L'Universo è finito o infinito? Se tutto si trasforma, esiste davvero la morte? Scoprì di più, leggendo l'anteprima del nuovo libro di Marco Cesati Cassin.

La scienza alla ricerca delle origini

"Ecco la mia idea di Dio, la convinzione profondamente emotiva della presenza di una razionalità suprema che si rivela nell’Universo incomprensibile."

Albert Einstein

L’Universo è stato creato?

Durante gli ultimi anni della sua vita, Albert Einstein volle dedicarsi alla ricerca della prova scientifica, empirica, dell’esistenza di Dio: una prova supportata da una formula che ne fosse la conferma ineluttabile. Il grande fisico, pur non essendo religioso, fu sempre affascinato dall’idea di Dio: un Dio da ricercare nell’ordine cosmico; un Dio esprimibile, da scienziato qual era, attraverso una formula.

Purtroppo non riuscì a portare a termine una ricerca esaustiva, ma lasciò molte tracce e appunti che ancora oggi sono oggetto di studi, indagini e scoperte. Sono molti gli scienziati che, camminando nel solco tracciato da Einstein con fervore e tenacia, come il dottor Jeffery A. Martin o il dottor Robert Lanza, hanno raggiunto mirabili risultati.

Le loro indagini prendono l’avvio dal postulato secondo cui l’Universo ha un inizio e una fine, ovvero è possibile indicare con un evento specifico la sua nascita (Alfa) e un altro evento che prima o poi decreterà la sua morte (Omega). Ma per quale motivo l’Universo deve avere un inizio e una fine? Quale sarebbe il problema se l’Universo fosse eterno?

Potrebbe esistere un Universo di durata infinita, senza un inizio e una fine, un Universo che è sempre esistito e sempre esisterà? Accogliere questa possibilità pone un dilemma teologico che fa vacillare i pilastri su cui si fondano le leggi della Chiesa da più di duemila anni. C’è stata o no la Creazione?

La Bibbia ha sempre sostenuto che esiste un inizio e una fine, una Genesi e un’Apocalisse, un’Alfa e un’Omega. In seguito alle scoperte di Copernico, Galileo e Newton, gli scienziati, invece, hanno cominciato a sostenere che l’ipotesi di un Universo eterno fosse più plausibile.

Mettere in dubbio la Creazione significa mettere in dubbio l’esistenza di un Creatore, pertanto, eliminando la Creazione, si elimina anche la necessità di un Creatore. In tal caso possiamo identificare in una Increata Forza Immanente (IFI) l’energia che sostiene l’Universo. Il problema dell’Alfa e dell’Omega così non esisterebbe più e la scienza avrebbe la strada spianata per confutare l’Antico Testamento, dove sta scritto che Dio creò l’Universo in un’esplosione primordiale di luce.

 

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Una scoperta sorprendente

Arriviamo quindi al Diciannovesimo secolo, quando il fisico e matematico tedesco Rudolf Julius Emanuel Clausius si dedicò allo studio della termodinamica. Era il 1864 quando Clausius utilizzò per la prima volta il concetto di "entropia". Che cos’è l’entropia? Una definizione molto semplificata, in questo contesto, potrebbe essere questa: l’entropia è l’espressione del "costo energetico" di una trasformazione.

Lo scienziato aveva già in precedenza formulato la legge della conservazione dell’energia, affermando che l’energia dell’Universo è una eterna costante e che non può mai essere creata né distrutta, ma soltanto trasformata. Formulando il concetto di entropia, che comprende tutte le forme di energia e di temperatura, riteneva che anch'essa si sarebbe dimostrata un’eterna costante.

Se l’Universo fosse eterno, anche l’energia e l’entropia avrebbero dovuto esserlo. Ma quando cominciò a fare esperimenti, scoprì con stupore che la dispersione del calore di una macchina superava sempre la trasformazione del calore in lavoro, provocando malfunzionamenti alla macchina stessa.

