SALUTE E BENESSERE   |   Tempo di Lettura: 10 min

La vera natura della Medicina del Futuro

La Medicina del Futuro - Stefano Fais - Speciale

Quale sarà la medicina del domani? Che cos'è la "medicina collaborativa"? Scopri tutto, leggendo l'anteprima del nuovo libro del Dottor Stefano Fais.

La vera natura della Medicina del Futuro

Credo sia d’obbligo iniziare parlando un po’ di me. Nel senso che, indubbiamente, io sono una figura totalmente anomala sia per l’ambiente medico accademico sia per tutti gli ambienti e le dottrine mediche di cui è pieno il mondo.

Lo sono perché il mio percorso per arrivare fin qui è stato sempre nel solco della ricerca scientifica in medicina, spaziando dallo studio delle malattie infiammatorie intestinali, all’immunità della mucosa intestinale, allo studio della formazione delle cellule giganti multinucleate, allo studio dei rapporti membrana plasmatica citoscheletro, allo studio dei meccanismi di morte cellulare, a quello dei meccanismi di infezione dell’HIV (virus causa dell'AIDS), alla messa a punto di nuovi modelli in vivo per lo studio delle malattie, alla ricerca traslazionale sui tumori, durante la quale ho scoperto una nuova terapia basata su antiacidi.

Ho poi scoperto i meccanismi alla base del cannibalismo cellulare e la sua importanza nella progressione tumorale e mi sono dedicato agli esosomi, diventando uno fra i ricercatori che al mondo hanno più pubblicato e sono più citati sull'argomento.

Del tutto di recente mi sono dedicato allo studio dei benefici dell’acqua alcalina sulla salute e degli effetti di potenti anti-ossidanti nel prevenire le malattie e ritardare i processi di invecchiamento. Insieme a tutto questo ho fatto per lungo tempo il medico clinico in ambito gastroenterologico e più in generale di medicina interna.

 

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Collaborare al fine di curare

Questa premessa non vuole rappresentare il solito momento di show-off narcisistico.

Piuttosto la necessità di far capire come sia stato per me un percorso del tutto anomalo arrivare a concludere che in medicina c’era e c'è un bisogno assoluto di fare almeno un passo indietro e riconsiderare l’idea che tutti gli approcci medici, anche i più dottrinali e paradigmatici dovrebbero collaborare al fine di curare gli esseri umani.

Di fatto, l'omeopatia, la fitoterapia, la naturopatia, la medicina olistica, la medicina energetica, la medicina ayurvedica, la medicina tradizionale cinese oltre che ovviamente la medicina allopatica o moderna/occidentale vivono come pianeti lontani che spesso si ignorano o addirittura si disprezzano.

Ognuna di queste discipline ha assunto un atteggiamento di radicalismo isolazionista. La medicina moderna del mondo occidentale non riconosce nessun altro possibile approccio se non l’uso compulsivo di farmaci e l'aggressione diagnostica basata sulle nuove tecnologie allo scopo di fare diagnosi precoce di malattia o di recidiva di malattia.

Ma d'altra parte l'omeopatia, la fitoterapia, la naturopatia, la medicina olistica, la medicina energetica, la medicina ayurvedica, e la medicina tradizionale cinese, sono sempre più arroccate su posizioni oltranziste. E quindi l'ulteriore paradosso è che le medicine si stanno di nuovo allontanando, come se fossero tornate nei loro mondi.

L'idea fondamentale da portare avanti è, invece, a mio avviso, quella di riposizionare al centro della Medicina il singolo paziente; di generare l’idea che il medico di per sé debba essere estremamente colto e assolutamente pronto ad applicare al singolo paziente ciò che in quel momento maggiormente si adatta a esso/essa.

Sono decenni che si parla di medicina integrata, ma il concetto stesso di integrazione della cura è stato stravolto e trasformato in qualcosa di diverso. Un qualcosa per cui poi la medicina integrata viene rappresentata come un supermercato della salute in cui quando serve si può usare un po’ di questo o un po’ di quell’altro, nella stessa maniera per cui si usa un farmaco e se non funziona se ne usa un altro e poi un altro e un altro ancora.

 

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Ma una cura vera non potrà mai essere di questo tipo! Si sta invece sviluppando un concetto di medicina più perseguibile, definita “collaborativa”, nel senso che gli esperti delle singole diverse medicine dovrebbero rendersi disponibili a una vera collaborazione con il fine di curare ogni singolo essere umano.

Il concetto di medicina integrata, è generato dal fatto che il nostro organismo è un sistema assolutamente complesso, onestamente ancora lontano dall’essere conosciuto, ma sicuramente integrato. Un sistema che condiziona una “normalità” dinamica e non statica, che classicamente si definisce omeostasi.

Ora si parla anche di allostasi, significando con ciò che il nostro organismo può avere momenti di malattia, ma che questi possono essere superati ritrovando l’equilibrio perso. Come a dire: si può perdere l'equilibrio, ma poi lo si ritrova su basi diverse da quelle di prima.

In psicoterapia si dice spesso che quando ti trovi in fondo a un pozzo cerchi di intraprendere una risalita sulle pareti umide e prive di appigli perché riesci ad alzare la testa solo verso l’alto, perché pensi che solo da lì arrivi la luce e che è da lì che sei caduto.

Ma se ti cominci a guardare intorno forse una piccola luce fioca ma distinguibile riuscirai a vederla anche in altre direzioni, e magari una è proprio quella che ti porterà alla guarigione. Ecco, la salute è un concetto veramente dinamico; che poco ha a che fare con “la normalità di tutti i parametri”.

