SALUTE E BENESSERE

Scoprire le cause della patologia grazie all'osteopatia

osteopatia: le cause della patologia

Scopri come funziona il nostro incredibile organismo senza trascurare la visione di insieme leggendo l'anterima del libro di Matteo Facchin.

Piacevoli scoperte

Il mio processo di conoscenza e scoperta è iniziato dallo studio del corpo umano. Nasco come massofisioterapista e attraverso questo percorso di studi ho conosciuto prevalentemente l’anatomia e la fisiologia dell’organismo. Ho imparato come siamo fatti e come funzioniamo: ossa, muscoli, articolazioni, nervi, organi, visceri, e via dicendo. Inoltre, ho appreso numerose tecniche di massaggio e riabilitazione ortopediche per le differenti problematiche fisiche, per esempio i metodi per la riabilitazione dell’articolazione del ginocchio, della spalla, dell’anca, eccetera. Grazie a questa formazione le mie mani hanno potuto “fare chilometri” con i pazienti e, si sa, per un lavoro prevalentemente manuale il detto «la pratica vale più della grammatica» è una regola aurea.

Grazie a questa intensa pratica ho avuto la possibilità di vedere moltissimi casi clinici. Mi sono ben presto reso conto anche dei limiti delle mie conoscenze. Avevo più interrogativi che certezze. Non solo volevo sapere di più sul funzionamento dell’organismo, ne avevo anche un estremo bisogno professionale.

La formazione ricevuta al corso mi ha insegnato a frammentare il corpo umano. Trattavo le diverse problematiche dei pazienti sempre e solo con uno sguardo focalizzato. Avendo appreso in questo percorso di studi una visione molto ristretta e specializzata dell’organismo vedevo, per esempio, un problema al polso solo come un problema del polso. Durante il trattamento mi concentravo esclusivamente sul polso e cercavo di vederlo sempre più con la lente di ingrandimento convinto che, andando sempre più nel piccolo, nei dettagli e nello specifico, potessi trovare la soluzione al problema. Trattavo quindi esclusivamente solo il polso e spesso il problema non si risolveva o si risolveva, ovviamente, solo in modo temporaneo.

Per questi risultati terapeutici scarsi o provvisori sentivo l’estremo bisogno di approfondire, avevo necessità di capire di più sull’organismo umano e le sue infinite relazioni.

Inoltre c’erano problematiche e patologie che mi facevano scervellare e altre ancora che mi facevano letteralmente impazzire.

Due esempi in particolare: l’epicondilite e la scoliosi.

La prima è definita anche gomito del tennista e molto semplicemente si tratta di un’infiammazione del gomito. Questa mi metteva in seria difficoltà perché aveva molti aspetti misteriosi. Innanzitutto, a differenza di molte altre infiammazioni, risultava particolarmente refrattaria ai trattamenti e la probabilità di recidiva era molto alta. Il suo trattamento risultava difficoltoso e spesso i pazienti ritornavano con lo stesso identico problema. Inoltre, un altro aspetto particolare di questa problematica era che molti pazienti affetti da epicondilite non erano sportivi, non giocavano a tennis e nemmeno svolgevano mansioni particolarmente affaticanti per l’articolazione del gomito.

Quindi, perché l’epicondilite colpiva questi soggetti?

Anche cercando in differenti testi di medicina e confrontandomi con alcuni colleghi gli interrogativi rimanevano. Mi trovavo spesso di fronte a spiegazioni nebulose, poco convincenti in merito all’epicondilite e alcune di queste erano oltremodo “stiracchiate”. Fra le righe di questi testi emergeva, a mio modo di vedere, un tentativo di provare a dare delle spiegazioni più che una reale conoscenza dell’insorgenza dell’epicondilite.

L’altra bestia nera, come ho detto, era la scoliosi.

Mi chiedevo come mai, a un certo punto della vita, fra le varie opzioni a sua disposizione, l’organismo decidesse di sacrificare la colonna vertebrale e deformarla in modo evidente.

Per alcuni tipi di scoliosi l’origine è decisamente nota ma molte altre forme sono classificate come idiopatiche o ad eziopatogenesi sconosciuta.

“Eziopatogenesi sconosciuta” è un modo elegante e forbito per dire che non si conosce la causa di una problematica e nemmeno il suo processo d’insorgenza.

