SPIRITUALITÀ ED ESOTERISMO   |   Tempo di Lettura: 9 min

Sacro Graal: Gli indizi di una cospirazione

Arcadia - Piero Ragone - Speciale

Scopri i segreti e la vera storia del Sacro Graal insieme ai legami con l'antica terra d'Arcadia, leggendo l'anteprima del nuovo libro di Piero Ragone.

Sacro Graal: Gli indizi di una cospirazione

"È necessario che noi si ponga, in qualche angolo della nostra opera, una pietra tombale con la famosa iscrizione Et in Arcadia Ego”.

"Le mystère en pleine lumière"

di Maurice Barrès

La scoperta dell'Arcadia

La celebrazione seicentesca del mito dell’Arcadia è preceduta da due episodi che ne anticipano contenuti e caratteristiche circa un secolo prima.

Il primo è un poema pastorale intitolato "Arcadia", composto nel 1504 dal napoletano Jacopo Sannazaro; l’opera registra una prima redazione quasi vent'anni prima (1475-85) della pubblicazione ufficiale, con il titolo provvisorio di "Aeglogorum liber Arcadius inscriptus", ed è l'esaltazione nostalgica della purezza perduta di una terra ancestrale e incorrotta, l’Arcadia greca, che ospita luoghi di culto come la città di Delfi, sede del celebre oracolo, e il monte Parnaso, consacrato al dio Apollo e alle sue muse; le sue peculiarità paradisiache hanno istillato nell’artista rinascimentale l’adozione dell’Arcadia come simbolo di un eden di felicità e di armonia imperiture.

Il romanzo è un prosimetro frammentario dal contenuto simbolico: allertato da un inquietante sogno rivelatore, il protagonista di nome Sincero abbandona l’Arcadia per tornare a Napoli, città natia dove, nei pressi della sorgente del fiume Sebeto, incontra due misteriose fanciulle che lo informano della scomparsa della donna che amava, Carmosina Bonifacio.

Questa informazione tornerà utile nel prosieguo della ricerca: nel suo esordio letterario, il tema arcadico si lega fatalmente alla scomparsa di una donna amata.

Il successivo evento ha come protagonista il navigatore Giovanni da Verrazzano, di origini italiane secondo alcuni studiosi, nativo di Lione secondo una ricostruzione storiografica più antica che in ogni caso visse e operò sin dalla giovinezza nel capoluogo della Francia sud-orientale.

Nel 1523 organizzò il primo viaggio verso occidente alla ricerca di un passaggio settentrionale per l'Asia orientale; nella seconda e più importante traversata della sua carriera scelse di salpare dall’arcipelago di Madeira il 17 gennaio (una data che ricorrerà sovente nella nostra avventura) del 1524 e approdò senza ostacoli nel nord est del continente americano, dove esplorò la baia di Hudson, nel luogo in cui oggi sorge New York, e quindi il Massachusetts, il New Hampshire, il Maine e l’attuale Nuova Scozia.

 

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Affascinato dalla bellezza incontaminata di una graziosa penisola nota come Delmarva, condivisa tra Delaware, Maryland e Virginia, l'esploratore decise di chiamarla Arcadia. Secondo il "Dictionary of Canadian Biography", il nome sarebbe stato ispirato dalla “bellezza degli alberi” che arricchiscono la regione; tuttavia, è evidente l’influenza delle rime del Sannazaro.

Secondo un interessante studio dal titolo "La colonia perduta dei Templari" del ricercatore Steven Sora, le note sul diario di bordo della spedizione rivelano che la baia dell’attuale Newport ospitava un inusuale battistero dall’architettura simile alle caratteristiche costruzioni dei monaci cistercensi; Giovanni da Verrazzano battezzò la struttura con l’eloquente appellativo “Villa Normanna”, senza mostrare alcuna sorpresa per la scoperta, nell’inesplorata terra americana, di un edificio di chiara matrice europea. La sua esistenza è confermata sia da una mappa del 1526 redatta dal cartografo italiano Vesconte Majollo sia dal curioso globo terrestre in bronzo realizzato dall’artigiano Eufrosino Ulpius nel 1542.

È noto che Giovanni e suo fratello Girolamo, cartografo ufficiale della spedizione, assegnarono alla baia di Newport il nome di “Port du Refuge”, probabile riferimento alle voci secondo cui, centinaia di anni prima, il luogo era già stato raggiunto da una spedizione di esuli europei in fuga dalle grinfie della Chiesa.

Il poema di Sannazaro e la scelta dell’esploratore italiano di assegnare un nome così evocativo alla remota terra americana sono seguiti da altre citazioni cinquecentesche meno rilevanti: nel 1580, l’autore Philip Sidney pubblicò la poesia "The Countess of Pembrokes Arcadia" e, nel 1598, lo scrittore spagnolo Lope de Vega diede alle stampe un romanzo intitolato "L'Arcadia", manifestamente ispirato a Sannazaro.

 

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Il secolo magico

La prima menzione del termine “Arcadia” in un’opera pittorica risale al 1621 allorché Francesco Barbieri, detto il “Guercino”, decorò il sarcofago che domina la sua omonima opera con la frase latina "Et in Arcadia Ego". Il dipinto fu realizzato durante il soggiorno dell’artista a Roma (dal maggio 1621 al luglio 1623) su committenza di papa Gregorio XV, al secolo Alessandro Ludovisi (1554-1623).

Il Guercino aveva raggiunto la capitale su invito dello stesso Ludovisi, neo eletto al soglio papale, e fu ingaggiato dal cardinale Ludovico Ludovisi, nipote di Gregorio, per la decorazione del Casino Ludovisi, e da Maffeo Barberini, futuro papa Urbano VIII, per la realizzazione del più noto "Et in Arcadia Ego".

