SPIRITUALITÀ ED ESOTERISMO   |   Tempo di Lettura: 10 min

Il tempo della natura e il tempo dell’uomo

La Foresta di Perle - Franco Berrino - Enrica Bortolazzi - Libro

Il tempo della natura e il tempo dell’uomo, ritrovarlo e averne cura e rispetto, leggendo l'anteprima del nuovo libro di Franco Berrino ed Enrica Bortolazzi.

Il tempo della natura e il tempo dell’uomo

L'orologio di Flora

Un’esperienza incantevole è quella di immergersi nel ritmo della natura contemplando un orologio floreale, in cui il tempo viene scandito dalla schiusa di fiori disposti in ventiquattro settori diversi.

Il merito di questo mandala che scandisce la giornata è del celebre naturalista svedese Linnaeus, che nel XVIII secolo costruì orologi floreali nei giardini dell’Università di Uppsala, grazie all’identificazione di ventiquattro piante i cui fiori sbocciano nelle rispettive ore del giorno.

All’inizio del XIX secolo, numerosi giardinieri provarono a imitarlo, ma gli esperimenti non funzionarono, poiché Linnaeus aveva compiuto il suo studio alla latitudine di Uppsala, e le condizioni di luce, intensità, umidità e temperatura specifiche a cui rispondeva il suo orologio non erano le stesse di altri luoghi.

In Italia l’esperimento recente più simile in questa direzione è stato compiuto nei primi anni Duemila a Bacoli (Na), e ha portato alla costruzione di un orologio floreale tutt'ora visibile.

Questo giardino speciale si basa sul principio che anche tra i fiori, come accade fra gli uomini e gli animali, esistono esemplari "allodola" ed esemplari "gufo". Per i primi sono sufficienti i primi barlumi dell’alba per schiudersi: sono la famiglia delle Convolvulaceae, l’anagallide, l’elicriso, il lino, la dicentra e le portulache.

Al sole di mezzogiorno aprono le loro corolle splendenti la famiglia di piante succulente (grasse) delle Aizoaceae (fra i più diffusi, il fico degli Ottentotti, chiamato anche fico di mare, il mesembriantemo, il Lampranthus, il Dorotheanthus), e la famiglia delle Asteracee, il crisantemo e la dalia. Al calar del sole si destano la bella di notte (Mirabilis jalapa), l’enotera e alcune Cactaceae.

Gli splendenti fiori bianchi della regina della notte, la Selenicereus grandiflora, sono un manto di stelle in terra, che a mezzanotte fanno onore alle sorelle in cielo. Per alcune specie (come nel caso dell’eliotropio)?” gli orari di apertura e chiusura sono indipendenti dalle condizioni meteorologiche, mentre, per altre, dipendono dal calore e dalla luce del sole.

Non aspettiamoci, dunque, che l’orologio floreale abbia la precisione di un orologio svizzero: se il sole, per esempio, è coperto dalle nuvole, le Aizoaceae e quasi tutte le margherite non riusciranno ad attivare il loro meccanismo igroscopico di apertura dei petali, scandito dall’umidità dell’aria.

Linnaeus aveva infatti individuato due categorie di fiori: gli equinoziali, che "si aprono precisamente a una certa ora del giorno e generalmente si chiudono ogni giorno a un’ora determinata", e i meteorici, che regolano apertura e chiusura dei petali in base al tempo atmosferico. A queste categorie si affianca la terza dei tropici, che seguono le mutevoli ore di luce del giorno.

 

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L'orologio umano

La luce del sole e l’alternarsi del giorno e della notte influenzano la funzione e la vitalità anche degli organi dell’uomo. Lo si sa da migliaia di anni. La medicina tradizionale cinese insegna, per esempio, che attorno alle sei del mattino c’è la massima energia del grosso intestino ed è l’ora migliore per liberarlo.

