SPIRITUALITÀ ED ESOTERISMO

San Martino: Tradizioni pagane di una festa cristiana

San Martino: Tradizioni pagane di una festa cristiana

Scopri tutte le tradizioni celtiche e pagane legate a San Martino e alla sua festa, segreti che affondano le radici in usanze più antiche della cristianità.

San Martino: Tradizioni pagane di una festa cristiana

L’Estate di San Martino

Secondo il Calendario dei Santi, l’11 novembre si celebra San Martino, ricorrenza molto amata non solo in Italia, ma anche nel resto d’Europa. In tutta la nostra penisola, infatti, da secoli si organizzano sagre e feste di paese.

Tuttavia, come tante festività cristiane, anche quella dedicata al protettore dei viandanti e dei soldati affonda le sue radici nel nostro passato celtico. Infatti, sono moltissimi i simboli e le tradizioni pagane che si possono rintracciare nel culto e nelle celebrazioni legate a San Martino.

Figura storica realmente esistita, Martino di Tours nacque tra il 315 e il 317 d.C. in Pannonia (odierna Ungheria). Suo padre, ufficiale dell’esercito romano, lo consacrò al dio Marte, chiamandolo appunto Martino in suo onore, e lo spinse a intraprendere la carriera militare.

Svariate leggende sono intrecciate intorno a questo personaggio, uno dei santi più amati d’Italia. Sicuramente il più noto è l’episodio del “mantello”, che l’ha reso l’archetipo della carità. Secondo la tradizione, nel 335 Martino si trovava d’istanza presso la città di Amiens, in Gallia (attuale Francia). Durante una bufera, il soldato romano incontrò nella sua ronda un infreddolito mendicante, vestito di stracci. Mosso a pietà, tagliò allora il suo sagum, il tradizionale mantello di lana pesante, indossato dai soldati romani, e gliene donò metà, per ripararlo dal freddo.

Fu allora che all’improvviso la tempesta di neve cessò e un caldo tepore estivo investì la zona. In questo modo, Dio ringraziava Martino del suo gesto magnanimo e, come il soldato non aveva esitato a soccorrere un estraneo nel momento del bisogno, lo ricambiava proteggendolo dal gelo a Sua volta.

 

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Per questa ragione, ancora oggi in questo periodo, spesso si verifica un “anomalo” innalzamento delle temperature, come un piccolo spiraglio d’estate nel cuore dell’autunno. Questo fenomeno è chiamato appunto “Estate di San Martino” e, come dice il proverbio, dura “tre giorni e un pochino”. Quindi, secondo la tradizione, dalla Vigilia di San Martino fino al 12 novembre (e qualche giorno ancora) possiamo goderci l’ultimo tepore prima che arrivi il vero freddo autunnale.

Ovviamente, non è matematico il suo arrivo, ma la sua notorietà è diffusa in tutta Europa, soprattutto nelle zone iberiche e francofone, e non solo. Nei Paesi slavi, l’Estate di San Martino è chiamata “Bab’e Leto”, ovvero “Estate delle Nonne”, mentre in Gran Bretagna si parla di “Indian Summer”, ossia “Estate Indiana”.

Come avrebbe poi scoperto Martino, il mendicante non era un uomo qualsiasi, ma Gesù Cristo in persona, che si era “camuffato” per metterlo alla prova. Lo stesso Signore gli apparve in sogno per rivelarglielo e l’uomo, colto dalla Chiamata, decise di abbandonare i suoi antichi dei e si fece battezzare. Prese poi i voti, diventando monaco, e fondò a Poitiers uno tra i primi monasteri in Europa. Specchio del suo animo umile, la vita del suo ordine era segnata dalla semplicità e dall’ascetismo, rendendolo uno dei più noti in tutta la Gallia.

Proprio perché così amato dai contadini, fu insignito del titolo di Vescovo a Tours per acclamazione popolare. Morì l’8 novembre 397 d.C. in tarda età e, mossi da un tremendo dolore causato dal lutto, i cittadini di Tours trafugarono le sue spoglie per dividersele. Solo quando fu ripristinato l’ordine, si svolsero finalmente i funerali l’11 novembre, data in cui si sarebbe celebrata poi la sua santità, legata a innumerevoli miracoli. Si dice che, proprio mentre il suo corpo veniva seppellito, ora come allora quando era un giovane soldato, la carezza dell’estate avvolse Tours, suggellando per sempre l’Estate di San Martino.

