SELF-HELP E PSICOLOGIA   |   Tempo di Lettura: 10 min

Sei libero di scegliere (forse)

Sei libero di scegliere (forse)

Sei davvero libero di scegliere? Scopri di più leggendo l'anteprima del libro di Paolo Borzacchiello e Luca Mazzilli.

"La realtà è una semplice illusione, sebbene molto persistente."
Albert Einstein

La realtà non esiste, esiste solo un sottoprodotto della realtà, quella minuscola porzione alla quale i nostri limitati sensi hanno accesso. Siamo come spettatori di un film (la realtà) proiettato nella sala accanto a quella dove siamo seduti, e del quale riusciamo a cogliere, forse, solo qualche residuale brandello, e tutto il resto è frutto della nostra immaginazione.

Questo è quanto, almeno, ci hanno detto finora. Ci hanno indotti a credere che esista qualcosa, chiamato “realtà”, a cui non potremo mai accedere perché limitati dai nostri stessi sensi, incapaci per definizione di cogliere tutto ciò che la realtà ha da offrirci. Ci hanno convinti che la nostra mente crei riproduzioni che nulla hanno a che vedere con la realtà e che solo attraverso tecniche mirabolanti potremmo “ricostruire” qualcosa che, comunque, potrebbe solo assomigliare alla realtà, perché di fatto non sarebbe mai uguale.

Strategicamente, ci hanno costruito una gabbia dalla quale non si può fuggire, tanto stretta quanto impalpabile, perché non potremo mai vederla, mai toccarla, e nemmeno mai accorgerci nel caso in cui l’avessimo superata. Il problema di questa gabbia è che ci hanno venduto l’idea che si tratti di qualcosa di scientifico, immodificabile, uguale per tutti. È così, ci hanno detto.

Anche assumendo come valido che la realtà, di per sé, non esista in senso stretto, proprio perché non abbiamo accesso direttamente alla realtà, potremmo solo concludere che le percezioni che abbiamo della realtà coincidono, per ognuno di noi, con la realtà stessa.

Il concetto è un po' astratto, ma sarà chiaro con questo esempio. Il fatto che un daltonico veda un colore in un modo diverso da un’altra persona cosa ci dice sulla “realtà” del colore? Nulla. Per alcuni tipi di persone affette da daltonismo, quel maglione sarà grigio (e quella sarà la loro realtà) mentre gli altri lo vedranno rosso (e quella sarà la loro realtà). Il colore “reale” del maglione è, di fatto, indeterminabile, perché qualunque mezzo utilizzassimo per stabilirlo non farebbe altro che creare un’ennesima realtà, valida per quello specifico osservatore. Non possiamo distinguere ciò che è “reale” da ciò che non lo è. È tutto reale, per noi.

Che la nostra realtà coincida con quella di un altro osservatore è tutta un’altra storia, ma ci arriveremo tra poco. È per questo che persino l’assunto di base di moltissimi approcci alla comunicazione, “la mappa non è il territorio(7)”, è intrinsecamente sbagliato. Se esistesse un territorio, non avremmo bisogno di mappe. E se non vi piace, allora dovete cambiare la vostra “mappa”, perché è sempre e solo una questione di mappe, ci hanno detto.

Questo genere di insegnamenti è falso e pericolosissimo. Perché se è vero che in alcuni casi parlare di mappe è, tutto sommato, innocuo, in altri casi non è così. Stiamo per farvi una rivelazione che renderà la vostra vita più semplice e che vi solleverà moltissimo. Chiunque vi abbia detto che la vostra vita è solo frutto delle vostre “percezioni” o che i vostri malesseri emotivi (se ne avete) sono solo “percezioni” in merito a qualcosa che esiste là fuori, sbaglia. Voi siete perfetti e completi e tutto ciò che sentite, provate e vedete è reale. Punto.

