Donne, Dive o Dee?
Donne, Dive o Dee?
Di donne tratterò in questo capitolo, anzi di Donne con la D maiuscola, ovvero di “Dive” o “Dee”.
Saranno seguiti in primis gli studi intensi e, a mio parere, inconfutabili, di Marija Gimbutas, la famosa archeologa che con il suo lavoro di una vita, tutta dedicato allo studio dell’Antica Europa, ha dimostrato l’esistenza di una civiltà durata millenni (dal Paleolitico fino al Età del bronzo e oltre) imperniata sulla importanza della Dea Madre.
La guerra di Troia narrata nell 'Iliade si colloca, storicamente, alla fine dell’Età del bronzo, sul declinare, quindi, delle antiche società matrilineari di cui parla la Gimbutas nei suoi trattati.
Questo è l’argomento che vorrei approfondire con voi nella disamina delle peculiarità nascoste nei versi omerici. Andremo a disseppellire il tesoro nascosto nelle parole del famoso poema e scopriremo le mappe, obliate nel tempo, degli antichi codici della dea, ormai quasi del tutto sopraffatta dal forte Dio Maschio che si instaurerà di lì a poco in tutte le menti umane.
L’umanità ha un modo “collettivo” di pensare che spesso non viene considerato nelle ricerche storiche.
La cultura si muove attraverso millenni e millenni e questo tempo così lungo può far perdere di vista agli storici lo sviluppo di questi movimenti perché di solito concentrano i loro sforzi analitico-interpretativi su avvenimenti in archi di tempo più limitati.
Le società e le culture si trasformano così lentamente che bisogna avere una visone davvero molto ampia per poterne definire i confini. Agli albori dei tempi appariva logico ed elementare che tutto si concentrasse sulla cura e lo sviluppo della Vita. Era così diffìcile sopravvivere che il solo fatto di procreare, e quindi mantenere viva la vita, era considerato divino.
La Natura Creatrice permeava l’immaginario collettivo dei nostri antenati, rendendoli ogni volta meravigliati e orgogliosi della fertilità femminile. La capacità femminile di creare letteralmente il mondo e di portare avanti la vita era talmente stupefacente che null’altro rimaneva da adorare.
Per millenni le civiltà si concentrarono sulla fertilità, ricercando, in ogni modo l’abbondanza e la prosperità. L’invenzione dell’agricoltura creò le premesse per delle civiltà sedentarie e per costruzioni di città. La necessità di sfamare i propri piccoli anche quando gli uomini erano impegnati per mesi lontano dai villaggi per cacciare, spinse le donne a coltivare le piante e a raccoglierne i frutti. L’agricoltura fix, senz’ombra di dubbio, una “invenzione” femminile, come attestano tutti gli studi più recenti al riguardo.
Avendo cibo in abbondanza concentrato in un solo posto, le persone cominciarono a costruire città in muratura. Le prime città costruite dall’umanità erano a struttura circolare, come attestano i primi insediamenti nuragici, le capanne dei nativi di ogni continente e anche la mitica città di Atlantide. La struttura circolare è anche quella che istintivamente prendono le persone ancora oggi quando si siedono intorno a una fonte di calore o, in semicerchio, davanti a una persona che parla.
Le strutture rettangolari
Le strutture rettangolari, con case quadrate e strade che formano incroci ad angolo retto sono molto posteriori, e si fanno risalire storicamente a Ippodamo da Mileto che per primo strutturò così le città elleniche. I Romani, poi, condizionarono definitivamente l’urbanistica a venire costruendo fortificazioni militari in tutto il mondo antico con le due famose strade che si incrociavano nel centro, il “cardo massimo” (cardo maximus) e il “decumano massimo” (decumanus maximus).
Da allora, quasi tutte le città del mondo occidentale mantengono questa struttura, soprattutto quelle nel continente americano, tra cui la più famosa è New York.
Grazie agli scavi effettuati da Heinrich Schliemann e dagli altri archeologi, sappiamo che la pianta dell’antica città di Troia (Ilio) era circolare, con al centro una costruzione sacra (tempio) situata in posizione più alta rispetto alle altre case. Questo tempio pare fosse dedicato alla dea Atena.
Atena era una delle tarde personificazioni della Grande Dea, che appare per tutto il Paleolitico e nel Neolitico con molte forme distinte.
