SALUTE E BENESSERE   |   Tempo di Lettura: 7 min

Ritorno alle domande fondamentali: cosa è la salute? Cos’è la malattia?

Scopri cosa è la salute e cos’è la malattia

"Primo non nuocere": scopri l'importanza di questo fondamento in relazione al sistema sanitario occidentale leggendo l'anteprima del libro a cura di Davide Nicastri.

La malattia è un nemico

Sophie Ott:
(Medico di origine francese, vive ed esercita in Italia dal 2003. Da più di venticinque anni si occupa di salute globale integrando alla medicina convenzionale le medicine complementari e lo sviluppo del potenziale umano. Libera dal bisogno di rispettare dogmi o identificarsi con un unico modello, la sua ricerca è spinta dal desiderio di trovare risorse per sostenere sempre meglio le persone per accrescere salute, gioia e serenità)

Il sistema sanitario occidentale si basa su un concetto di malattia specifico. Le varie scelte terapeutiche di medicina convenzionale e di medicine dette complementari o alternative hanno spesso un punto comune: la malattia è un nemico, bisogna combatterla. A volte con mezzi drastici, a volte tossici: farmaci di sintesi, radiazioni o chirurgia. In alternativa con medicine naturali o terapie dette dolci. Sempre di combattere si tratta.

La malattia è un nemico. Intorno a questo punto di vista si è creata una realtà, un paradigma di guerra in cui sono rappresentati tutti i ruoli del panorama guerresco.

Oltre al nemico (la malattia), ci sono i complici del nemico che si presentano come i microbi, l’inquinamento, l’alimentazione “sbagliata”, lo stress ecc.

Non mancano le forze armate con i vari sottogruppi. Ci sono i soldati, ovviamente mandati al fronte: medici, infermieri, ogni professionista sanitario e terapeuta combattono giorno e notte questa guerra senza fine.

L’artiglieria è composta da armi come farmaci, aghi, bisturi, radiazioni, ecc.

Alle spalle di questo sistema lavora il genio militare formato da ricercatori che lavorano per trovare soluzioni per sconfiggere il nemico. Infine l’industria bellica non manca all’appello, con le case farmaceutiche e l’industria biomedica.

Questo sistema ben organizzato è indirizzato a combattere giorno e notte per curare i feriti, uccidere il nemico o prevenire la sua invasione.

Questo paradigma di guerra ha un costo molto elevato. Un costo economico ben noto che supera largamente il centinaio di miliardi ogni anno in Italia. Un costo umano con l’aumento dei morti e dei mutilati e una crescita di ansia, depressione, insicurezza, sia nella popolazione civile che nei soldati.

Non è sul campo di battaglia che può fiorire una salute rigogliosa. In questo paradigma, l’energia indirizzata alla crescita rigogliosa e felice è deviata e risucchiata dalla necessità di combattere.

L’ambita pace non s’intravvede nemmeno a lungo termine.

Cosa possiamo cambiare?

Quali nuove strategie possono essere messe in gioco per uscire da questa situazione logorante?

Propongo di osare rivedere alcuni fondamenti della nostra cultura sanitaria occidentale; per esempio ponendosi domande fondamentali come: cos’è la malattia? Oppure, ancor più fondamentale: cos’è la salute?

Quali azioni possono essere compiute rispettando il fondamento “Primo non nuocere”?

Occorre osare porsi le domande anche se non abbiamo tutte le risposte e accettando che le risposte possano essere multiple, varie e arrivare progressivamente.

Porto volentieri il mio contributo nella ricerca delle risposte a queste domande. Condivido un caso che mi è stato raccontato venti anni fa e ha rivoluzionato il mio modo di pormi di fronte alla salute, alla malattia e di conseguenza alle persone che presentano un sintomo o una malattia.

Alla fine degli anni ’70, in Sud Africa, una persona decise di allevare delle antilopi, chiamate kudu. A questo scopo, recintò un’ampia area, includendovi fonti d’acqua e molti alberi di acacia. Le foglie dell’albero di acacia sono il cibo prediletto del kudu.