Rifiutando di accettare questi risultati, si mise a misurarla anche in natura, compreso l’essere umano, e concluse che il fenomeno era presente ovunque. Dopo diversi tentativi, dovette arrendersi all’evidenza. L’entropia non era una costante, ma era sempre in aumento. Sempre.

Clausius formulò così la seconda legge della termodinamica. Si comprese pertanto che l’entropia tende ad aumentare nel tempo fino a raggiungere un equilibrio. La conseguenza empirica di questa straordinaria scoperta è che le cose invecchiano e che quindi ci sarà un punto, nel futuro, in cui moriranno.

Questo accadrà quando l’entropia raggiungerà il proprio punto massimo, nel momento in cui la temperatura si diffonderà uniformemente nell’Universo. Inoltre scoprirà che esiste una freccia del tempo, ossia che l’Universo può
essere determinato e tutta la sua storia, già esistente, parte dal passato e va verso il futuro.

Quindi tutto evolve con il tempo e tale processo è irreversibile. Infine, se tutto invecchia, è perché c’è stato un momento in cui era nuovo: questo era il momento della nascita dell’Universo. Quindi l’Universo non è eterno come non lo siamo noi.

L’Universo si evolve verso uno stato di equilibrio termodinamico nel quale cesseranno di esistere zone fredde e calde per arrivare a una temperatura costante che implicherà la totale entropia ovvero il massimo disordine. Quindi l’Universo parte dall’ordine totale per terminare nel caos assoluto.

 

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Le indagini sull’Universo

Fu così che prese il via la ricerca sulla vita dell’Universo e quindi, di riflesso, sulla nostra. L’argomento era così appassionante che tutti si sentivano chiamati in causa, non solo gli scienziati. L’astronomo dilettante tedesco Heinrich
Wilhelm Olbers nel 1826 si era posto la seguente domanda, che divenne nota come "paradosso di Olbers": "Come è possibile che il cielo notturno sia buio nonostante l’infinità di stelle presenti nell’Universo?"

Se l’Universo fosse infinito ed eterno, allora non potrebbe esistere l’oscurità della sera, visto che il cielo sarebbe obbligatoriamente inondato dalla luce proveniente da un numero infinito di stelle. Ma l’oscurità esiste, ed è qui che sta il paradosso.

Questo paradosso si può risolvere attribuendo un’età all’Universo, dato che solo così si può postulare che la Terra riceve la luce che ha avuto il tempo di viaggiare nella sua direzione a partire dalla nascita dell’Universo. Vi è un poi un altro quesito che ha appassionato gli scienziati in merito all’Universo: se l’Universo è eterno, ciò implica che è anche statico?

Già Isaac Newton nel 1687 aveva compreso che la sua legge di gravità, che stabilisce che tutta la materia attrae materia, avrebbe avuto come ultima conseguenza l’aggregazione dell’intero Universo in una grande massa. La materia attrae materia e tuttavia, guardando il cielo, pare che ciò non accada: la materia sembra distribuita. Come si spiega questo fenomeno?

Fu l’astronomo statunitense Edwin Hubble sul finire degli anni Venti del secolo scorso a rispondere alla domanda, confermando l’esistenza di altre galassie oltre alla Via Lattea. Hubble, dopo aver misurato lo spettro di luce da loro emesso, scoprì che si stavano allontanando da noi. Inoltre, comprese che quanto più lontano si trovava una galassia tanto più rapidamente si allontanava.

L’Universo, dunque, si sta espandendo e tale scoperta portò all’intuizione del fisico, astronomo e sacerdote belga Georges Lemaître che propose una nuova idea: il Big Bang, la grande esplosione. Il Big Bang spiegava tutto: si accordava con la seconda legge della termodinamica, risolveva il paradosso di Olbers e dava ragione dell’attuale conformazione dell’Universo.

 

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Il Big Bang e la sua misteriosa eco

Ma a questo punto si affaccia una ulteriore domanda: che cosa c’era prima del Big Bang? Per alcuni non c’era un "prima", perché non esisteva il tempo. Il tempo è cominciato con lo spazio, che a sua volta è cominciato con il Big Bang.

