Inca: il Quarto Livello di Consapevolezza - Anteprima del libro di Elizabeth B. Jenkins

Principio n. 1. Kawsay Pacha: il mondo delle energie viventi

Tutto nel nostro mondo è vivo e possiede sia un aspetto fisico che energetico: molecole, cellule, pesci, esseri umani, alberi, automobili, fiumi, edifici, montagne, città, oceani, pianeti e stelle. Il nostro Cosmo trabocca in modo sovrabbondante della migliore energia vivente, che noi, in quanto esseri umani, abbiamo il diritto di ricevere.

«Osserva bene, a fondo, la natura, e capirai meglio tutto quanto».
Albert Einstein

Nel corso degli ultimi due secoli la maggior parte di noi è cresciuta in una società che credeva nella supremazia della materia. Ci è stato insegnato che il mondo materiale è l’unico di cui valga la pena parlare o a cui valga la pena pensare, ed è, in effetti, l’unico che esiste. Ma adesso abbiamo le prove scientifiche e ragione di credere che potrebbe esistere un’altra visione del mondo più precisa, secondo la quale l’energia gioca un ruolo primario e forse, per certi versi, molto più importante della materia. E se questo fosse vero? In che modo ciò mi cambia la vita?

In questo capitolo sosterrò non solo che noi e tutto ciò che fa parte della Natura (cioè tutto) siamo costituiti di energia vivente, ma che abbiamo il diritto umano di esperire e fruire personalmente di questo mondo naturale di energia vivente. Inoltre sosterrò che questa interazione diretta e personale con la Natura può rendere noi e la società più felici, più sani e più armoniosi.

La Natura è energia vivente

Nelle sue prime fasi, la scienza sembrava dirci che la Terra era composta perlopiù di materia inerte e che noi stessi eravamo semplici macchine biologiche. Tuttavia, con il suo progredire, abbiamo assistito all’avvento della fisica moderna e all’equazione di Albert Einstein concernente materia ed energia, che ha ampliato la nostra cognizione in merito a ciò di cui è fatto il nostro universo.

La nostra conoscenza si è effettivamente trasformata con la famosa equazione di Einstein E = me2. La fisica moderna ha esplorato le più sbalorditive implicazioni di questa piccola equazione. Se crediamo a quello che dice Einstein quando afferma che E (energia) equivale effettivamente a me2 (massa moltiplicata per la velocità della luce al quadrato), conveniamo che massa, materia ed energia sono innegabilmente connesse. Senza energia, non possono esistere né massa né materia. Con le recenti evidenze preliminari circa il bosone di Higgs, che provano l’esistenza del “campo di Higgs”, esistono ormai pochi dubbi circa il fatto che tutto sia costituito di energia vivente. Provare l’esistenza del campo di Higgs è davvero ingegnoso, ma comprendere come gli esseri umani possano agire di concerto con l’energia vivente può essere considerato semplicemente geniale! Ed è proprio qui che entrano in scena i nostri amici andini.

L’idea semplice e al tempo stesso profonda che tutto è energia vivente implica che nulla nel nostro universo materiale è morto. Di nuovo, non stiamo parlando di un concetto proprio inedito: in realtà è antico. Molte tradizioni spirituali in varie parti del mondo hanno ideato termini per descrivere la componente energetica dell’universo. Gli Hawaiani la chiamano Mana; gli indù Frana. In giapponese si dice Ki, in cinese Qi o Chi. I buddhisti tibetani chiamano l’energia vivente Leung, i druidi nwyfre e nella tradizione mexica è chiamata teotl. I mistici occidentali chiamano l’energia vivente “forza vitale” o semplicemente “coscienza” e nei popolarissimi film della serie Star Wars è chiamata “la forza”. Il popolo andino la chiama Kawsay (che si pronuncia “kàusai”), termine che ha anche il significato di “vita” o “salute” in quechua, ed è possibile vedere cartelli con su scritto “Kawsay Clinica” (nel senso di “struttura sanitaria”) in tutte le Ande.

Sembra che la nostra scienza si sia finalmente messa in pari con quello che i popoli indigeni di varie parti del mondo sanno da millenni, e cioè che tutto è vivo. Perfino la nostra cultura occidentale riconosce che questa forza vitale ha una “coscienza”. Basta osservare l’attività che si svolge in una foresta, percepire l’oceano che pulsa di vita, o fissare la vividezza delle stelle fiammeggianti del firmamento per renderci conto che la Natura è una fonte di energia vivente. Secondo la saggezza inca, tutto è parte del Kawsay Pacha, del mondo delle energie viventi. Ma per gli indios andini la Natura è molto più di questo.