 

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Samhain

Come detto in precedenza, i simboli e le tradizioni di San Martino nascondono tanti legami col mondo celtico. Infatti, la Gallia è stata il primo e maggior luogo di diffusione del culto di questo santo. Di conseguenza i riti cristiani non sostituirono quelli celtici, ma si mischiarono ad essi, ibridandoli e donandogli nuovi significati, che in realtà non erano nuovi affatto.

Prima di tutto, il giorno di San Martino coincide con la fine delle celebrazioni del Samhain, il Capodanno Celtico, da cui trae le sue origini Halloween.

Dal 31 ottobre fino al 11 novembre i Celti praticavano vari riti legati ai defunti e alla fine del raccolto. Era un momento di raccoglimento, in cui il velo tra vivi e morti si faceva più sottile. L’inverno era ormai arrivato, ricordando alle genti la brevità della vita, che andava quindi esaltata al suo massimo. Era tempo di riunirsi, bere e banchettare.

Nello stesso periodo, anche la civiltà latina festeggiava. Infatti, l’8 novembre veniva aperto per l’ultima volta il Mundus Patet, una profondissima cavità sotterranea che rappresentava l’entrata del Mondo dei Morti.

Secondo i Romani, tre giorni all’anno (il 24 agosto, il 5 ottobre e l’8 novembre, date legate al culto degli dei inferi) bisognava permettere ai manes, le anime degli antenati, di tornare sulla terra, così da accattivarsi i loro favori. I Mani erano importantissimi, perché proteggevano la famiglia. Infatti, in ogni domus romana era sempre presente un altare per pregare gli antenati.

L’8 novembre era, quindi, l’ultimo giorno dell’anno in cui si apriva questo accesso, che assomigliava a un utero rovesciato. Un varco che aveva la forma di un passaggio anti-vita, scavato solitamente al centro della città, in cui si univano gli assi del cardo e del decumano.

In latino, Mondus Papet significa “il mondo è aperto” ed era un momento in cui bisognava stare molto attenti. Come ci racconta Catone il Vecchio, non era il caso di celebrare matrimoni né fare attività ludiche né sessuali, per evitare che i morti provassero invidia nei confronti dei vivi e scatenassero calamità. In questi giorni, invece, bisognava purificarsi e “mondarsi” dalle proprie dissolutezze.

Dal 9 novembre, poi, tutto tornava alla normalità. La vita e le attività agricole riprendevano, ad iniziare dalla nuova semina all’ombra delle Pleiadi. Tuttavia, in realtà, seguendo il nostro calendario attuale, il 9 novembre romano corrisponde al nostro 11 novembre. Un’altra prova di come da sempre l’11 novembre sia legato a riti molto più antichi di quelli cristiani.

 

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Gli Antichi Dei Viandanti

Un altro elemento pagano associato a San Martino è il tema del viandante, di cui il santo è protettore.

Nell’episodio del “mantello”, Martino aiuta un povero viandante in difficoltà, che si rivela essere Cristo in persona. Il fatto che Gesù si nascondesse sotto mentite spoglie è una prassi comune nelle storie popolari cristiane. Tuttavia, questa tradizione non è nata nel mondo cristiano.

Nell'universo pagano, diverse divinità solevano mimetizzarsi tra gli umani e, spesso, li mettevano alla prova. Il più famoso sicuramente è Odino, padre degli dei norreni.

Con mantello, cappello e lancia usata come bastone, Odino viaggiava per il mondo e perciò era considerato il protettore dei viaggiatori. Ad esempio, col nome di Grímnir si presentò al re Geirrøðr in cerca di ospitalità. Il sovrano, però, uomo crudele e diffidente, lo torturò per divertimento. Quando Odino rivelò la sua vera natura, Geirrøðr andò nel panico e, accorso per liberarlo, cadde e si trafisse con la propria spada.

Non solo i Celti e i Germani avevano a cuore l’ospitalità, ma anche molte altre popolazioni antiche, come i Greci. La xenìa, la parola greca per ospitalità, era un vero dovere religioso. L’ospite doveva avere tutti gli onori nonché un dono d’addio quanto lasciava la casa che lo aveva accolto. D’altra parte, l’ospite doveva rispettare il padrone di casa. Quindi, era qualcosa che andava oltre la semplice gratitudine reciproca.

