SPIRITUALITÀ ED ESOTERISMO   |   Tempo di Lettura: 9 min

La Rosa Mistica: Un assaggio dei diari interiori di Myriam e Jeshua

La Soglia della Rosa Mistica. Vol.1 - Sara Surti - Speciale

Scopri "la Rosa Mistica", un assaggio dei diari interiori di Myriam e Jeshua e del loro passato segreto, leggendo l'anteprima del libro di Sara Surti.

La Rosa Mistica: Un assaggio dei diari interiori di Myriam e Jeshua

Verso l'Ignoto: Myriam, la Rosa Rossa

"Jeshuaaaa."

Era tutto buio, tremavo.

"Dove sono?"

Appoggiai le mani e sentii il cotone della coperta.

Ancora una volta quell’incubo.

Ancora una volta mi sentivo con te per accorgermi poi di essere sola.

Appoggiai le mani sulla pancia. Era rigida, tremavo ancora.

La accarezzai.

Lei stava bene. Sapevo fosse una femmina.

La temevo. Temevo il giorno in cui l’avrei vista.

Temevo il momento in cui avrei incrociato i suoi occhi per la prima volta.

 

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Jeshua avevi rapito anche il mio essere madre. Pensavo ai suoi occhi, e solo nell’immaginarmeli, sentivo la paura di ritrovare i tuoi, nel suo sguardo. Di ricordarmi ogni giorno della vita che tu avevi deciso di non essere al mio fianco.

Attraverso di lei non avrei potuto dimenticare. Non avrei potuto mentirle. Non avrei potuto fare a meno di raccontarle la grandezza di suo padre quando mi avrebbe chiesto di te.

Neanche lei aveva rappresentato una buona ragione per restare. Mi avevi chiesto di parlarle di te affinché lei ti avrebbe respirato nel vento e trovato nel cuore; ripercorso i tuoi passi attraverso le mie parole, e sentito vivo.

La morta sarei stata io. Io che non potevo colmare la voragine del cuore. Mi avevi detto che da quel vuoto avrei trovato me stessa e di avere fede. Eppure, era così difficile lasciarti andare.

Accettare di non poter più baciare le tue labbra. Di non essere più accarezzata dalle tue mani. Quelle mani che guarivano avevano solcato il mio corpo tracciando solchi eterni.

Quella vibrazione era entrata a far parte di me. La sentivo ancora addosso ma tu non ceri. I miei occhi non ti avrebbero rivisto più. Anche per questo mi avevi già dato una risposta.

Mi avevi detto: "Myriam ciò che è stato è eterno; Noi siamo eterni. Il nostro Amore è la stessa forza che conduce e condurrà i nostri passi... così distanti nel mondo, così vicini nel cammino invisibile dell'eternità. Hai aperto i tuoi occhi, come puoi fermarti a ciò che si può guardare: hai imparato a vivere nel sentire. A non fermarti di fronte alle apparenze. A percepire il tutto nel nulla.

 

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Come puoi temere di non vedermi? Sarò nelle tue labbra perché dal momento in cui le mie si sono poggiate sulle tue il velo della separazione si è arso. Sarò nelle parole che pronuncerai... perché l’Amore ha impresso nei nostri cuori la sua residenza, e il suo Regno. Come potrai sentire distanza quando le nostre mani si sono unite in matrimonio per sempre e soprattutto che cos'è il tempo carnale rispetto a quello dell’anima?

Ringrazia per ciò che abbiamo vissuto nella carne, poiché i nostri spiriti ci hanno fatto dono di quel tempo. Ma ciò che è sempre stato è ciò che vivrai da adesso... riconoscerci in ogni dove, nel vento, nel sole, nell’acqua... nei volti di chi incontrerai... negli sguardi in cui entrerai. Quando accederai in ogni abisso dell'anima troverai anche Me lì dentro; a Me ti riunirai e creeremo il riverbero dell’Amore dentro quella Creatura.

Myriam io e te non siamo mai stati, ma siamo da sempre. Chi siamo in fondo...? Calici del Padre e della Madre.

Scortiamo in loro e loro scorrono in noi.

Chi stai cercando davvero?

A chi stai chiedendo di restare?

Stai cercando di rendere permanente ciò che vibra costantemente senza forma.

Chi siamo noi Myriam? Forme vulnerabili che hanno dato volto e tatto all’Amore.

Come possiamo fermare il suo flusso e la sua Volontà...? Con quale pretesa possiamo arrestare la sua opera per tenere le notre mani carnali unite.

Con quale pretesa Myriam potremmo venir meno alla nostra Via...?".

 

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Ti ascoltavo incantata.

Avevi il potere di portarmi oltre ogni soglia umana.

Avevi il potere di farmi sentire stupida e sbagliata di fronte a Dio.

Così segretamente mi sentivo. Ti ascoltavo e pensavo a quanto fossi piccola. Il tuo verbo era un fiume in piena che mi rapiva dai dolori e rendeva tutto così chiaro, ovvio.

Mi innalzavi Jeshua... ed io tacevo, non rispondevo.

Eppure, ora avrei avuto parole da gridarti amore mio. Perché io ero e sono anche carne. Ti avrei chiesto "perché quell'amore ci chiedeva di dividerci? Perché quella volontà andava così contro la mia? Perché dovevo vivere tutto questo? Perché non potevo sentire dentro il diritto di arrabbiarmi? Perché dovevo proseguire la vita con nostra figlia... e non vederti mai più? Perché avevamo accettato questo Disegno così feroce e tornavano alla mente le tue parole: "I nostri spiriti ci hanno donato quel tempo carnale."