Tutto sembrava perfetto perché l’allevamento avesse successo. Invece, dopo qualche tempo, le antilopi cominciarono a morire in massa. Di fronte a quella situazione, uno zoologo dell’Università di Pretoria (Wouter Van Hoven) venne chiamato per studiare il caso.

L’esperto constatò che i kudu erano stati avvelenati. Essendo l’acqua pura, l’esperto verificò il loro cibo: le foglie di acacia. La quantità di tannino nella linfa delle foglie normalmente è bassa. L’esperto scoprì però che la quantità di tannino aumenta rapidamente a livelli letali quando le foglie sono masticate dalle antilopi.

Da questa scoperta derivò la comprensione che gli alberi di acacia mettono in atto alcune strategie difensive per proteggersi dai loro predatori, i kudu. Una di queste strategie è quella di aumentare la produzione di tannino il quale, dando un gusto amaro, allontana il predatore. Un altro fatto sorprendente osservato è che gli alberi di acacia situati al di fuori dell’area recintata erano anche loro pieni di tannino. Ciò anche se non erano mai stati aggrediti dalle antilopi.

Quindi si era scoperta un’altra strategia difensiva degli alberi di acacia: quella di comunicare il pericolo agli altri alberi, emettendo un gas (l’etilene) che può viaggiare fino a 45 metri di distanza. In un contesto naturale, queste strategie di difesa spingono il branco di antilopi a spostarsi in una zona diversa e a mangiare altri alberi. Il tutto per rispettare il livello di tolleranza di ogni albero per la propria sopravvivenza.

Un altro fatto interessante è che il livello di tannino torna a livello basso quando l’albero non è più aggredito.

Quindi, alla fine di questa osservazione, la mia domanda è: l’albero di acacia pieno di tannino è malato? Ancora: somministrare un farmaco per fare abbassare il tannino sarebbe un aiuto reale? Togliere l’aggressione del kudu non sarebbe più sensato? Anzi: togliere il recinto non sarebbe la vera soluzione per il ritorno all’equilibrio sano?

Recinti e varchi

Di fronte a questa osservazione, mi sembra fondamentale riconoscere umilmente l’eccellenza degli equilibri naturali e fare in modo di non creare intralci (recinti) allo scorrere della vita.

Quest’osservazione ispira la mia ricerca da più di venti anni. Se vogliamo che un sintomo o una cosiddetta malattia spariscano è fondamentale agire perché non siano più utili.

La medicina convenzionale occidentale si concentra sull’individuazione e il combattimento alla cellula patologica, sull’eliminazione del sintomo. Sarebbe interessante integrare una visione più ampia, che permetta di vedere la persona nel proprio contesto presente e passato, personale e famigliare.

Quando sorge un sintomo fisico o di qualunque altra natura, si potrebbe allora guardare la situazione nell’insieme. Osservare la persona nel proprio contesto personale, famigliare, presente e passato apre all’opportunità di comprendere ogni sintomo come una strategia di difesa dell’essere vivente, una soluzione personale per superare una situazione in qualche modo difficile.

L’osservazione, la consapevolezza, la comprensione portano ad azioni di sostegno allo scorrere della vita e al ripristino degli equilibri naturali.

L’obiettivo è individuare “il recinto” e aprirvi un varco.

Con questa consapevolezza si capisce che è fondamentale scegliere delle terapie rispettose affinché non si creino altri recinti e predatori. Il tutto per evitare nuove strategie di difesa accompagnate da altri sintomi.

“Primum non nocere” riprende tutta la sua dignità, con un aspetto più profondo. Agire stando attenti a non danneggiare direttamente la persona ovviamente, ma anche stando attenti a non essere fonte di stress che necessita lo sviluppo di un’altra strategia di difesa.

Data di Pubblicazione: 24 maggio 2021

Ti è piaciuto questo articolo? Rimani in contatto con noi!

Procedendo con l'invio dei dati:

Lascia un commento su questo articolo

Caricamento in Corso...