Del resto, lo sapete già: come vi siete sentiti quando un medico qualunque vi ha detto che “il vostro dolore non è reale, è solo psicologico”? Se un elemento ambientale influenza le vostre percezioni in modo significativo, non è questione di mappa. È realtà: è un dato certo, oggettivo (almeno per il soggetto che sta vivendo quell’interazione), replicabile. Che una certa metafora o una certa parola attivi la vostra amigdala, sollecitando tramite l’ipofisi la secrezione di neurotrasmettitori dello stress, non è una questione di mappe, è realtà: la parola “paura” attiva l’amigdala, comunque e sempre. Non ci sono interpretazioni possibili al riguardo.

Credere di dover modificare la nostra percezione potrebbe farci sentire sbagliati e, soprattutto, potrebbe farci desistere dal modificare la nostra realtà. Pensare in termini di “mappe” ci distrae da un passaggio importante: noi possiamo di certo modificare il nostro punto di vista, ma ci sono cose che non riguardano il punto di vista, riguardano la realtà in quanto tale.

Per esempio, pensate alla parola “paura”. Se leggete o sentite questa parola, avrete una reazione, che vi piaccia o meno: la vostra amigdala andrà in allerta, manderà un messaggio all’ipofisi che, a sua volta, innescherà una reazione che culminerà nella produzione di specifici neurotrasmettitori. Potete lavorare sul vostro punto di vista, potete raccontarvi quel che volete. Ma in nessun caso e mai potrete impedire all’amigdala di fare il suo mestiere. Ridurre le vostre reazioni al mondo a una pura questione di mappe è il miglior modo per instillarvi l’idea che, rispetto a quel che vi capita intorno, potete solo cambiare il vostro atteggiamento.

In realtà, potete anche cambiare quel che vi capita intorno. Potete trasformare la realtà. Potete modificare la vostra reazione a quella parola, oppure potete usarne un’altra, o pretendere che ne usino un’altra. Potete cambiare voi stessi, e potete cambiare le cose. Accettare che noi possiamo plasmare la realtà a nostro uso e consumo è un livello di pensiero certamente più alto rispetto al pensare di poter cambiare solo il nostro punto di vista.

Proprio per questo, HCE è destinato a un pubblico d’élite: a un pubblico, in particolare, che abbia come minimo il coraggio di rivoluzionare la propria vita, mettendone in discussione, se necessario, i paradigmi. Per le persone che si accontentano del pensiero comune, che non hanno voglia di vagliare le informazioni che ricevono o che preferiscono continuare a tenere lo sguardo basso, sono consigliabili altri testi. Ce ne sono a bizzeffe. HCE è per persone con lo sguardo fiero e il mento leggermente in alto, che sfidano lo status quo e che, soprattutto, non si accontentano mai di quel che passa il convento. È per persone che hanno il coraggio di creare un mondo migliore laddove quello in cui vivono sta loro stretto.

Continuare a ragionare sulla differenza fra realtà e percezione della realtà ci conduce lungo sentieri impervi, costringendoci a mirabolanti acrobazie nel vano tentativo di collegare qualcosa che non possiamo raggiungere (il fantomatico territorio) alle nostre limitate, erronee e stravaganti percezioni. La realtà esiste, raggruppata in una gamma infinita di possibilità reali che acquisiscono significato e possono essere ricondotte a una nel momento in cui un abile osservatore (il profiler HCE) definisce con precisione matematica e replicabile quali sono le variabili che le caratterizzano, e ne conosce i singoli e precisi effetti sul sistema.

E conoscere questi effetti ci dà l’opportunità straordinaria di plasmare una realtà diversa, valida tanto per noi quanto per i nostri interlocutori. Proprio come Neo in Matrix, penseremo sempre di vedere le cose per quelle che sono realmente, e avremo ragione (sarà tutto reale, per noi, così come per Neo, o meglio per Thomas A. Anderson, era reale il mondo fittizio in cui viveva), fino al momento in cui acquisiremo la consapevolezza che esiste qualcosa di più profondo di ciò che siamo abituati a vedere.