E “idiopatico” è un altro termine altisonante, utilizzato in medicina, che mi manda su tutte le furie. In poche parole è come dire che il problema ha origine in se stesso.

Ho sempre odiato non poter conoscere la causa della manifestazione di un fenomeno e mi rifiuto di pensare che un organismo così incredibile, come quello umano, in possesso di sbalorditive capacità di adattamento, possa sviluppare patologie o differenti problematiche solamente per puro caso.

“Idiopatico”... Il problema ha origine in se stesso... Dunque un’opera ingegneristica di una sofisticazione pazzesca, con enormi capacità di autoadattamento, come quella dell’organismo umano, a un certo punto decide sviluppare casualmente una problematica o una patologia e per di più quest’ultima ha origine in se stessa?

Io non ci credo.

Posso accettare il fatto che l’origine del problema sia ancora sconosciuta, che debba ancora essere trovata, ma prendere per buono il fatto che la scoliosi abbia origine in se stessa, affermare e utilizzare questo come definizione medico-scientifica, no, non

lo accetto.

La specializzazione porta alla comprensione?

Viviamo in un’epoca in cui la specializzazione è d’obbligo. Ci sono corsi di specializzazione ovunque. Ci sono corsi di specializzazione per specialisti. Ci sono corsi di specializzazione per specialisti specializzati.

Ma in campo medico è proprio vero che dobbiamo suddividere il corpo in una miriade di pezzetti, sempre più piccoli, per comprenderne il funzionamento e per scoprire la causa di un problema?

Specializzandoci sempre di più rischiamo di perdere la visione d’insieme?

Potrebbe essere necessario, per la medicina, aprire i suoi orizzonti concentrandosi su una visione globale?

La risposta che credo più corretta è che l’approccio medico dovrebbe concentrarsi su entrambi gli aspetti.

Ovvero, grazie al grande sforzo scientifico e alla mole di ricerca in campo medico siamo oggi in grado di accedere a un livello tecnologico senza precedenti. Grazie alla chirurgia e alla microchirurgia si possono fare interventi salvavita fino a poco tempo fa impensabili e le diagnosi mediche sono di una precisione pressoché assoluta.

Dall’altra parte, il guardare sempre più con la lente d’ingrandimento non deve farci dimenticare l’insieme e tutto il sistema di cui fa parte anche quel particolare che stiamo osservando.

l’unione fa la forza

Facciamo un esempio pratico per poter comprendere quale dovrebbe essere, a mio parere, la modalità di approccio al dolore.

Paragoniamo l’insorgenza di un dolore fisico alla comparsa in casa nostra di una vistosa macchia d’umidità sul muro.

Il tentativo di spegnere immediatamente il dolore fisico attraverso qualche rimedio ma senza comprenderne l’origine equivale a dare una spennellata di bianco sopra la macchia, nella speranza che non si ripresenti più.

Penso che siate d’accordo con me nell’affermare che l’approccio corretto alla macchia dovrebbe essere analizzare la situazione con cura e agire sulla causa che l’ha creata e non solo sull’effetto che vediamo sul muro.

Quindi, osservando bene la macchia ci rendiamo conto che non si tratta di una macchia omogenea, ma per metà è di un colore verdognolo e per l’altra metà è di colore rossastro. Chiamiamo quindi un tecnico specializzato in muratura. Dopo un’attenta analisi quest’ultimo afferma, con estrema sicurezza, che la macchia proviene precisamente dal secondo strato interposto tra il muro in mattoni e lo strato cementizio esterno di rasatura. Ci suggerisce quindi, per capire l’origine esatta dell’andamento bicolore della macchia, di rivolgerci a un tecnico specializzato in mineralogia edile (chiaramente è una professione che mi sono inventato!). Questo secondo tecnico scopre, attraverso recentissimi studi scientifici, che la parte verde della macchia è data da una proliferazione batterica presente nella componente sabbiosa dei materiali utilizzati. Mentre la componente rossastra è legata a un aspetto più sottile. Ossia, i campi magnetici prodotti dai ferri, che costituiscono l’armatura del calcestruzzo, hanno creato un effetto particolare che ossida altri componenti della muratura, creando quella tonalità rossastra della macchia.

Si decide quindi di intervenire su due fronti. Da una parte si debella l’azione batterica per combattere la parte verde della macchia e dall’altra si neutralizzano i campi magnetici, grazie all’utilizzo delle più recenti risorse tecnologiche, per eliminare la componente rossastra.