Le otto, con la massima energia di stomaco, sono l’ora migliore per la colazione, mentre le otto di sera, con la minima energia di stomaco, invitano a mangiare poco a cena. A mezzogiorno è l’energia di cuore che è allo zenit, mentre a mezzanotte è al minimo.

Nella notte dominano le energie di fegato e vescicola biliare, per cui chi soffre di insonnia si chieda se non mangi troppi grassi o cibo spazzatura, e così via.

La biologia moderna ha chiarito che il ritmo giorno/notte ha provocato negli organismi animali lo strutturarsi di un vero e proprio orologio biologico, gestito da una decina di geni che governano la sintesi di proteine che scandiscono il tempo.

Le cose sono più complicate, ma, in sintesi, i geni CLOCK e BMAL1 codificano per proteine che attivano i geni PER (Period) e CRY (Cryptochrome), che, a loro volta, attivano la produzione di fattori che, accumulandosi, inibiscono la trascrizione di CLOCK e BMALI.

Intanto, le CK1 (caseina chinasi) inibiscono i fattori prodotti da PER, e l’AMPK inibisce i fattori prodotti da CRY, e il processo ricomincia.

Il tutto in circa 24 ore. Un nucleo di cellule nervose, localizzate nel nucleo soprachiasmatico dell’ippocampo, coordina questo lavoro: comanda alle ghiandole surrenali di aumentare la produzione di cortisolo nelle prime ore del mattino fino a un picco verso le otto, che ha lo scopo di svegliarci e attivarci per la giornata; comanda alla ghiandola pineale di attivare la produzione di melatonina appena viene buio, allo scopo di facilitare il sonno; comanda al cuore e ai polmoni di rallentare il loro ritmo nella notte. Regola il metabolismo degli zuccheri, la sintesi delle proteine e degli ormoni sessuali.

Se l’orologio corre troppo o troppo poco la luce solare e il buio notturno lo riportano al ritmo di 24 ore, o almeno così hanno fatto per milioni di anni. Il problema dei tempi moderni è che schermiamo la luce solare in abitazioni o uffici mal illuminati e che le notti, nelle città, non sono più buie.

L’inquinamento luminoso ci impedisce di vedere la Via Lattea e solo poche stelle, le più luminose, sono rimaste visibili nel cielo. Da poco più di un secolo la luce elettrica ha sconvolto i nostri ritmi. Stiamo alzati fino a tardi alla sera, bloccando la produzione di melatonina, e non ci alziamo più all’alba come facevano i nostri avi.

Il fuoco e le candele non avevano gli stessi effetti della luce artificiale: erano luci deboli e nello spettro del rosso-giallo, meno impattante, mentre la luce blu degli schermi di computer e televisori è la più devastante. Molti di noi lavorano di notte, l'orologio biologico impazzisce e la sregolazione dei ritmi fisiologici ci fa ammalare.

Chi lavora a turni, per esempio, si ammala di più di diabete e di cancro, in particolare alla mammella, ma anche di cancro dell’intestino e, probabilmente, della prostata. Allontanarci dai ritmi dell’universo che ci ha creati non ci fa bene.

 

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L’orologio climatico

Il 19 settembre 2020 è stata avviata una campagna internazionale per sensibilizzare i cittadini del mondo sul tema della tutela dell’ambiente: gli artisti Gan Golan e Andrew Boyd hanno installato un enorme "Climate clock", ovvero un orologio climatico, sulla facciata del Metronome di Union Square, a Manhattan (New York).

L'iniziativa è giunta anche in Italia, dove il primo orologio climatico nazionale è stato inaugurato a Roma, sulla facciata del Ministero della Transizione Ecologica (MiTE), il 4 giugno 2021.

Questo progetto, frutto della collaborazione fra arte e scienza, ha lo scopo di innescare riflessioni sul tempo (poco) che resta al genere umano per agire prima che l'emergenza climatica divenga irreversibile.

