Il konjac si presenta come un'alternativa perfetta alla pasta e al riso. Quali sono i suoi benefici? Scoprilo, leggendo l'anteprima del libro di Pierre Dukan.
Alla Scoperta del Konjac, il primo Fight Food
Quella sera in un ristorante di Tokyo
Il konjac ha bussato alla mia porta una sera del novembre 2005 a Tokyo.
Ero a cena con il mio editore giapponese e, tra i piatti che mi fece assaggiare, c'era una pasta dal gusto e dalla consistenza insoliti. Fu lui a rivelarmi che era composta da un alimento mai sentito prima: il konjac, appunto.
Un anno dopo, a Parigi, durante una visita, me ne riparlò uno dei miei pazienti, botanico di professione. Si trattava di una bella pianta frondosa, mi spiegò, che viveva utilizzando le riserve di un grosso tubero sotterraneo.
Una volta esaurite queste riserve, la pianta si seccava e moriva. Ma la storia non finiva lì, perché i giapponesi usavano dissotterrare il tubero per ricavarne una farina e con essa realizzavano una pasta, nonché un'alternativa al riso.
Il paziente concluse la sua lezione dicendo che tali prodotti derivati erano del tutto privi di calorie.
Io, però, ricordavo un alimento assai gustoso... e credo di saperne qualcosa, visto che sono un grande amante della pasta.
Immaginate gli orizzonti che si dischiusero agli occhi di un nutrizionista impegnato nella lotta al sovrappeso quando scoprì che un intero gruppo di cibi prediletti dai pazienti, finora escluso dalla fase di dimagrimento, diventava d'un tratto accessibile, anzi, consigliabile senza limitazioni!
La ricerca sul konjac
In preda all'entusiasmo, diedi inizio alle mie indagini e alle mie riflessioni strategiche sul konjac. Ero tanto più ricettivo sapendo che, anni prima, un incontro simile mi aveva fatto scoprire la crusca d'avena, elemento chiave del successo del mio metodo.
Ricordai una conversazione con il produttore che me la forniva: in passato l'aveva sempre usata come combustibile nella lavorazione dei fiocchi d'avena. «Oggi, invece», mi aveva detto, «si vendono molti meno fiocchi, perché il consumatore diffida degli zuccheri raffinati, e la domanda di crusca è salita alle stelle!»
La costante della mia carriera di nutrizionista, la sua spina dorsale, è stata la lotta incessante ai glucidi.
Perché? Perché viviamo in un mondo in cui l'alimentazione proviene al 75% dall'industria e ha perso tutti i riferimenti, sia tradizionali sia biologici.
Se in pochi decenni abbiamo generato due miliardi di persone sovrappeso, è solo perché si è imposta una visione abilmente pilotata: quella dell'uomo onnivoro senza preferenze alimentari geneticamente programmate, che può nutrirsi di tutto e accogliere perciò quel che l'industria alimentare immette sul mercato.
Nel corso dei miei studi di medicina, mi sono appassionato alla storia dell'uomo preistorico. Ho avuto il piacere di seguire le conferenze degli ultimi giganti della paleontologia e dell'etnologia, André Leroi-Gourhan e Claude Lévi-Strauss.
Come si alimentava l'uomo preistorico?
La nostra specie esiste da 200.000 anni e ha trascorso i primi 194.000 immersa nella natura. In questo lunghissimo periodo, stando ai paleontologi, radici e ortaggi a parte, i glucidi rappresentavano una minima quota della nostra alimentazione.
Pochi frutti di stagione, pochissimi cereali selvatici strappati nel corso delle spedizioni di raccolta, molte verdure povere di glucidi e... nient'altro: niente pane, niente farinacei, niente zucchero e, naturalmente, nessun prodotto sottoposto a trasformazione industriale.
194.000 anni durante i quali è nata e si è consolidata la nostra programmazione genetica alimentare, dell'uomo di Neanderthal. Ho fatto di questa nozione che differisce di poco da quella il mio punto di riferimento, in un mondo in cui chiunque abbia una pagina Facebook si arroga il diritto di stabilire ciò che l'essere umano debba o non debba mangiare.
Una lunga pratica di medicina e nutrizione, una riflessione costante e un'esperienza tra le più vaste mi hanno convinto che sovrappeso, obesità e diabete siano dovuti in larga parte all'invasione dei glucidi e che i glucidi più pericolosi siano quelli ultratrasformati: gli zuccheri raffinati, impoveriti dalla lavorazione industriale strumenti di una morte lenta.
Questi glucidi trasformati si dividono in due grandi gruppi: cereali e amidacei. Io ho reso popolare la crusca d'avena come alternativa ai cereali, con gallette che potevano sostituire il pane, poi con biscotti, barrette, cereali per la prima colazione privi di farina bianca (oggi tra gli zuccheri ad assorbimento più rapido).