Non è un caso che Zeus, fra i suoi infiniti epiteti, fosse chiamato anche “Xenios”, ossia “l’ospite”, e anche lui fosse considerato protettore dei viandanti.

Un mito molto famoso riguardo alla messa alla prova dell’ospitalità è quello di Licaone, re dell’Arcadia. Sentite voci riguardo la crudeltà di Licaone, Zeus si travestì da mendicante e chiese ospitalità al re. Non sapendo che aveva a tavola un dio, l’uomo fece servire carne umana di ignari prigionieri, che mangiò anche lui insieme ai suoi figli.

Zeus, ripugnato, trasformò Licaone e la sua prole in lupi, i primi della specie. Da questa leggenda, nasce anche la figura del licantropo.

Questo concetto del “dio viandante” fu ereditato dalla cultura cristiana, che vide in Martino, archetipo di carità, il “padrone di casa” per eccellenza, che onorò degnamente l’ospite divino.

 

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Sacra Vita Agricola

Vino, castagne e banchetti

La festa di San Martino si è intrinsecamente intrecciata al mondo agricolo, diventando col tempo una delle date più importanti del calendario contadino.

Alle tradizioni antiche sopracitate, durante l’Alto Medioevo se ne aggiunse un'altra. Proprio l’11 novembre era la data fissata per il rinnovo annuale dei contratti dei fittavoli. Perciò spesso i contadini traslocavano e si trasferivano altrove, per coltivare nuovi campi al servizio di un altro proprietario terriero. Da questa usanza nasce il detto “fare San Martino” per dire “fare un trasloco” o “cambiare lavoro”.

Attraverso la tradizione celtica e contadina, San Martino è sempre stato legato alla ciclicità della terra. L’estate era terminata e così le sue fatiche, ma bisognava prepararsi all’inverno. Era il momento ideale per festeggiare, prima di essere costretti a chiudersi in casa per il freddo.

Uno dei riti più amati era l’apertura delle prime botti e l’assaggio del vino novello. Un’idea dell’atmosfera goliardica (e caotica) dei festeggiamenti è rappresentata dal dipinto “Festa di San Martino” di Pieter Bruegel il Vecchio. Un altro detto popolare dice infatti “Per San Martino ogni mosto è vino”.

Era tipico in queste occasioni poi cedere ai frutti di stagione, come le castagne, spose perfette dei vini dolci, come la Cagnina romagnola. Caldarroste, mele cotogne e cacciagione erano il menù tipico dell’epoca che noi moderni abbiamo ereditato.

 

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L’Oca di San Martino

La carne per eccellenza di San Martino, però, era l’oca, suo animale simbolico, come il maiale per Sant’Antonio Abate. Anche qui è racchiuso un simbolo celtico e contadino, assimilato a un’altra storia sulla vita del santo.

Secondo la tradizione, per evitare il clamore dovuto alla sua assunzione a Vescovo, poiché non si riteneva degno, l’umile Martino decise di nascondersi fra le campagne di Tours. Tuttavia, mentre cercava un rifugio adeguato, un gruppo d’oche iniziò a starnazzare, attirando i paesani e facendolo scoprire. Poiché le oche gli avevano ricordato i doveri a cui Dio lo stava chiamando, Martino le scelse come suo animale rappresentativo. Quindi, era usanza banchettare con l’oca durante la festa, o con galline e anatre in sua assenza.

Già prima di questo episodio, in questo particolare periodo dell’anno l’oca era comunque celebrata come animale sacro nei riti celtici. In realtà, c’è un motivo pratico legato a questa usanza. Per preparare le scorte invernali, da una parte si soleva uccidere e mettere da parte riserve di cibo. Cacciare le anatre e le oche selvatiche era la norma, poiché erano più facili da trovare dato il periodo migratorio. Dall’altra, sacrificare questi animali evitava di sfamarli durante il futuro periodo di pecunia invernale. Maiali, oche e anatre erano quindi i tipici animali da macellare in autunno.

Il cibo abbonda durante San Martino. In Abruzzo, infatti, si dice “Ce sta lu Sante Martino”, quando si vuole indicare che c’è molto da mangiare. Infine, nel Medioevo si soleva pensare che le oche più pregiate fossero proprio quelle che provenivano proprio dal territorio Ungherese, che è la terra natia di Martino.

