SPIRITUALITÀ ED ESOTERISMO   |   Tempo di Lettura: 8 min

Il Respiro dell'Assoluto - Anteprima del libro di Mooji

L’Advaita Vedanta: il sentiero senza sentiero

L’Advaita Vedanta: il sentiero senza sentiero

Il tuo maestro, Papaji, viene definito spesso un maestro di Advaita Vedanta. Il maestro di Papaji, Sri Ramana Maharshi, ha il merito riconosciuto di aver riportato in vita ai giorni nostri l’antica filosofia del nondualismo. Posso chiederti, allora, cose lAdvaita Vedanta e qual è il suo tema centrale?

Il tema dell’Advaita sei tu: chi sei, o che cosa sei. La sua grande attrattiva è che non richiede alcuna formazione o esperienza pregressa in campo religioso. Non occorre credere in qualcosa. Le persone che vi giungono provengono da ambienti ed esperienze di ogni tipo, e sono benvenute. Affinché si possa comprendere la verità messa in luce da questa filosofìa antica, ma molto concreta, deve esserci nel cuore un profondo desiderio di conoscere se stessi o di liberarsi dalla sofferenza.

L’Advaita è immediato nel senso che indica la verità immediatamente, fin dal primo momento. Innanzi tutto mette in evidenza il fatto che sei completo così come sei, poi inizia a guidarti per farti uscire dalla sofferenza.

Non c’è un sentiero. Questa è la verità ultima. Mentre si approfondisce questa comprensione, emerge un grande senso di leggerezza. Qui non ti si dice che devi essere particolarmente adatto a intraprendere il viaggio, che devi meditare tutti i giorni, devi impegnarti o essere tenace. Questo tipo di consigli non fa altro che affibbiarti compiti da svolgere, prima ancora che tu abbia cominciato l’indagine. L’assenza di una pratica spirituale è la differenza principale che distingue l’Advaita da molte altre vie spirituali, le quali partono dal presupposto che sei la mente, che non sei libero e devi fare qualcosa per liberarti. L’Advaita mostra fin dal principio che quello che sei in realtà è sempre stato libero. Porta subito l’attenzione sull’immutabile realtà dell’essere, che è sempre perfetta, è il Sé essenziale. Prima di tutto scopri la verità, poi fa’ ciò che ti aggrada nel cuore.

Allora nellAdvaita cè davvero molta libertà.

Non c’è solo molta libertà, c’è totale libertà. E perché? Perché l’Advaita rivela che la libertà non te la puoi guadagnare, la libertà è ciò che sei.

Ma in questa libertà, come vengono considerate e gestite le emozioni?

Le emozioni sono soltanto la manifestazione dell’essere universale. Tutto, non solo le emozioni, ma ogni azione, ogni pensiero, ogni movimento, tutto è incluso in questa meravigliosa espressione dell’essere. L’Advaita non si occupa tanto di interpretare un qualche movimento in particolare. Si dà poca attenzione, poco rilievo, al ‘gioco delle onde’. Si lascia spazio affinché le emozioni possano esprimersi, esaurirsi, per poi ritrovare la pace nell’essere.

La presenza e il gioco delle emozioni non danno la misura della pura consapevolezza, cioè di te stesso. Colui che si è risvegliato alla verità non si identifica più con un oggetto, un pensiero, una persona o un’emozione. Non ha delusioni perché non ha aspettative. È un tutt’uno col flusso naturale della manifestazione, con la danza naturale dell’energia cosmica, così come appare nel corpo. Il condizionamento può ancora emergere, ma con esso non viene stabilita alcuna connessione interiore; per cui si rimane spontaneamente liberi. Se non ci si identifica con i ricordi personali, tutto il rumore del condizionamento si dilegua. Il concetto stesso di ‘condizionamento’, una volta compreso che si tratta unicamente di un pensiero, scompare gradualmente, col passare del tempo.

Finora ho praticato yoga e meditazione, e mi crea una certa confusione stare in satsang o leggere testi di Advaita.

È una cosa naturale. La mente è confusa perché cerca sempre di afferrare, di capire, di avere la sensazione di sapere le cose: “Questo lo so”, “Questo lo capisco”, “So dove vado”. La mente proietta in maniera lineare, progressiva. Quindi all’inizio, quando viene colpita da qualcosa di estremamente semplice come il nondualismo, in cui non può andare da nessuna parte e non trova niente da afferrare o da capire, la mente condizionata entra davvero in una grande confusione.

Quindi in realtà è piuttosto semplice.

È più che semplice. ‘Semplice’ vuol dire che devi fare qualcosa che non è difficile, ma Questo esiste ancora prima di poter pensare che è semplice. Lo vivi come una cosa difficile perché non riesci a levarti dalla testa l’idea che sei prigioniero.