Mi toglievano le parole, quelle tue parole che riemergevano nei ricordi. Non era permesso provare quel dolore. La fiamma della gratitudine si palesava nel mio cuore e dinnanzi ai miei occhi.

Il grido si trasformava in un grazie... ma la voragine restava tale. Una voce sovrastava il mio pianto.

"Trovati Myriam, trovami in te. Trovaci in te e lasciaci vibrare. Se mi lascia andare risorgo dentro il tuo cuore. Entra nell’ignoto della perdita scopri che cosa regna oltre quel limite davanti al quale ti stai ostinando a non procedere."

 

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Servire l'Eterno: Jeshua, la Rosa d'Oro

"Om mane padme hum."

Un raggio di sole pervase i miei occhi ancora chiusi mentre il mio corpo vibrava.

Ormai ogni mattina da quando ero giunto lì il mio corpo si destava prima di me grazie ai mantra cantati dai miei fratelli. Ero stanco dal lungo viaggio intrapreso: avevo seguito la mia Stella e arrivai dinnanzi a quel tempio che avevo visitato molto tempo prima.

Era stato strano tornare qui dopo tutto il trascorso vissuto. Ero in un posto conosciuto, da riconoscere però con nuovi occhi perché io non ero più lo stesso di quel tempo.

I miei fratelli mi avevano accolto ancora una volta. Loro che nel fisico si adoperavo ad annullare quanto possibile ogni diversità potesse separarli anche nell'apparenza, per rendere anche nella carne la comunione e l’unione dello spirito. Si vestivano uguali. Avevano tutti i capelli rasati.

I loro cuori sembravano intonare la stessa nota; loro che sembravano essere quell’unico essere divino che ti sorride con decine di volti somiglianti ma diversi; attraverso loro sembrava dialogasse con te in ogni istante, nella frequenza dell’umiltà. Sapevo perché ero giunto proprio lì. Sapevo perché ero tornato proprio lì.

 

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Lì Io non ero il Maestro, non ero il Rabbi. Anche se loro mi chiamavano comunque, spesso, così. Ma lo facevano in modo diverso da tutti gli altri incontrati nelle sacre terre della mia africa.

Loro non avevano enfasi nel chiamarmi Rabbi. Io per loro non ero più grande, non ero più piccolo. Io per loro non ero neanche Jeshua. Io per loro ero un’anima in cammino come loro e come qualsiasi altra anima. Poiché per i miei fratelli ogni anima era semplicemente in un percorso verso il vuoto per ospitare sempre più la frequenza dell’Eterno. Per loro esisteva il Respiro più che la parola.

Il silenzio più che la parola. Le mani lavoravano e creavano... questo era il loro modo di guarire la terra e sé stessi. Operavano in contatto con la terra traendo frutti per sostenere la comunità e per onorare la terra stessa. Loto parlavano di spogliarsi per giungere all'essenza. Non di capire ma di ascoltare il silenzio. Perché nel silenzio l'Eterno sussurra l’inascoltato e posa, come la rugiada sui fiori, la Grazia nell’Essere Umano.

Ero frastornato e sorridevo. Avevo parlato tanto negli anni, eppure lì, nessuno aveva il desiderio di ascoltarmi. Avevo gridato, insegnato alle folle, sussurrato ai corpi, ai cuori, all’udito di molti. Le mie stesse parole mi avevano condotto su quella croce. Persone erano sempre accorse per ascoltarmi. Ma una volta giunto lì ero circondato da fratelli a cui non interessava nulla di ciò che avevo seminato nel vento, nei deserti, e nelle città.

Ero Jeshua? Per loro ero Jeshua, ero il Rabbi, e Nessuno. Per loro ogni nome, ogni appellativo significava Nessuno. Perché solo la parola che più si avvicinava alla mancanza di identità poteva connetterti al vero Essere che dimorava in te Il Senza Nome. Lo Spirito Immanente.

 

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Sapevo perché mi ero condotto lì. Già solo per quanto mi veniva da sorridere per il mio ego scosso da questo invito alla disidentificazione. E proprio perché l’ironia era sempre stato il mio forte mi immaginavo un buon momento di loro silenzio per romperlo e pronunciare quelle parole così tanto ripetute: io Sono il Cristo.

Mi avrebbero guardato con importante compassione, mi avrebbero sorriso e invitato al silenzio. Come un povero matto che aveva bisogno di un minuto di attenzione e con grazia si reinvita a riprendere il proprio posto. E mentre pensavo a tutto questo, ridevo interiormente: quelle risate che la personalità crea per evitare di cadere in quel vuoto assordante dove non può trovare appigli.

Assistevo alla mia reazione emotiva. E mi rispettavo.

Erano nati nuovi giorni per me. Tutti da conoscere. Sapevo solo che il Padre mi aveva spinto lì verso le terre dell’oriente. Già durante il viaggio mi ero reso conto che più procedevo più lasciavo alle mie spalle me stesso; meno sapevo, più il mio essere diventava somigliante al silenzio della notte.

Jeshua come poteva servire adesso? Chi ero? In quale direzione stavo procedendo?

Le ferite fisiche si erano ormai rimarginate. Sentivo una nuova nascita pervadermi. Diedi tempo alla mia risata di vibrare in me e caddi nell’abisso. Myriam mi aveva insegnato come scendere in quella grotta interiore. Dentro il tempio di Iside era una strada conosciuta dalle Sorelle. Solo la Donna può iniziare l'Uomo ad accedere in quell’antro intimo e segreto dell'Essere. Per la loro Natura connessa attraverso il Corpo, alla Madre.

Data di Pubblicazione: 2 maggio 2023

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