Si ritiene che l’Universo fosse compresso in un punto infinitamente piccolo di energia e che, all’improvviso, ci sia stata una sorta di esplosione in seguito alla quale si sono originate la materia, lo spazio, il tempo e le leggi dell’Universo. Ma che cosa ha provocato questa esplosione?

A quanto pare, è l’unico evento privo di causa. Il processo causa-effetto, che implica una cronologia, in questo caso è inapplicabile: infatti, se il tempo non esisteva ancora in quel punto infinitamente piccolo, come avrebbe potuto un fatto generarne un altro?

Non c’era né un prima né un dopo. Quindi non c’erano cause né effetti, perché nessun fatto poteva precederne un altro. Questa spiegazione però non soddisfaceva l’intera comunità scientifica. Essendoci una grande espansione iniziale, gli scienziati avevano previsto l’esistenza di una specie di eco di questa esplosione primordiale dell’Universo.

L’esistenza di questa eco è stata ipotizzata nel 1948 e si è calcolato che avrebbe dovuto avere una temperatura intorno ai cinque gradi Kelvin, ovvero cinque gradi sopra lo zero assoluto. Ma dove si trovava questa eco? Nessuno riusciva a individuarla.

Fino a quando, nel 1965, due astrofisici americani – Arno Penzias e Robert Woodrow Wilson – costruirono un'antenna con cui volevano compiere esperimenti per la comunicazione satellitare e si imbatterono in un irritante rumore di fondo, un sibilo simile a quello provocato dalla pentola a vapore.

Il rumore sembrava provenire da ogni parte del cielo. Per quanto direzionassero l’antenna verso una stella o una galassia, il suono persisteva. Trascorsero un anno a cercare di eliminarlo. Vagliarono ogni possibilità e, non riuscendo a trovarne la causa, decisero di contattare i colleghi dell’Università di Princeton. La risposta non tardò ad arrivare: era proprio l’eco del Big Bang.

Il "rumore" che i due astrofisici avevano captato era la luce più antica che è arrivata fino a noi, una luce che il tempo aveva trasformato in microonde. Si chiama "radiazione cosmica di fondo" e le misurazioni di temperatura hanno rilevato che essa si trova a tre gradi Kelvin, molto vicino alla previsione fatta nel 1948.

Il Big Bang si è verificato da qualche parte nel cosmo tra i dieci e venti milioni di anni fa. L’energia era concentrata in un punto e si è espansa in una monumentale esplosione. Ed è qui che entra in gioco la famosa formula E=mC2
di Albert Einstein, che mette in relazione l’energia di un corpo con la sua massa.

In un primo momento è apparso lo spazio e subito dopo si è espanso. Ma poiché lo spazio è collegato al tempo, la comparsa dello spazio ha implicato automaticamente la comparsa del tempo, che, allo stesso modo, ha cominciato a espandersi. In questo primo momento è nata una superforza e sono apparse tutte le leggi.

 

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La temperatura era incredibile, alcune decine di migliaia di milioni di gradi. La superforza si è separata in forze differenti. Hanno preso il via le prime reazioni nucleari, che hanno creato i nuclei degli elementi più leggeri, come l’idrogeno e l’elio, nonché tracce di litio.

Gli atomi che compongono il nostro corpo risalgono a quel momento. La materia esistente si è formata a partire dall’esplosione di energia del Big Bang.

Questa tesi ci porta ad avanzare un’affascinante ipotesi: se quasi tutti gli atomi che compongono il nostro corpo sono già passati da diverse stelle e hanno occupato migliaia di organismi differenti prima di arrivare a noi, potrebbe significare che ognuno di noi possiede almeno un milione di atomi appartenuti a una persona vissuta tempo fa.

Pensate: ognuno di noi è composto da atomi che potrebbero essere appartenuti ad Abramo, Mosè, Gesù Cristo, Buddha.