Risolto il problema si tinteggia nuovamente il muro che torna bianco come in origine. Tutti sono soddisfatti, il risultato è notevole, grazie all’innovazione e alla ricerca scientifica.

Dopo qualche tempo, però, nello stesso punto del muro ricompare un alone. La macchia non produce più, come in passato, le alterazioni di colore, a riprova del fatto che gli interventi precedenti sono stati efficaci. Ma il problema non sembra essere del tutto risolto.

A questo punto, dopo un breve confronto, si decide di consultare un altro professionista, meno specializzato dei primi due ma con uno sguardo più ampio. Grazie a quest’ultimo si scopre che a generare la macchia è un’infiltrazione molto particolare presente nel tetto.

Finalmente il caso è risolto. La casa ora è perfetta. Infatti, grazie all’intervento dei primi due tecnici specializzati, tutta la casa è dotata di un doppio sistema antimuffa e attraverso lo sguardo globale del terzo tecnico si è potuto agire su tutto il contesto dell’abitazione per prevenire alla fonte tutti gli eventuali problemi d’infiltrazione.

Come per l’esempio appena visto, sono convinto che l’approccio alla persona in ambito medico dovrebbe essere orientato allo stesso modo. Da una parte, grazie alla scienza e allo sviluppo tecnologico, occorre proseguire nella comprensione sempre più profonda di come funziona il nostro incredibile organismo a livello cellulare, molecolare, atomico. Dall’altra parte occorre avere uno sguardo più aperto, tenendo presente tutto il contesto di vita nel quale la persona è inserita. A parer mio siamo chiamati a mantenere uno sguardo bidirezionale. Guardare quindi con un occhio in profondità, sempre più nel dettaglio e contemporaneamente, con l’altro occhio mantenere l’attenzione su tutto ciò che accade intorno alla persona, che la coinvolge direttamente e che potrebbe influire sul suo malessere o sulla sua problematica: contesto familiare, lavorativo, sociale, eccetera.

Osteopatia, la risposta che cercavo

Per il mio bisogno di crescere professionalmente e per la necessità di trovare risposte alle mie numerosissime domande ho inizialmente pensato di iscrivermi a tutti i possibili corsi per conoscere ogni approccio medico, sia orientale sia occidentale.

Dopo un’attenta ricerca mi sono iscritto al corso di osteopatia. Qui ho capito di aver imboccato la strada giusta.

Il percorso di formazione osteopatico prevede uno studio quasi maniacale dell’anatomia e della fisiologia dell’organismo. Ma quello che è ancora più affascinante è la capacità di sintesi e visione d’insieme che si apprende. Si insegnano tutti i collegamenti esistenti, siano essi fasciali o neurologici del corpo con le differenti strutture dell’organismo, ovvero, per usare un linguaggio informatico, sia i collegamenti hardware che software.

Studiando i principi osteopatici è stato sorprendente scoprire come per trattare, per esempio, il polso occorra anche tenere in considerazione il fatto che sia collegato e influenzato dall’avambraccio. Che a sua volta l’avambraccio è condizionato dal braccio. Che il braccio è connesso e legato al movimento della spalla, che è influenzata dal torace. Il torace, a sua volta, contiene organi e visceri che sono collegati fra loro e con il resto del corpo tramite legamenti e fasce. Il torace è connesso e influenzato da una gran parte dell’organismo. E l’organismo fa parte di una persona che vive una vita e agisce in un contesto familiare, lavorativo e sociale.

Penso che avere chiaro tutto questo sia di grande importanza nell’approccio alla persona.

Siamo un tutt’uno.

E siamo un tutt’uno che vive una vita.

Attraverso l’approccio osteopatico finalmente le scoliosi di tipo idiopatico hanno trovato una loro ragion d’essere. Finalmente ne ho scoperto l’origine, ho trovato la risposta a questo annoso dilemma! E lo stesso vale per le epicondiliti, che non hanno più segreti. Con questo non significa che entrambe le patologie possano essere trattate con successo in ambito osteopatico ma perlomeno trovano una loro ragion d’essere, potendo riconoscere la causa. E sarete d’accordo con me che un conto è dire che un problema non ha una causa, un altro è conoscere la causa ma non aver modo di intervenire.

Data di Pubblicazione: 10 marzo 2021

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