Anteprima del libro "Resuscitare" di Igor Sibaldi
Il Sistema-Tempo
Se la si intende come una teoria filosofica e come un'arte da praticare, la resurrezione è prima di tutto il più forte attacco mai scagliato contro il sistema astratto che chiamiamo "tempo", contro la sua irreversibilità. E di conseguenza, proprio sul sistema-tempo si fondano le più forti obiezioni che alla resurrezione si possono porre.
Quelle obiezioni sono tanto forti, e perciò scoraggianti, perché il tempo è, tra i sistemi astratti, quello che ha avuto le conseguenze più concrete (più della matematica, più del denaro): dall'irreversibilità del tempo dipende infatti tutto ciò che sappiamo di noi stessi e del mondo - anche della matematica, anche del denaro.
D'altra parte, nessun sistema ha basi altrettanto malferme: del tempo, noi capiamo talmente poco che le lingue occidentali non sono mai state in grado di produrre verbi e aggettivi per descrivere precisamente in che cosa consista. In tutte le lingue occidentali, la parola "tempo" viene dal greco tèmnein, "suddividere": il tempo è, propriamente, una suddivisione in minuti, giorni, mesi, anni. Di questa suddivisione, sì, sappiamo tutto: ma non di che cosa sia suddiviso.
Com'è fatto quel qualcosa che quando gli applichiamo una suddivisione diventa il tempo? Diciamo che è qualcosa che scorre, ma il verbo "scorrere" si applica ai liquidi, e qui non si tratta di un liquido. Diciamo che è qualcosa che passa, cioè che si muove in una direzione, ma non sapremmo proprio dire da dove a dove si muova. Oppure ne parliamo come di una superficie in cui alcuni momenti sono "vicini" e altri "lontani", ma nessuno ha mai chiarito quale sia l'estensione di questa presunta superficie, così da dare un senso generale alle sue vicinanze e lontananze.
Che cos'è il tempo?
Se sapessimo cos'è quel qualcosa di cui il tempo è la suddivisione, riusciremmo a misurarlo direttamente, così come misuriamo i liquidi, i volumi, le distanze. Invece, nessuno strumento ci ha mai permesso di compiere queste misurazioni dirette. La clessidra misura granelli di sabbia, la meridiana e le lancette dell'orologio i gradi di una circonferenza, l'orologio digitale una serie di impulsi elettrici. Misuriamo solo alcuni modi di rappresentarci la suddivisione di quel qualcosa - così come Seth poteva contare i pezzi in cui aveva suddiviso Osiride morto. E in qualche modo anche quel qualcosa muore, sparisce per noi, non appena lo misuriamo: ogni volta che ci chiediamo che ora è, ciò di cui il tempo è la suddivisione ci sfugge, non ci resta che la suddivisione stessa, l'orario, come se in quello soltanto vivessimo.
E se quel qualcosa non scorresse? Se non passasse continuamente, ma ogni tanto rimanesse fermo? Se non fosse simile a una superficie misurabile, su cui possono esserci solo cose più avanti o più indietro di noi? Se fosse una sfera, in cui ci sia anche qualcosa sopra o sotto? O forse non è neppure una sfera, ma è incompatibile con il 3D+1; magari somiglia a uno stato d'animo, così che suddividerlo è come misurare in grammi o in centilitri un senso di meraviglia?
Ma quel che più lascia perplessi, non è che non sappiamo rispondere a nessuna di queste domande, ma che intanto percepiamo di continuo quel qualcosa, così come percepiamo l'aria, la luce, lo spazio. Dunque noi ne abbiamo esperienza, lo conosciamo in qualche modo. È solo la nostra mente, la nostra psykhé, che non vuole o non può capire come sia quel qualcosa non suddiviso, quel non-tempo. E sappiamo perché: la psykhé non è che il modo in cui facciamo quadrare quel poco di cui il nostro io cosciente riesce a tenere conto.
La reincarnazione
Con quel poco di cui la psykhé riesce a tenere conto, con la sua idea del tempo unidirezionale, bisogna rinunciare all'idea della resurrezione. Per pensare a un ritorno dei morti alla vita ci si deve accontentare della reincarnazione, e molti se ne sono accontentati. Gli occidentali, tra le tante versioni della reincarnazione, sembrano preferire (anche se i più non lo sanno) quella che Platone ne dà con il suo mito di Er, nell'epilogo della Repubblica.
Il mito narra che Er, un guerriero ucciso in battaglia, si risvegliò d'un tratto, poco prima che venisse appiccato il fuoco alla sua pira. Balzò su, e riferì ciò che aveva visto nell'aldilà: punizioni per le anime malvage, beatitudini riservate alle anime dei buoni. Le punizioni e le beatitudini - disse Er - durano millenni, ma a un certo punto finiscono, e tutte le anime (psykhài) vengono avviate, lungo un itinerario che dura diversi giorni, al luogo dove sceglieranno la loro vita successiva. La scelta è libera: ognuno la compie secondo la propria saggezza; i migliori scelgono vite buone, i frettolosi scelgono vite di cui si pentiranno. Poi, le anime devono bere un'acqua che fa loro dimenticare tutto o quasi, e solo allora
"avviene un grande terremoto, illuminato da lampi, e d'un tratto le anime si alzano, correndo chi qua chi là, in alto verso la nascita, filando via come stelle. Ma Er aveva ricevuto l'ordine di non bere quell'acqua; non seppe come e per quale via tornò nel suo corpo: all'improwiso alzò gli occhi e si ritrovò disteso sulla pira, all'alba."
Repubblica X, 621b
Scegliere la vita successiva
Anche oggi i reincamazionisti credono che tra una reincarnazione e l'altra il tempo prosegua come nell'aldiquà, come dice Er (anni di premi e castighi, settimane di cammino). Anche oggi si crede che tra una reincarnazione e l'altra ognuno rimanga se stesso, nel pieno possesso delle sue facoltà: come le anime di cui parla Er, che scelgono la vita successiva in base al proprio temperamento. E anche oggi si crede che le reincarnazioni abbiano un senso morale, e che vi sia un'autorità indiscutibile incaricata di far rispettare le regole, seguendo procedure precise.
Un reincarnazionista odierno potrebbe sentirsi rincuorato da queste somiglianze, pensando che, se già Platone si era figurato tutto ciò, ci siano buone probabilità che dopo la morte avvenga davvero qualcosa del genere. Ma è molto più probabile che sia rimasta la stessa, dai tempi di Platone fino ai nostri giorni, la resistenza a non mettere in discussione né il tempo, né altre certezze a cui la psykhé tiene molto, come il principio d'autorità e la necessità della morale.
La resurrezione è il contrario. Un resuscitatore sfida il tempo. E lo fa in proprio, non per volere di un'autorità soprannaturale, come quella narrata da Er. All'ordine dell'universo, un resuscitatore semmai disobbedisce: dà ascolto soltanto al proprio amore.
Questo testo è estratto dal libro "Resuscitare".
Data di Pubblicazione: 27 giugno 2018