L’opera ha due protagonisti, un ragazzo e un uomo barbuto che contemplano inespressivi un sarcofago sul quale poggia un teschio, collocato in primo piano, con la frase "Et in Arcadia ego" incisa sul bordo del coperchio della tomba. Acquistata da Colonna Sciarpa nel 1821 e quindi accolto nella collezione di Bartolomeo Schedoni nel 1911, la tela è oggi custodita a Palazzo Barberini, nella Galleria Nazionale d’Arte Antica.

 

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Con la morte di Gregorio XV (8 luglio 1623), il Guercino perse il suo principale committente romano e fece ritorno a Cento, suo paese natale. L’anno successivo (1624) giunse a Roma il trentenne artista francese Nicolas Poussin, pittore autodidatta originario di Les Andelys, cittadina della Normandia.

Abbandonata la famiglia, che avversava il suo amore per l’arte, cominciò a guadagnarsi da vivere tra stenti e disavventure realizzando opere per modesti committenti. Il suo progetto di trasferirsi a Roma, capitale mondiale dell’arte rinascimentale, era fallito due volte; nell’ultimo tentativo, Poussin aveva contratto un debito con un mercante della città di Lione, tappa obbligata sul cammino di chi, dalla Francia, desiderava raggiungere l’Italia.

Arrestato e costretto a tornare Parigi, si stabilì presso il Collège de Navarre, rinomato per la ricca biblioteca e noto per aver ospitato studenti come Armand Jean du Plessis (1585-1642), il futuro cardinale Richelieu. Nel Collège entrò in contatto con la Compagnia dei Gesuiti che, nel 1623, risollevò le sorti dell’artista con la commissione di sei dipinti per la commemorazione delle canonizzazioni di Ignazio di Loyola e di Francesco Saverio.

Nello stesso anno, il cardinale Maffeo Barberini, ricco mecenate e protettore di importanti uomini d’arte, diveniva papa con il nome di Urbano VIII

Poussin strinse amicizia con il cavaliere Giovan Battista Marino, esoterista e massimo rappresentante della poesia barocca italiana, esule dal 1615 presso la regina di Francia Maria de' Medici perché accusato di eresia dal tribunale dell’Inquisizione romana nel 1609. Marino godeva della protezione della regina, allora reggente della monarchia francese in virtù della tenera età del figlio (il futuro Luigi XIII, re dal 1601 al 1643).

Nel 1616 Maria de' Medici aveva favorito l’ingresso in politica di un personaggio chiave nello scacchiere politico del XVII secolo, Armand Jean du Plessis de Richelieu, che Poussin aveva conosciuto nel Collège de Navarre e che sarà tra i suoi maggiori committenti. Dopo aver assunto la guida del regno di Francia nel 1617, il sedicenne Luigi XIII garantì a Marino una dignitosa rendita e, nel 1624, arruolò Armand Jean du Plessis nel Consiglio di Stato come primo ministro.

Nello stesso anno, Poussin e Marino giunsero a Roma dove il cavaliere, forte del sostegno dei suoi protettori e di una rete di amicizie di alto rango, presentò l’artista a papa Urbano VII, introducendolo in una cerchia di ricche famiglie aristocratiche.

Quando l'Inquisizione apprese del ritorno di Marino in Italia, arrestò il poeta ponendo all'Indice la sua opera più nota, l’"Adone" (pubblicato a Parigi nel 1623 con dedica a Luigi XIII e a Maria de’ Medici; costretto alla fuga presso Napoli, sua città natale, Marino morì in condizioni miserevoli nel 1625.

Nello stesso anno, Urbano vi si recò in Francia per affrontare alcune questioni politiche; privo della protezione papale e del suo migliore amico, Poussin fu soccorso dai Dughet, una facoltosa famiglia di pasticcieri francesi residenti a Roma, dei quali sposò la figlia Anne-Marie nel 1630,” anno in cui fu accolto nell'Accademia di San Luca, una società esclusiva che proteggeva e aiutava gli artisti meritevoli residenti a Roma.

Fondata nel 1593, l’Accademia aveva acquisito in breve tempo una notevole importanza: nel 1620, Urbano vii aveva concesso ai suoi membri il diritto di stabilire chi meritasse l’appellativo di "artista” e, nel 1633, il circolo ottenne il monopolio su tutte le commissioni pubbliche dello Stato papale. 

È in questo periodo (1629-1630) che Poussin realizzò "I Pastori dell'Arcadia I".

 

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I Pastori dell'Arcadia I

Circa dieci anni dopo l’opera del Guercino, la frase "Et in Arcadia Ego" comparve nel dipinto di Poussin conosciuto come "Et in Arcadia Ego I" (ma originariamente intitolato "La felicità soggetta alla morte", come riferisce Giovanni Pietro Bellori, primo biografo dell’artista francese).

Commissionato da Giulio Rospigliosi, futuro papa Clemente IX, il lavoro risale al primo periodo romano del genio d’oltralpe (1627-1630).

Il tema è lo stesso trattato dal Guercino ma si distingue per la presenza di due ulteriori personaggi, una donna vestita di bianco e un uomo coronato di alloro che sembra disinteressato alla scena ed è intento a versare in un rivolo l’acqua contenuta in una brocca; gli altri due pastori, già protagonisti del dipinto del Guercino, indicano la frase "Et in Arcadia ego" scolpita sul fianco di un sarcofago.

Data di Pubblicazione: 31 maggio 2022

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