ARTICOLI VARI

La saggezza di vita degli aborigeni australiani

Medicina Aborigena - Silvia Toschi - Speciale

Cosa possiamo imparare dalla saggezza e dagli insegnamenti dei popoli aborigeni australiani? Scoprilo, leggendo l'anteprima del nuovo libro di Silvia Toschi.

La saggezza di vita degli aborigeni australiani

L'esperienza tra gli aborigeni

Durante un periodo di circa dieci anni passati in Australia sono stata educata alle vie tradizionali dalla mia famiglia tribale acquisita. E ho scoperto che gli aborigeni hanno una cultura molto complessa, basata su una profonda conoscenza e rispetto della natura e delle sue leggi.

Secondo la loro cultura tradizionale, gli esseri umani sono i rappresentanti di tutte le altre creature e hanno il dovere di custodirle perché in questo modo custodiscono se stessi. Infatti ogni clan, o famiglia tribale, ogni individuo ha un totem, parola che per loro ha un significato diverso dal nostro.

Ciò che noi chiamiamo “totem” è la storia del loro lignaggio, un archetipo che ogni individuo è chiamato a custodire, creando così armonia collettiva. Ma se gli umani non fanno bene il loro dovere di custodi ne deriva disgrazia.

Secondo la cultura tradizionale c’è un motivo per cui l’archetipo delle creature di ogni specie, di oggetti o elementi della natura prende forma umana: per scambiare la propria visione del mondo con gli altri esseri di natura completamente diversa.

Per esempio, un coccodrillo normalmente mangerebbe un pesce, ma se sono entrambi in forma umana possono conversare tranquillamente e scambiarsi la loro visione del mondo. La lancia invece ucciderebbe il canguro, ma se sono in forma umana questo non accade, e così anch’essi possono condividere la propria visione del mondo.

 

medicina-aborigena-silvia-toschi

 

Qualora gli umani dovessero cessare di custodire il loro archetipo verrebbe a mancare l’armonia, anche della natura. E ne deriverebbero confusione, carestia e malattia. Non a caso confusione, cattiva alimentazione e malattia caratterizzano così bene la nostra civiltà moderna, che non conosce più il rispetto per la natura.

Se venisse ritrovata l'originaria connessione con la natura tutto il nostro sistema sociale ne trarrebbe giovamento. Gli aborigeni, come tutti i popoli indigeni in generale, associano alle loro attività quotidiane una grande attività interiore: utilizzano il loro tempo per risolvere i problemi della comunità, tramandare il loro sapere e talvolta per esplorare il mondo con le loro arti magiche, quali la bilocazione, il viaggio astrale, i sogni lucidi.

I primi antropologi che visitarono le tribù aborigene si trovarono dinnanzi a persone con poteri magici straordinari come arrampicarsi su una corda sospesa nel nulla, attraversare spazi aerei con il solo ausilio di una corda che emergeva dal loro ventre, volare, camminare sulle braci ardenti, apparire e scomparire a piacimento, materializzare oggetti invisibili, levitare, comparire in diversi luoghi allo stesso tempo, vedere attraverso i corpi, percorrere lunghe distanze in un attimo, comunicare telepaticamente, essere chiaroveggenti.

In seguito alla colonizzazione queste doti non sono più tanto comuni, però per tramandare e amministrare la loro cultura si affidano ancora principalmente a tre figure di particolare rilievo: la persona di medicina, che ha il compito di curare sia con le erbe che con la sua particolare energia, che viene generalmente definita “acque sacre”; il giudice tribale, che ha il compito di scovare e punire i malfattori e la cui sentenza è definitiva; e lo storyteller, che è in sostanza un filosofo con il compito di tramandare le storie della tribù.

 

medicina-aborigena-libro-toschi

 

Il presupposto base per accedere a questa conoscenza era ed è il rispetto per la natura e il senso di unità con tutte le creature. Imparato questo, la persona può acquisire vari tipi di poteri, che variano a seconda del proprio lignaggio e delle proprie attitudini.

Nel caso della gente di medicina questo potere è quello di curare estraendo dal corpo l’oggetto che ha causato la malattia, o di allontanare comunque lo spirito maligno che l’ha provocata. Ma un tempo, e talvolta anche oggi, c’era anche chi sapeva levitare o apparire in due luoghi allo stesso tempo, far piovere, dirigere il vento, percorrere lunghe distanze in un attimo, volare, sognare consapevolmente o altri poteri, che sono andati perduti per via della colonizzazione.