Esiste un detto in Perù: «I frutti sono i baci di Pachamama (Madre Terra)». Da questo punto di vista, una Madre Terra amorosa e generosa ci ha offerto il dono della vita in questo mondo meraviglioso. Di conseguenza, l’unico atteggiamento possibile da parte nostra è una grande umiltà e gratitudine verso il mondo della Natura che ci sostiene. Di sicuro nessuno può negare che Madre Terra provveda a tutti i nostri bisogni. Ma siamo abbastanza generosi da concedere alla Natura una propria forma di coscienza? Come potrebbe cambiare il nostro rapporto con essa se lo facessimo?

Ora vediamo le implicazioni pratiche di questo discorso. Che succederebbe se facessimo un passo in più e vivessimo come se effettivamente fossimo sia materia che energia?

Siamo fatti di energia vivente

Noi stessi non siamo fatti semplicemente di ossa, sangue e muscoli, ma di energia. Ora, con particolari strumentazioni, possiamo persino misurare l’energia vivente che possediamo. L’elettrocardiogramma (o ECG) rileva l’energia elettrica del cuore e l’elettroencefalogramma (o EEG) rileva quella del cervello. Quando le persone si trovano in coma, stabiliamo se sono vive o morte in base al livello di attività elettrica misurabile presente nel loro cervello.

Uno strumento molto sensibile chiamato magnetometro SQUID (che sta per Superconducting Quantum Interference Device, in italiano “dispositivo superconduttore a interferenza quantistica”) è in grado di rilevare in modo preciso e affidabile non solo il campo energetico specifico di ciascun organo del corpo, ma anche quello dell’intero nostro corpo fisico. Il magnetometro SQUID è la tecnologia su cui si basano apparecchiature, come quella per la RM (Risonanza Magnetica), utilizzate negli ospedali per guardare all’interno del corpo umano a fini diagnostici. La medesima strumentazione è impiegata nei giroscopi della sonda Gravity Probe B nello spazio, in un progetto ideato dalla NASA e dalla Stanford University per testare i limiti della teoria generale della relatività di Einstein.

Esistono persino studi scientifici finalizzati a provare l’esistenza di quella parte invisibile di energia dell’essere umano che chiamiamo “anima”. Studi scientifici condotti su morenti individuano un “peso dell’anima” misurabile: stiamo parlando di quella parte di noi che abbandona il corpo quando moriamo. Moderni ricercatori scientifici presso l’Institute of Noetic Sciences [N.d.T.: “Istituto di Scienze Noetiche”] hanno rilevato (1988) che l’anima ha un peso costante, che equivale a 1/3.000 di un’oncia, esperimento corroborato da alcuni ricercatori tedeschi.

Teniamo dunque presente che siamo costituiti di energia vivente.

Il modo in cui ci definiamo ha un enorme impatto sulle nostre vite. La persona che riteniamo di essere è ciò che definisce il modo in cui ci comportiamo, e anche ciò che possiamo o non possiamo ottenere. Vorrei portare un esempio personale in proposito. Prima del 1994, non ero affatto una scrittrice, né pensavo che lo sarei mai diventata. Per darmi questa possibilità, ho dovuto attraversare un processo personale piuttosto doloroso volto ad ampliare l’idea che avevo di me stessa. Oggi, dopo aver scritto tre libri, posso dire di aver effettivamente integrato la “scrittrice” come parte della mia identità, e questo mi ha aiutato ad aprire le porte a nuove affascinanti esperienze.

Quando aumentiamo la comprensione della nostra identità umana, ci apriamo a nuovi talenti e a nuove opportunità. Riconoscere che siamo fatti di materia ed energia è un primo passo. Una volta che ci rendiamo conto di che cosa siamo fatti e ci apriamo a queste esperienze cominciamo a scoprire di che cosa siamo capaci.

Poiché noi esseri umani e ogni altra cosa (e cioè alberi, fiumi, oceani, montagne, pianeti, sistemi solari e galassie) siamo tutti fatti di energia vivente, abbiamo una base comune. Infatti è attraverso questa base energetica comune che possiamo “comunicare” con tutto ciò che ci circonda. Pertanto devono esserci princìpi che regolano l’interazione dell’energia vivente di cui tutto è fatto, princìpi che gli uomini possono imparare a conoscere, a praticare e ad applicare per il beneficio di tutti e di tutto.