Questa superforza generatrice di tutto, per Einstein, derivava dalla "presenza di un superiore potere razionale". Per descrivere l’impotenza e allo stesso tempo lo stupore della mente umana di fronte a questo potere superiore, lo scienziato ideò questa similitudine, che viene riportata nel volume di Walter Isaacson "Einstein. La sua vita, il suo universo":

"Noi siamo nella situazione di un bambino che è entrato in una immensa biblioteca piena di libri scritti in molte lingue. Il bambino sa che qualcuno deve aver scritto quei libri, ma non sa come e non conosce le lingue in cui sono stati scritti. Sospetta però che vi sia un misterioso ordine nella disposizione dei volumi, ma non sa quale sia. Questa mi sembra la situazione dell’essere umano, anche il più intelligente, di fronte a Dio."

Come abbiamo detto all’inizio del capitolo, Einstein dedicò i suoi ultimi anni di vita a ricercare "la formula di Dio". E da quel lavoro incompiuto muove i passi questo libro che vuole rintracciare le prove dell’esistenza della vita dopo la vita, poiché Dio significa appartenere al Tutto, all’Uno, alla continuità della vita e alla sua continua trasformazione.

Perché nulla si distrugge e il nostro percorso non potrà terminare mai. Il mio contributo sarà un mattoncino di un edificio così grande che secoli e secoli di indagine non basteranno a erigerlo. Ma come dicevo prima, sono molti gli scienziati impegnati in questa ricerca in diverse parti del mondo. Il traguardo è così ambizioso che tutti vogliono partecipare e anche alcuni governi si sono impegnati fornendo sostegno alla ricerca.

Ho avuto modo di conoscere persone speciali dedite a questo affascinante progetto. Una di queste è senz’altro Tania Re, laureata in Psicologia clinica e di comunità e psicoterapeuta. Specializzata in Antropologia della salute
ed Etnomedicina, è terapista complementare in Svizzera.

 

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È membro fondatore delle cattedre UNESCO Antropologia della salute, Biosfera e sistemi di cura dell’Università di Genova e di Plantae Medicinales Mediterraneae dell’Università di Salerno. Attualmente ricercatrice presso il Centro regionale Toscana per la Fitoterapia (CERFIT), insegna Etnomedicina e Antropologia medica in corsi universitari italiani ed europei.

Tania fa parte di un esclusivo gruppo di ricerca mondiale sulle evidenze dell’esistenza della vita dopo la vita e della sua forma di espansione. La ricerca è volta a individuare quali potrebbero essere i meccanismi di contatto tra le due realtà.

Il progetto è finanziato dal governo degli Stati Uniti e dalle organizzazioni mondiali umanitarie e infine da aziende private nel campo delle energie. Le vie sono tante e tutte portano allo stesso mare.

C’è chi sta sperimentando la potenza delle piante maestre che contengono sostanze psicoattive in grado di far accedere a stati di coscienza che collegano l’essere umano con l’aldilà, e chi sta progettando macchine tecnologiche ultrasensibili per captare ogni tipo di energia, anche quella più veloce della luce, e fotografarla. E noi, quando passeremo nell’altra dimensione, saremo pura energia che si sposta al doppio della velocità della luce.

La volontà di questa superforza è quella di creare elementi che facciano parte di lei stessa. Non può tuttavia dominare in forma assoluta la legge cosmica, perché lei pone e non impone.

Benvenuti nel mondo dell’impossibile, che potrebbe ben presto diventare possibile. In fondo duemila anni della Terra sono paragonabili a sette giorni della nostra vita. Se, per ipotesi, io andassi indietro nel tempo e per dimostrare
che vengo dal futuro mostrassi il mio smartphone a Giulio Cesare, lui mi crederebbe o mi getterebbe in pasto ai leoni?

E allora perché io non dovrei credere a qualcuno che, giungendo dal 4000 d.C., mi raccontasse che aldilà e aldiquà sono entrati in contatto? Oppure che l’essere umano è capace di smaterializzarsi e rimaterializzarsi in un altro posto?

Non esistono le invenzioni, ma esistono le scoperte.

Data di Pubblicazione: 15 febbraio 2022

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