Generalmente ogni persona acquisisce poteri diversi, a seconda della propria predisposizione. In comune fra tutti c’è solo l’abilità di comunicare telepaticamente, che per loro è l’abc dell’umanità evoluta. Questi poteri per noi umani civilizzati sono generalmente impensabili, fuori dal mondo. E più precisamente sono fuori dal nostro mondo.

Questo perché passiamo il tempo a rincorrere un benessere materiale fittizio, e di conseguenza non abbiamo il tempo per tenerli in considerazione. La nostra civiltà, diversamente dalla loro, non è basata sul rispetto per la natura ma è basata sullo sfruttamento di tutto e di tutti, nonostante questo comportamento ci stia evidentemente conducendo alla rovina.

Gli indigeni sono gli ultimi superstiti di una civiltà armonica e diffusa tanto tempo fa, che è stata rimpiazzata dalla follia di una società evidentemente malata. Mi sono sempre chiesta: quale è la causa della follia distruttrice dell’umanità moderna? Com'era l’antico sapere? Quale può essere mai stata la causa della sua perdita? La mia lunga avventura con gli aborigeni è stata la risposta a queste domande.

 

medicina-aborigena-libro-silvia-toschi

 

La pillola rossa

Nonno Jack era un medicine man molto potente: la sua medicina energetica era eccezionalmente intensa. Ed era anche un uomo di poche parole, ma sapeva comunicare con chiarezza con la sua mente. Chiamava questo modo di comunicare, to speak language, ovvero “parlare la lingua” tradizionale. La telepatia è, infatti, il linguaggio tribale usato da sempre dagli aborigeni australiani per comunicare fra loro.

Un giorno che ero triste perché dovevo tornare in Italia mi disse: "Tu sei come un albero. Hai le radici qua e le fronde nel tuo paese". E al contempo proiettò con chiarezza nella mia mente la vivida immagine di quel maestoso albero. Ma fu necessario molto tempo prima che riuscissi a realizzare il pieno potenziale di quanto mi aveva comunicato, ovvero prima che quanto ho imparato con la mia famiglia aborigena acquisita divenisse “le mie radici”.

Prima di decidere di partire per l’Australia avevo un piccolo negozio nel quale vendevo libri di miti, leggende e sapienza antica. Non avevo molti clienti ma in compenso avevo tanto tempo per leggere e per imparare. Il tempo rimanente lo passavo a lavorare la terracotta modellando elfi, fate, folletti, gnomi, draghi, maghi, e quanto apparteneva mondo fatato degli antichi Celti, per il quale avevo un’autentica predilezione.

La routine lavorativa mi dava grandi soddisfazioni ma economicamente le cose non andavano altrettanto bene: le spese erano tante e le tasse aumentavano in continuazione. E così, pur sentendomi realizzata, faticavo ad andare avanti.

Il colpo di grazia arrivò nei primi anni Novanta, quando lo Stato emanò la minimum tax, l’antenata degli attuali studi di settore. La minimum tax stabiliva che se avevi un’attività dovevi guadagnare quanto dicevano le statistiche, altrimenti eri un evasore fiscale e andavi perseguito d’ufficio.

 

libro-medicina-aborigena-silvia-toschi

 

D’ufficio significava che avrebbero fatto tutto sulla carta. Non volevano sapere chi eri, cosa facevi, se eri in una zona di passaggio o meno, e nemmeno quali fossero le tue condizioni di vita o le tue necessità. Volevano soltanto il denaro e se non potevi pagare eri costretto per forza di cose a cessare l’attività.

Naturalmente ci si poteva anche rifiutare di pagare il modello tasse precompilato che avrebbero inviato, ma se le verifiche d’ufficio avessero dato esito negativo si sarebbe dovuto pagare il dovuto più una sovrattassa e la multa. Era un rischio da non sottovalutare per chi aveva pochi incassi.

Ma fortunatamente erano anche previste delle esenzioni, subordinate a una verifica in loco da parte dei carabinieri. E così un giorno, senza alcun preavviso, si presentarono due gentiluomini in divisa per la verifica.