La connessione uomo-Natura

La maggior parte di noi sa di amare la Natura. Abbiamo l’istinto innato di guardare ad essa come a un organismo vivente più vasto, concepito in modo ingegnoso, che sostiene e afferma la vita. Lo psicologo Erich Fromm fu il primo a usare il termine “biofilia” (che letteralmente significa “amore per la vita e per gli organismi viventi”), per descrivere la tendenza psicologica ad essere attratti da tutto ciò che è vivo e vitale. Il biologo di Harvard Edward O. Wilson usa il termine con lo stesso significato quando ipotizza che il nostro «istinto biofilico» esprima «le connessioni che gli esseri umani cercano a livello inconscio con il resto della vita». Egli avanzò l’ipotesi che il profondo senso di appartenenza che noi umani sentiamo nei confronti della Natura sia radicato nella nostra biologia. La psicologia evoluzionistica ipotizza che il nostro istinto biofilico sia quello che continua in sottofondo a stimolarci a connetterci a sistemi viventi più grandi quale indirizzo della nostra evoluzione. La saggezza dei nostri amici indigeni suggerisce inoltre che questo sistema vivente più grande sia là fuori, in paziente attesa che noi riusciamo a capire come stabilire un collegamento.

Purtroppo, ci sono persone nella nostra cultura che sono invece “biofobiche”, cioè hanno paura della Natura. Mio marito ed io coltiviamo un frutteto biologico e gestiamo una bancarella di frutta sul ciglio della strada: da questa posizione siamo costantemente testimoni di questa moderna malattia. Ci sono molte persone che si fermano al nostro banco ma non vogliono uscire dalla macchina nel timore che la Natura possa toccarli.

Tuttavia, la maggior parte delle persone ama la Natura, e per i bambini questo amore è più forte di loro! Le persone biofiliehe (la maggioranza dei nostri clienti) saltano fuori dall’auto per respirare l’aria pura, per toccare i frutti ancora in fase di maturazione sugli alberi di fronte a loro, e per assorbire la pace, la bellezza, la tranquillità e la produttività dei nostri frutteti. E' naturale per noi volerci sentire connessi alla Natura, perché stiamo inconsciamente cercando lo scambio reciproco delle energie viventi che è così biofilico.

Per poter avere uno scambio con la Natura bisogna dare e ricevere. Per ricevere bisogna rilassarsi e aprirsi... e questo richiede fiducia. È una fortuna che respirare sia un processo automatico, o molti biofobici potrebbero finire per morire, dal momento che non si fidano delle piante e degli alberi! La fiducia consente all’energia di fluire, mentre i dubbi inibiscono il flusso.

Per illustrare il concetto che gli esseri umani e la Natura sono profondamente predisposti a collaborare, prendiamo in considerazione l’atto fondamentale rappresentato dal respiro. Noi uomini inspiriamo l’ossigeno prodotto per noi dalle piante, dagli alberi, dalle alghe e dal fitoplancton marino ed espiriamo anidride carbonica, che è per loro respiro di vita. Questo scambio reciproco estremamente benefico per entrambi è la base che sostiene la nostra vita attimo per attimo. Possiamo vivere per un po’ senza cibo e acqua, ma tagliateci le riserve di ossigeno e in breve saremo morti e sepolti.

Se foste dei Q’ero sareste cresciuti sapendo con certezza che la Natura, molto amorevolmente, produce per noi la migliore energia vivente. Secondo i Q’ero, ad ogni nostro respiro sperimentiamo un sacro scambio con la Natura, e non solo sotto forma di scambio di anidride carbonica e ossigeno. I Q’ero ci dicono che gli alberi, le piante e gli altri esseri viventi non solo producono ossigeno per noi ma anche una raffinata energia vivente, chiamata Sami, che nella lingua quechua significa “nettare”.

Sono giunta alla conclusione che questo è appunto il motivo per cui sentiamo il bisogno di uscire all’aperto quando siamo nervosi. Cerchiamo istintivamente il Sami, il nettare della Natura, per il nostro benessere e a scopo terapeutico. Ci sentiamo meglio quando andiamo a fare un’escursione o ci andiamo a sedere in riva al mare, perché sono circostanze che ci trasmettono quel qualcosa di ineffabile che porta via lo stress. Perché? Perché tutta la Natura emette costantemente questa energia vivente che gli Inca chiamano Sami, e questo nettare ci rigenera fino all’ultima cellula. Il Sami, la migliore energia vivente della Natura, ci fa star bene e ci rende felici. E il Sami della Natura ci arriva in tanti “gusti” diversi, come vedremo.

Il termine Sami (“nettare”) è solo uno dei tanti che riflettono la genialità del popolo andino e della lingua quechua nell’ideare un ricco vocabolario per descrivere l’esperienza umana dell’energia vivente.

Con il loro permesso, prenderò in prestito un po’ della loro lingua da utilizzare in tutto il libro.

Questo testo è estratto dal libro "Inca: il Quarto Livello di Consapevolezza"

Data di Pubblicazione: 2 ottobre 2017

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