La mente raccoglie una quantità incalcolabile di idee e tenendoci strette queste falsità soffochiamo la nostra spontaneità, il riconoscimento del nostro essere intrinseco. Quindi è la mente che dice: “Non capisco!”. Come fa la mente a capire la semplicità totale quando la sua natura è quella di rendere complesso quel che è già naturale?

Cose l’autoindagine?

È lo specchio in cui l’eterno si riconosce. Guardando in questo specchio vieni a sapere istantaneamente chi sei in realtà, non cosa è il corpo, né ciò che credi di essere o quel che gli altri dicono di te. Al contrario, se osservi in questo modo ti si rivela una percezione diretta e non dualistica del Sé.

Il Sé non è un oggetto; come fa allora la mente a trovare o raggiungere un qualcosa che non è un oggetto? E non intendo solo gli oggetti fisici. Un pensiero è un oggetto della percezione proprio come lo è una cosa materiale, e questo vale pure per i sentimenti, le immagini, i ricordi e le sensazioni. In breve, tutti i fenomeni sono oggetti e la mente è abituata a interpretare e misurare i fenomeni. Allora come fa la mente a scoprire ciò che è consapevole dei fenomeni, ossia il Sé, la sola Realtà?

Tu sei consapevole di tutto quel che ti appare davanti, sullo schermo della coscienza. Dov’è il mondo senza di te? Dove sono i pensieri e che cosa sono, senza di te che li percepisci? Dove sono le esperienze senza di te, che sei colui che le vivi? lu sei il fondamento e la fonte di ogni esperienza. Senza di te non può esserci alcuna esperienza.

Ho sentito dire che l’Advaita Vedanta è l’insegnamento spirituale più elevato.

A dire il vero, l’Advaita non è un insegnamento, non lo definirei così, perché un insegnamento implica che ci sia qualcuno che studia e impara. L’Advaita Vedanta va dritto al punto e pone una domanda: “Che cos’è ciò che impara? Si può forse imparare a essere se stessi?”.

Sempre più gente, credo, è in cerca della libertà.

A essere sincero lo credevo anch’io, ma poi ho capito che la maggior parte della gente cerca di esaudire le proprie proiezioni. In verità la gente sta nella mente e la mente fa solo finta di desiderare la libertà, mentre in realtà non la vuole affatto: è l’ultima cosa che vuole, perché la libertà uccide la mente condizionata. Però ammetto che c’è un’attrazione crescente per le scoperte di ordine spirituale, ed è una buona cosa, pure se all’inizio si comincia con l’andare in tondo. Sei a bordo, magari passi da una zattera a un aeroscafo, e la volta dopo sali su una nave, ma va comunque bene; anche se non sei in acqua, almeno stai sull’acqua. Però non mi interessa molto tutta questa euforia riguardo al cambiamento epocale che dovrebbe essere in corso nella coscienza universale, perché i malintesi sono tanti sull’effettivo significato di ‘verità’ e su cosa sia la verità. Per raggiungere la verità devi metterti da parte e spogliarti di tutte le proiezioni, i condizionamenti e i concetti. Poi, quando sei completamente svestito, non ne raccogli altri, resti nudo.

L’Advaita è in grado di migliorare il mondo?

Quando si è liberi dall’influenza ipnotica delle proprie idee, dei condizionamenti e delle proiezioni vane della mente, allora si è davvero disponibili per il Sé. Al proprio interno non ci saranno energie limitanti, né il bisogno di manipolare gli altri al fine di esaudire le proprie proiezioni. In qualche maniera, la propria presenza eleva automaticamente l’ambiente circostante. Proprio come gli alberi ci forniscono l’ossigeno da respirare, eppure nessuno li ringrazia, gli esseri umani che si sono risvegliati alla verità irradiano pace profonda, comunione e amore, senza dover fare uno sforzo intenzionale. La pace è la loro natura intrinseca. C’è un detto secondo cui se ho una pagnotta e te ne do metà, me ne resta mezza; ma se ti dono tutta la mia conoscenza e il mio amore, mi restano comunque tutta la conoscenza e tutto l’amore. E così è in sostanza la condivisione della verità. Non è come spartirsi degli oggetti; è la condivisione del soggetto, e il soggetto non si può suddividere. Tu sei Quello.

Quindi, per rispondere alla tua domanda: l’Advaita Vedanta, ossia la comprensione autentica della verità, l’esperienza della verità, può giovare al mondo? Certo che sì! Anche col solo fatto di essere in cerca della verità non fai un favore solamente a te stesso, ma dai una mano automaticamente anche ad altri esseri. Quando la mente si rivolge alla virtù e alla pace, si cercherà allo stesso tempo di eliminare l’odio, la paura e il desiderio, che sono tutte forme di ignoranza. La tua ricerca è sacra perché ti volti verso la verità e la gente è attratta dalla verità. ‘Verità’ è un altro nome per ciò che sei.

Questo testo è estratto dal libro "Il Respiro dell'Assoluto".

Data di Pubblicazione: 30 settembre 2017

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