Quando entrarono in negozio, trovandosi una moltitudine di piccoli occhi di elfi, fate, folletti e draghi puntati su di loro, sul momento rimasero spaesati. Però si ripresero presto, e uno dei due uomini mi chiese: "Lei è sposata?"

A quella domanda tanto bizzarra risposi: "No, perché?"

"Come fa a mandare avanti questo negozio?" domandò allora.

"Per ora mi aiuta mio padre — risposi — ma se potessi avere l’esenzione dalla minimum tax potrei continuare a tentare di migliorare gli incassi. Con un po’ di pazienza ce la farò, ne sono certa".

"L'esenzione è prevista soltanto se è il coniuge ad aiutare il titolare — disse allora il gendarme — e nel suo caso, dato che è suo padre ad aiutarla e non suo marito, non è prevista. Non può richiederla, mi dispiace. Deve adeguarsi. Dovrà pagare".

Lo Stato aveva impegnato due carabinieri soltanto per sapere se ero sposata. Era una cosa assurda, avrebbero potuto chiedermelo per telefono, pensai. Ma il peggio fu che mio padre si trovò a dovere pagare oltre alle sue tasse anche le mie, onerose e non dovute. Non avevo altra scelta che vendere l’attività. Ma così facendo avrei perso il mio amato lavoro e tutto ciò che vi avevo investito. Non sapevo più cosa fare. Cercavo disperatamente una via di d’uscita.

Dopo interminabili giorni di angoscia mi vennero in soccorso due sogni molto particolari. Nel primo mi ritrovai nell’entroterra australiano insieme a un gruppetto di aborigeni. Eravamo distesi accanto a una grande parete rocciosa.

 

medicina-aborigena-toschi-libro

 

Dinnanzi a noi c’era un grande falò. Il vento soffiava forte. Guardai il cielo: era costellato da una miriade di stelle. Sentivo di star vivendo una vita vera, semplice e libera: la vita che avrei tanto desiderato vivere.

Dopo qualche tempo sognai invece che ero inseguita da un uomo di colore che imbracciava un fucile. La scena cambiò. Mi trovavo ora in una città affollata. Stavo correndo, questa volta fuggivo da un uomo bianco armato di fucile.

Mi sparò. Caddi a terra. Mi aveva colpita a morte. Delle mani brune mi sollevarono da terra, sostenendomi per braccia e gambe. E mentre volavo via dal mio corpo guardai le mie braccia: avevo la pelle marrone.

Mi svegliai trafelata. Ero stata forse un aborigeno in una vita passata? Ma no, pensai, probabilmente i miei sogni erano stati ispirati dal suono del didgeridoo, uno strumento musicale australiano. Avevo un amico che lo suonava piuttosto bene.

Ma, comunque fosse, il desiderio di libertà si era insinuato nella mia anima: sentivo che dovevo andare in Australia. Ma dove?

Cercai di scoprire in che zona recarmi con il pendolo da radioestesista: lasciandolo pendere sulla mappa dell’Australia, mi indicò più o meno tutte le zone tribali indigene. Ma non potevo di certo visitarle tutte. Inoltre avevo bisogno di trovare un luogo accessibile per una donna che viaggia da sola.

Mi ricordai allora che fra i miei CD ce n'era uno di didgeridoo che mi piaceva in particolar modo. Leggendo attentamente la copertina vidi che il musicista che lo suonava, David Hudson, era di Kuranda e che insieme ad altre persone aveva fondato il Tjapukai Dance Theatre, nel quale si tenevano danze tradizionali aborigene.

Scrissi allora una lettera al Tjapukai, chiedendo se David Hudson era reperibile e se potevo andarli a trovare a Kuranda, possibilmente in agosto. Mi misi poi il cuore in pace. Tanto non mi avrebbero risposto.

Dopo una ventina di giorni mi arrivò una lettera nella quale gra scritto: “David non lo vediamo da tempo ma sì, certo, puoi Venirci a trovare, ti aspettiamo”. La lettera, scritta mano, era firmata “Miss Fisher”. Perfetto. Sarei andata a Kuranda al Tjapukai Dance Theatre per cercare Miss Fisher.

 

libro-medicina-aborigena-toschi

Data di Pubblicazione: 19 gennaio 2023

Ti è piaciuto questo articolo? Rimani in contatto con noi!

Procedendo con l'invio dei dati:

Lascia un commento su questo articolo

Caricamento in Corso...