Dobbiamo svegliarci, e imparare a guardare con occhi diversi e consapevoli: diversi, perché liberi dai condizionamenti mentali con i quali ci hanno allevato; consapevoli perché consci del significato profondo che ogni variabile di una interazione (e stiamo parlando di tutti quegli elementi che sono presenti in un contesto) ha rispetto al sistema di cui fa parte e del fatto che siamo noi, con il nostro punto di vista, a determinare la nostra esperienza reale.

Facciamo un esempio. In un celebre studio sulle percezioni, ad alcune persone è stata fatta annusare una sostanza particolarmente odorosa. Prima, è stato detto a queste persone che si trattava di “odore di corpo umano”. La loro reazione è stata misurata, sia dal punto di vista delle espressioni facciali, sia dal punto di vista dei neurotrasmettitori secreti durante l’esperimento, sia dal punto di vista dell’accensione di specifiche aree cerebrali. Annusare questa sostanza ha prodotto in queste persone un forte stato di stress e disgusto. Ad altre persone è stata fatta annusare la stessa sostanza, con una leggera variazione: a queste persone è stato detto che si trattava di “essenza di un famoso e molto costoso formaggio francese”. In questo secondo caso, la reazione è stata diversa: attivazione dei centri del piacere, salivazione, accensione di aree cerebrali che di solito si accendono quando desideriamo ardentemente cibo, sesso, beni di lusso(8).

Che cosa ha fatto la differenza nei due diversi casi? Un fenomeno molto interessante dal punto di vista neuroscientifico, denominato priming, che consiste, tecnicamente, nel definire la realtà attraverso uno specifico uso del linguaggio. Più in particolare, il priming è un fenomeno psicologico per il quale l’esposizione a uno stimolo influenza la percezione dello stimolo successivo. Se io, tornando al precedente esempio, vi anticipo che quello che state per annusare è odore di formaggio francese, sposto l’attenzione del vostro cervello su una particolare versione di quella realtà, influenzando le vostre aspettative e, quindi, la vostra stessa realtà.

A volte, basta una parola per cambiare il mondo (il vostro mondo, almeno, un mondo che, lo ripetiamo, è assolutamente reale). Questo è un dato oggettivo. Se voi collegate uno specifico stimolo linguistico a un altrettanto specifico stimolo sensoriale, potete prevedere con assoluta precisione l’esito della vostra interazione. Potete sapere in anticipo quali effetti produrrete su chi vi ascolta, su chi vive l'esperienza che voi l’avete indotto a vivere.

La stessa cosa vale, s’intende, anche quando capita a voi: siete proprio sicuri di essere davvero liberi di scegliere come avete creduto finora? Quando prendete una decisione, siete sicuri che si tratti di una vostra libera scelta e non, piuttosto di una scelta presa sulla base di stimoli che qualcun altro ha predisposto per voi, affinché voi prendeste quel tipo specifico di sentiero?

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(7) “La mappa non è il territorio” è uno degli assunti di base deila disciplina della General semantics, creata da Alfred Korzybski. L'idea alla base di questa teoria era la distinzione netta tra il mondo “reale” e le “mappe” che ogni individuo crea per rappresentare questo mondo. Queste idee sono state i cardini fondanti di altre pseudoscienze come la programmazione neurolinguistica (NLP o PNL), che le ha accettate come verità assolute senza metterle in discussione. HCE, oltre a prendere le distanze da queste teorie, si distingue per l’approccio aperto nei confronti di qualsiasi teoria, esperimento e idea che rientri nel proprio campo di studi ma, allo stesso tempo, mantiene un approccio “critico” che mette in discussione ogni aspetto, anche se accettato dalla massa come vero e corretto.

(8) Paul Rozin, April Fallon, A Perspective on Disgust, “Psychological review”, 1987, Vol. 94.

Data di Pubblicazione: 25 giugno 2020

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