Ed ecco, in seguito, la scoperta del konjac, l'alimento che ha rappresentato per me la speranza di poter sostituire l'altra grande fonte di glucidi: l'immensa categoria delle paste alimentari e del riso, saldamente aggrappata al podio dei cibi più ingrassanti.
Una premonizione... aspettando l'ascensore
Il secondo incontro che mi ha fatto compiere un passo ulteriore verso il piano proposto in questo libro si è svolto in un'atmosfera surreale.
Di solito non prendo l'ascensore, perché considero le scale una «palestra» gratuita a mia disposizione, ma quel giorno ero carico di pesi, così aspettai l'ascensore al pianterreno. La porta si aprì e vidi uscire un collega, un chirurgo mio amico che mi rivolse un gran sorriso esclamando: «Pierre, sei un genio!»
Di fronte alla mia espressione esterrefatta, rispose con un gesto, infilando la mano tra la vita e la cintura dei pantaloni.
«Hai seguito la mia dieta?»
«No, il konjac!»
E mi spiegò che, stanco di vedersi la pancia debordare dalla cintura, aveva deciso di seguire la mia dieta, sì, ma soprattutto il consiglio, in caso di fame estrema, di ricorrere a piatti a base di konjac.
«Pierre, ho cominciato a dimagrire senza sforzo! Adoro i tuoi shirataki e mia moglie è diventata un'esperta, mi prepara delle prelibatezze! Alla fine, ho quasi smesso la dieta e continuo a dimagrire solo grazie alla tua pasta e al tuo riso di konjac. Ormai fanno parte delle nostre abitudini, li offriamo persino agli amici.»
La creazione di una nuova dieta e i mille benefici del konjac
Quel giorno ho preso la decisione di creare una nuova dieta, usando le linee essenziali del mio metodo, ma inserendo il konjac per incrementarne gli effetti. In tal modo, il nuovo regime avrebbe apportato al primo un surplus di efficacia e la libertà di consumare gli alimenti più rimpianti dalle persone sovrappeso.
Ormai non consiglio più il konjac come semplice ausilio nell'applicazione della dieta, ma come attore a pieno titolo di questa inedita doppietta.
Il nuovo regime alimentare è ancora più rapido, più efficace e, paradossalmente, più facile, perché permette di aggiungere alimenti gratificanti e sazianti.
Il tutto proprio grazie al konjac. Quanti conoscono il mio metodo forte ritroveranno qui la sua struttura e lo svolgimento in fasi, ma l'aggiunta del konjac impedisce ormai di respingere la dieta con la scusa che impone «uno sforzo sovrumano».
Così la fase di attacco può svolgersi ora all'insegna dell'entusiasmo, in quanto, alla quantità di chili persi, aggiunge il potente senso di sazietà e la ricchezza di gusto delle ricette a base del Fight Food.
La lunga fase di crociera, poi, grazie alla forza propulsiva di questo alimento, accelera, attenuando l'insorgere o il perdurare di momenti di stasi, che potrebbero erodere la più ferrea motivazione.
Ma è dopo il raggiungimento dell'obiettivo che il konjac apporta il vantaggio più grande: il mantenimento del peso smaltito. I due o tre sgarri che potrebbero rappresentare un'impasse destabilizzante si neutralizzano con un pasto o due di proteine pure associate al konjac.
In sintesi, questo cibo accelera i risultati e smorza la frustrazione, ma soprattutto facilita il mantenimento dei chili persi, durante e dopo la dieta.
Che cos'è davvero il konjac?
Ѐ una pianta asiatica, che si presenta in natura con un grosso tubero sotterraneo, simile a una patata o a una barbabietola e dotato delle stesse caratteristiche nutrizionali, della stessa ricchezza di glucidi.
Ha, però, una particolarità: le riserve energetiche destinate all'alimentazione della pianta non si riformano più durante la sua esistenza. La pianta germoglia, si ramifica, cresce e fiorisce, nutrendosi delle riserve del tubero, fino a esaurirle completamente. E, giunta al massimo sviluppo, muore.
Se chiudessimo qui il racconto, faremmo i conti senza il gusto nipponico per le consistenze morbide e gommose, come quella del pesce crudo o dei funghi shiitake: in virtù di tale predilezione, infatti, i giapponesi consumano da secoli il tubero, che una volta svuotato delle sue riserve energetiche si rammollisce.
Da una ventina d'anni, poi, per influsso della cultura occidentale, ne ricavano alcuni derivati. Lo dissotterrano, lo lavano, lo macinano riducendolo in farina e, con questa, realizzano pasta di ogni formato e perle di riso.
Ancora una volta, la storia potrebbe concludersi con l'uso culinario di una radice, ma, nel momento in cui l'ho avuta di fronte, ho sentito di aver scoperto un cibo provvidenziale.
Più ancora che un semplice alimento, per quanto virtuoso, il konjac è l'unica forma attualmente conosciuta di sostituzione per la pasta e il riso: le due famiglie alimentari maggiormente responsabili di sovrappeso e diabete.
Data di Pubblicazione: 7 aprile 2023