo “contatto” interiore mi ha fatto conoscere, gradatamente, le molte personalità che convivono in me: in questa mia ricerca interiore ho potuto constatare che, fin da quando si è bambini, sviluppiamo diverse personalità per proteggere la vulnerabilità di quella nostra tenera età. Maggiore è la vulnerabilità del bambino, più forte sarà la personalità ch'egli svilupperà, affinché questa possa venirgli in aiuto.
La bambina che è in me è molto vulnerabile, per cui ho sviluppato diverse personalità forti, ognuna delle quali ha un suo opposto: sono proprio queste personalità o aspetti opposti che occorre imparare a riconoscere, accogliere e accettare per tutta la vita.
Per illustrare un po’ le personalità fortissime che ho scoperto di avere, vi dirò che in me c’è l’uomo (questo è l’argomento del prossimo capitolo), la lavoratrice, l’ambiziosa, l’intelligente, la coraggiosa, la perfezionista, la perseverante, quella che spinge gli altri, quella che tiene tutto sotto controllo...
Ma ho dovuto far fronte anche ad altre personalità interne, per esempio la donna che è in me, la pigra, l’inconcludente, la paurosa, la negligente, la piagnucolona, e la vigliacca. E fino a quando non le ho accettate, fino a che ho continuato a opporre loro una fiera resistenza, mi è toccato affrontare una serie di complicazioni in diversi miei progetti. Questa resistenza mi è costata cara in termini di sforzi ed energia.
È stato quanto ho imparato ad accettare le mie varie personalità che ho potuto sviluppare la mia individualità vera. Se accetto ed esprimo apertamente solo alcuni dei miei aspetti, sviluppo infatti una personalità limitata, che mostra solo ciò che voglio che la gente veda di me; nel frattempo, però, io non sono me stessa, non mi accetto nella mia totalità.
Quando mi accetto, riconoscendo me stessa e concedendomi di avere aspetti che posso considerare "meno desiderabili", sviluppo la mia individualità e posso tornare a essere ciò che sono. Per questo voglio trasformare le mie personalità contrarie in mie alleate, invece di continuare a rinnegarle.
Ho imparato a lavorare con esse senza che fossero loro a prendere il controllo totale, e oggi mi concedo anche di esprimerle: non ancora tanto spesso in certi casi, ma almeno sono consapevole della loro presenza e il mio grado di accettazione continua a crescere.
All’inizio del mio matrimonio, volutamente smetto di lavorare per stare con mio marito il più possibile. Lui ha un orario piuttosto irregolare, per cui certe volte lavora la sera e anche durante il fine settimana, sicché è molto contento che io stia a casa.
Nei primi cinque anni di matrimonio avrò i miei due primi figli. Di quando in quando lavoro per la Office Overload, che fornisce segretarie alle aziende per poche settimane, quando c’è un maggior carico di lavoro. Godo dunque della massima libertà, perché lavoro quando mi pare o quando abbiamo bisogno di più soldi.
La mia esperienza di segretaria negli studi legali mi apre parecchie porte, e ho occasione di vivere una quantità di situazioni alle dipendenze di capi molto diversi tra loro: in quel periodo, ho dunque tutte le occasioni di studiare il comportamento umano.
Eccoci nell’estate del 1966. Il mio primo figlio ha tre anni e mezzo e la più piccola solo qualche mese. Sono una donna talmente attiva che il fatto di occuparmi della casa e dei bambini non mi tiene... abbastanza occupata. E anche se mi piace cucire e cucinare, mi annoio.
Il divino che mi guida da dentro
Qualcuno mi parla dell’azienda Tupperware e mi offre di lavorarci come dimostratrice a domicilio. Prima di allora non avevo mai pensato di occuparmi di vendite, ma questo nuovo orientamento fa davvero parte del mio disegno di vita: il divino mi guida da dentro.
Dopo aver consultato mio marito e ottenuto la sua approvazione, accetto con gioia: lo faccio anche per avere più soldi. Mio marito acconsente, a condizione che la cosa non mi prenda più di una serata a settimana. Dal momento che non so neppure se quel lavoro mi piacerà, accetto le sue condizioni e mi ci attengo fino al giorno in cui mi accompagna a una serata per i rappresentanti in cui diverse venditrici vengono premiate.
Mio marito è sorpreso nel constatare che a me non viene dato alcun premio, e io gli spiego naturalmente che, lavorando solo una serata a settimana, non posso competere nelle gare per i venditori migliori. Da quel momento in poi, non disapprova più che io lavori anche diverse sere a settimana. Non ho bisogno d’altro: ecco che comincia la mia vera carriera di venditrice!