Gli orologi giganteschi, installati in diverse città del mondo, sono un monito inarrestabile, scandito da due colori:

  • il rosso indica il tempo che manca, agli attuali tassi di emissioni, per bruciare il "bilancio di carbonio" globale, cioè la quantità di CO, che può ancora essere rilasciata in atmosfera limitando il riscaldamento globale a 1,5 °C sopra i livelli preindustriali;
  • l’azzurro indica varie cifre: la percentuale di energia mondiale fornita al momento da fonti rinnovabili; l'’ammontare in dollari del fondo verde per il clima; la superficie in chilometri quadrati di terra protetta dalla popolazione indigena.

L’obiettivo è che il colore verde si espanda sempre più, mentre il rosso deve necessariamente, e ineluttabilmente, ridursi progressivamente. Pena lo stravolgimento della vita come la conosciamo oggi.

 

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La cura del tempo

I ritmi biologici, ovvero "della vita", quelli della natura, ci fanno bene. "Il tempo guarisce", si sa. Un tempo scandito da ritmi umani, ovvero che rispettano l’antropologia dell’essere umano. Tutti noi ne abbiamo esperienza, a livello fisiologico (relativamente a una gran parte dei malanni) e a livello emotivo.

Anche il regno vegetale e quello animale ristabiliscono metodicamente fra loro un equilibrio dinamico e armonioso. Daniele Zovi, raccontando di un suo viaggio nel Parco Nazionale della foresta bavarese, in Germania, porta un significativo esempio di come il tempo e la salute siano strettamente correlati in natura.

Riferendosi a un dialogo con i sindaci di tre paesi della zona del parco (Spiegelau, Neuschònau e Sankt Oswald-Riedlhiitte), scrive:

I sindaci ci raccontano anche di una vicenda traumatica affrontata con molta determinazione. C'era stato un attacco parassitario di bostrico, un coleottero scolitide della specie Ips typographus, che scava gallerie sotto la corteccia degli abeti.

Prima centinaia, poi migliaia di alberi avevano cominciato a morire e l’infestazione si espandeva, sembrava non avere argine. Nel ricordare quei fatti il sindaco di Spiegelau ancora si emoziona [...] "Vedete quel versante [...]. Era tutto rosso e poi, l’anno dopo, tutto grigio.

Gli alberi erano morti e non potevamo nemmeno andare a tagliare i tronchi o portare a casa un po' di legna. Il direttore del parco aveva ordinato che tutto il legname doveva rimanere là. Dovevamo lasciar fare alla natura. [...]

 

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Abbiamo resistito, tra molte difficoltà, e alla fine ha avuto ragione il direttore del parco. Molte piante sono morte e cadute a terra, sono arrivati o si sono sviluppati parassiti del bostrico, che ne hanno contenuto l'espansione e lo hanno fatto sparire, e ora il bosco è rinato, con specie in parte diverse da quelle di prima, più selvaggio e sicuramente più naturale.

Non è questa la funzione del parco? Restituirci la natura nel suo vero aspetto?"

Se ne siamo consapevoli, anche la funzione del tempo è quella di restituirci la natura in modo autentico. È necessaria una forza sovrumana per frenare l'impulso a fare, quando un danno sembra dilagare in modo irreparabile su una superficie così vasta di foresta.

Quante volte, nella nostra vita, ci troviamo di fronte a situazioni simili? Qualcosa di drammatico accade intorno a noi e ci dibattiamo nell’urgenza di fare, spinti dall’ansia di trovare una soluzione, di fornire risposte, di organizzare alternative.

Quando, magari, la cosa di cui ci sarebbe più bisogno è il silenzio, l’attesa, la tregua delle emozioni e dei pensieri. Se in queste situazioni troviamo le risorse interiori per resistere alla spinta, per reggere all’urto dell’onda del fare, approdiamo, inaspettatamente, alla pace.

Si trova dentro di sé questa forza solo se si è sostenuti da una fiducia incrollabile nella vita (la stessa fiducia che il direttore del parco ha avuto nella natura), che sa come guarire se stessa. A patto che le venga concessa la medicina del tempo.

Data di Pubblicazione: 30 novembre 2022

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