Questa gioia di fare festa è perfettamente rappresentata nella bellissima poesia “San Martino” di Giosuè Carducci.

La festa dei falò

Un’altra usanza tipica legata a questa celebrazione è quella di accendere i falò. In Italia questa tradizione è meno sentita, mentre in molteplici parti d’Europa è ancora molto in voga.

La sera di San Martino, in Germania e in Austria i cattolici fanno una fiaccolata, chiamata St. Martinszug, accendendo meravigliose lanterne tradizionale. A guidare le processioni, c’è spesso un uomo travestito da San Martino in abiti militari, in sella ad un cavallo.

La festa culmina davanti a un enorme falò, acceso nella piazza cittadina, dove viene riproposta la scena del taglio del mantello.

Anche per i bambini è una festa molto sentita perché ricevono un pacchetto pieno di frutta e dolcetti. In alcune regioni della Francia e delle Fiandre, come Babbo Natale, San Martino elargisce doni ai bambini.

Conclusi i festeggiamenti, i contadini infine dal 12 novembre iniziavano la “Quaresima di San Martino”, un periodo di purificazione e digiuno fino a Natale.

 

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Divinazione di Vigilia

Anche la Vigilia di San Martino non mancava di magia e tradizioni pagane ed esoteriche.

Usanza del 10 novembre era l’esercizio di varie pratiche divinatorie per predire nascite, matrimoni e il futuro del prossimo raccolto.

Uno dei metodi più in voga nel mondo contadino era la pratica del piattino per sapere se un prossimo matrimonio era in vista. La tecnica era molto semplice.

Si prendevano tre piatti, di cui due si riempivano d’acqua, una torbida e una pulita, mentre il terzo veniva lasciato vuoto. Colui che voleva conoscere il proprio futuro veniva bendato e posto davanti ai piatti. La persona stessa sceglieva quindi il piatto alla cieca.

Se avesse scelto l’acqua pulita, avrebbe sposato un uomo celibe o una fanciulla vergine. L’acqua torbida invece rappresentava il matrimonio con un/a vedovo/a. Infine, il piatto vuoto significava che non si sarebbe mai sposato/a.

Il Protettore dei Cornuti

Per tradizione, oltre che protettore dei soldati, San Martino è considerato anche il protettore dei cornuti, ossia dei mariti che vengono traditi. Per quale ragione?

I motivi non sono ancora chiari, ma possiamo fare delle ipotesi al riguardo. Sempre traendo a piene mani dal mondo celtico, questo era il momento ideale per cacciare anatre, oche e cervi. Per celebrare la fertilità che con Samhain si sarebbe assopita, i celti facevano riti propiziatori, indossando palchi di cervi e corna di buoi. Si pregava Cernunnos, il dio della fecondità e della caccia, che incarnava la divinizzazione degli animali maschi con le corna. Infatti, il suo aspetto era quello di un atletico uomo col capo adorno da corna di cervo.

Essendo anche dio della caccia, però, era una divinità legata alla morte, che abbiamo visto essere il tema madre di questo periodo. Perciò, tra i Romani era associato al Dis Pater, “il padre delle ricchezze”, ossia Plutone, Signore dei Morti e dei tesori del sottosuolo.

Probabilmente per questo, le corna ritornano ancora in molte celebrazioni italiane per San Martino. Difatti, in varie parti del nostro Paese in questa data si festeggia la famosa “Festa dei Cornuti”.

Ad esempio, a Santarcangelo di Romagna, di cui San Martino è patrono, la celebrazione è conosciuta anche come "Fiera dei Becchi". Durante l'evento, il 10 e l'11 novembre delle enormi corna vengono appese sotto l’Arco in piazza Ganganelli. Secondo la leggenda, se le corna dovessero muoversi mentre vi si passa sotto, significa che si è stati traditi!

E tu conoscevi qualcuna di queste tradizioni? Dalle tue parti come festeggiate questo evento? Qualsiasi siano le tue tradizioni, cogli l’occasione per goderti questa “estate fredda dei morti” (“Novembre”, Giovanni Pascoli).

 

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Data di Pubblicazione: 11 novembre 2021

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