In questo mestiere, scopro contemporaneamente una nuova passione e un nuovo talento: la cosa che mi piace di più è incontrare una gran varietà di persone e affrontare la mia paura di parlare in pubblico.
Alla prima dimostrazione, scopro infatti di aver paura di parlare, lì in piedi, davanti ad altri: mi tremano le gambe, e a metà della presentazione devo fermarmi per andare in bagno, ma a poco a poco imparo ad affrontare la mia paura di non essere all'altezza. Mi affascina anche quello che scopro negli altri.
Nei miei quindici anni di lavoro come venditrice, credo di aver incontrato circa quarantamila persone di ogni razza, età e classe sociale; ho lavorato dentro a tuguri e dentro a castelli, in francese e in inglese... In quel periodo, studio con grande attenzione il comportamento umano e accumulo una quantità di preziose conoscenze, sebbene, all’epoca, non ne sia consapevole.
Non mi rendo ancora conto di quanto queste cose, un giorno, mi serviranno; mi considero semplicemente privilegiata perché posso incontrare così tante persone e avere l’occasione di entrare in casa loro, il che è già, per me, qualcosa di speciale: le dimostrazioni a domicilio mi fanno vedere le persone nel loro ambiente, così come sono nel loro ambito famigliare.
Ho però difficoltà a convincere la gente a organizzare una dimostrazione a casa propria: mi sento come se andassi a chiedere la carità, o ho l’impressione di disturbare. Ciò nonostante, persevero. Quello che imparo è, ai miei occhi, ben più importante della mia paura.
Cambiare la propria percezione
Ogni dimostrazione avviene davanti a una dozzina di signore e, comunque sia composto il gruppo, noto che spesso si parla di cose sgradevoli. Mi rendo conto, così, che è ben raro che tutto vada bene quando dieci o dodici donne si riuniscono: si lamentano del sovrappeso, dei problemi di salute, dei figli, dell’incomprensione del marito, della mancanza di denaro e così via; mi rendo conto che l’essere umano, povero o ricco che sia, giovane o vecchio, istruito o no, colto o meno, è sempre preoccupato per gli stessi problemi.
Oggi, guardando le cose da una certa distanza, mi accorgo che l’idea di tenere dei seminari come quelli di "Ascolta il tuo corpo" deve aver cominciato a germogliare proprio in quel periodo della mia vita: in quegli anni accumulo una quantità di idee, anche se ancora non sono consapevole del legame tra quelle osservazioni e i corsi futuri.
Effettivamente, mentre immagazzino ogni nuova scoperta, penso a una cosa soltanto: la mia carriera! La mia ambizione cresce ancora: mi rendo conto di essere una persona che ama le sfide, che vuole sempre sorpassarsi.
All’epoca sono naturalmente felicissima e alquanto lusingata quando mi offrono il posto di capo-zona alla Tupperware, un lavoro che si configura con uno stipendio migliore e un gran macchinone. Per ottenere quel posto di lavoro bisogna che mantenga un ritmo minimo di cinque dimostrazioni a settimana per due mesi; ciò significa lavorare tutte le sere della settimana. Inoltre devo reclutare sei persone nuove per crearmi una mia squadra di vendita.
Mio marito accetta che io raccolga la sfida (ancora una volta, come sempre, sono riuscita a convincerlo), prova interesse per il mio lavoro e spesso mi dà una mano.
Per arrivare a quella meta, devo cambiare la mia percezione e credere che non sto disturbando quando chiedo alla gente di organizzare un piccolo ricevimento in casa per la mia dimostrazione. Finisco per credere che in realtà rendo loro servizio, e che nessuno mi fa la carità perché tutti ricevono, in cambio, un bel regalo. Credo molto nei prodotti che vendo.
Nel marzo 1967 divento capo-zona, con un minimo di cinque dimostrazioni a settimana, e l'impegno di reclutare altri venditori. Ciò vuol dire lavorare non solo a tempo pieno, ma anche di più, ma quanto sono contenta quando mi vedo arrivare l’enorme station-wagon famigliare della Ford, nuova di zecca!
Quando avevo detto ai miei che un giorno avrei avuto una macchina così, si erano messi a ridere dandomi dell’ingenua, dicendo che era solo uno specchietto per le allodole: con che piacere, ora, faccio il giro di tutta la famiglia a bordo della mia bella macchina! E il mio orgoglio ne è alquanto lusingato!
Data di Pubblicazione: 17 maggio 2023