Di base, la Grande Dea era rappresentata anch’essa con una forma circolare, fornita di larghi fianchi e grossi seni. Anche gli occhi, sempre circolari e spesso enormi, ricordavano gli occhi di una civetta, animale sacro ad Atena, appunto.
Per chi volesse approfondire studi sull’argomento, rimando alla Bibliografìa (in particolare Neumann e Gimbutas). Come ulteriore elemento utile a questa riflessione basti pensare alla grande statua femminile che troneggiava nel centro del tempio di Troia.
La mela d’oro fu buttata sulla mensa degli dèi e da allora fu decretato l’inizio di ogni male, della guerra, della morte e della distruzione. L’inizio del Male, tout court. Il poema dell’Iliade narra di questo Male, dell’ira funesta, delle morti degli eroi e della distruzione della città bellissima.
Le tre dee che si contendevano la mela erano Atena, Era e Afrodite. Al giovane Paride esse offrirono doni splendidi se avesse scelto una di loro. Atena promise che lo avrebbe reso sapiente nelle arti guerresche, consentendogli di superare ogni eroe; Era promise ricchezza e poteri immensi, talché a un suo gesto interi popoli si sarebbero sottomessi, e gloria così grande che il suo nome sarebbe riecheggiato fino alle stelle; Afrodite gli promise l’Amore e la donna più bella del mondo.
Come appare chiarissimo, le due prime dee gli offrono doni di stampo patriarcale, cioè di dominio sui popoli, vittoria in battaglia e fama imperitura. Afrodite gli offre il valore opposto: l’amore. Paride è troiano, il più giovane dei figli di Priamo e sceglie ovviamente ciò che ai suoi occhi, ancora appartenenti alla cultura matrilineare, appare il dono più importante. Per aver scelto l’amore Paride verrà accusato di essere colpevole della guerra e di tutti i dolori da essa derivati.
Verrà accusato di essere vigliacco, di non sapersi destreggiare bene in combattiménto, di essere molle e lascivo.
Il poema patriarcale
Il poema è già completamente patriarcale e inneggia alla gloria e al valore di chi uccide; eppure ancora riverberano, qua e là tra i versi, tenui segni, quasi come soffusi di luce onirica, di un modo diverso di pensare, che considerava più importante di ogni cosa l’amore. Paride, da questo punto di vista, è bravo: sa innamorarsi perdutamente e sa fare innamorare di lui la donna più bella del mondo. Non rapisce Elena, ma si fa seguire da lei innamorata, con tutti i suoi averi e le sue navi. Non c’è rapina, non c’è stupro (che saranno i “valori” poi accreditati dal pensiero successivo), c’è solo innamoramento.
E proprio la forza dell’amore che spinge Elena a lasciare il marito, niente di più e niente di meno. La vendetta, l’odio, la rivalsa appartengono ai fratelli argivi, ad Agamennone e Menelao, che decidono di dichiarare guerra alla pacifica città asiatica.
Vorrei fare riflettere sulla distorsione del pensiero di fondo del poema: l’amore viene considerato la causa principale della guerra! Questo pensiero distorto si svilupperà a tal punto nei secoli e nei millenni successivi da diventare il pensiero unico dell’umanità. Anche i videogiochi che si trovano in mano ai nostri figli danno punteggi più alti a chi ammazza più persone!
E più popoli verranno assoggettati, maggiore sarà la gloria che da ciò deriverà per i vincitori! L’amore verrà man mano mercificato, incanalato dalle leggi, intrappolato dalle tradizioni.
Gli organi genitali femminili verranno cuciti, i piedi delle donne deformati, i loro pensieri demonizzati.
I pochi uomini che, durante i millenni, avranno avuto l’ardire di proclamare un credo diverso, saranno tutti crocefìssi, decapitati o bruciati sul rogo. Chiunque si ribelli a questo stato di cose, qualunque donna tenti di scappare da questo orrore verrà uccisa: bruciata sul rogo come strega, accoltellata per strada come prostituta, uccisa nella sua stessa casa come moglie infedele. Le cronache ci hanno abituato ormai a questi “bollettini di guerra” che leggiamo tutti i giorni sui giornali.
La guerra è stata scelta al posto dell’amore dall’intera umanità migliaia di anni fa, esattamente al momento in cui cominciano i fatti raccontati nel poema dell 'Iliade.
Questo testo è estratto dal libro "Quando Troia Era Solo una Città".
Data di Pubblicazione: 2 ottobre 2017