La normalità sembra essere fatta per distinguersi dalla anormalità. E quindi, si corre dietro alla necessità di ottenere la “normalità” di tutti i parametri. Come ad esempio, per parlare delle più semplici analisi del sangue, emocromo, glicemia, azotemia, proteinemia, biomarcatori ecc. che devono avere risultati sempre all’interno di quel range fatto di numeri che racchiude la normalità. Ma credetemi, forse questa normalità non esiste.

Non voglio per nulla dire che non bisogna eseguire esami del sangue o strumentali; voglio dire che non se ne deve fare un uso spasmodico e incontrollato. Non siamo per nulla tutti uguali, e questo non perché, o comunque non solo perché, abbiamo parametri nella o fuori la norma; soprattutto perché ognuno di noi ha avuto un percorso di vita, sin dalla nascita, e molto verosimilmente anche prima, completamente diverso dagli altri. E questo forse, ai fini della salute, ci rende diversi.

 

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Guarigione e cura

Introducendo questo concetto vorrei fare alcuni esempi che riguardano la medicina occidentale. Parliamo per esempio dell'uso dei farmaci. In realtà, ciò che vado a raccontare rappresenta una piccola lezione su come quello che sembra scontato in medicina poi in effetti non lo sia per niente.

Quando ero un giovane medico specializzando in gastroenterologia (quindi purtroppo per me quarant'anni fa!) la terapia dell’ulcera gastrica e duodenale era la gastroresezione. Questa, a sua volta produceva una malattia chiamata “sindrome del gastroresecato”, che era di fatto una conseguenza scontata della gastroresezione.

Oggi, con le varie generazioni di antiacidi, dagli antagonisti del recettore di tipo 2 dell’istamina agli inibitori delle pompe protoniche e non ultima alla scoperta dell'Helicobacter pylori e alla terapia eradicante, la gastroresezione non viene più praticata se non per carcinoma gastrico.

Questo dimostra che quello che un tempo era scontato, cioè l’intervento di gastroresezione, oggi non lo è proprio per niente. Quindi credetemi quando dico che se la chirurgia o comunque una medicina chirurgico orientata è ancora preponderante significa che vi è un totale fallimento della medicina.

L'altro esempio che voglio fare è quello del concetto di prevenzione. Nell’immaginario collettivo quando si parla di prevenzione non si fanno distinzioni. “La prevenzione è la prevenzione”, cioè un comportamento che porta a prevenire una malattia. Ma non è così. Vi è in realtà un gigantesco equivoco alla base di quello che viene definito prevenzione.

 

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Ad oggi infatti esistono tre livelli di prevenzione:

  • primaria, quando per esempio si invitano le persone a non adottare certi comportamenti o a non assumere determinate sostanze (per esempio non fumare e non svilupperai un tumore o l’aterosclerosi o l’ipertensione arteriosa);
  • secondaria, quando si fa una diagnosi precoce e di conseguenza una terapia che per lo più, per non dire sempre, è chirurgica;
  • terziaria, quando per esempio vi è una recidiva di un tumore che si rimuove chirurgicamente e si esegue un follow-up diagnostico e clinico per evidenziare una eventuale recidiva.

Mi sembra tuttavia evidente che il livello secondario e il terziario non siano in realtà prevenzione. Sono piuttosto degli interventi terapeutici, che come tutte le terapie non sono per nulla una passeggiata salutare. Succede spesso, purtroppo, che per tutta la vita si venga sottoposti a una serie di controlli. Quindi, ripeto, la vera prevenzione è solo quella primaria, quella secondaria e terziaria sono terapie.

Sono convinto che bisogna dare la giusta definizione a tutto quello che si propone. Mi rendo perfettamente conto che, ad esempio, la rimozione chirurgica di un tumore dà l’idea di guarigione. Una cosa c’era e ora non c'è più, come i maghi che fanno comparire i conigli dal cappello e poi li fanno scomparire.

Ma molti sanno che quella che produce il mago è una illusione, e di fatto si chiamano “illusionisti”. Ma l’errore è rincorrere la guarigione a tutti i costi. Secondo la mia “personale” opinione bisognerebbe cominciare a considerare che il concetto di guarigione non ha nulla a che fare con la medicina, che si occupa altresì di curare.

 

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Ragion per cui ogni essere umano può essere ottimamente curato, ma direi non necessariamente guarito. Sono convinto che alla guarigione si può arrivare; ma questo dipende da una serie di variabili, che per la maggior parte sono individuali. Ed è per questo che, lo ribadisco, è imprescindibile in medicina considerare il malato e non la malattia.

A volte direi l'essere umano e non un potenziale malato. Faccio sempre l’esempio dell’alimentazione. Quando gestivo l'ambulatorio generale di gastroenterologia vedevo molte ragazze anoressiche che si dissolvevano davanti ai miei occhi senza che potessi fare nulla; e ahimè le cose ad oggi non sono granché cambiate.

Ci sono persone invece che non riescono a fare neanche una minima riduzione dell’introito di cibo. Certamente sono due estremi, ma la medicina non può limitarsi agli individui che sono all’interno di una media.

Se prendiamo una delle più semplici analisi statistiche che è quella della curva di Gauss o curva a campana e analizziamo così il numero delle dita nelle mani risulterà che la media è dieci, ma agli estremi della curva troveremo chi ne ha due e chi ne ha dodici.

Ecco, la medicina deve occuparsi anche di chi “ha meno” e di chi ne “ha più”, tenendo in considerazione che sono fuori dalla media, ma che comunque devono poter essere curati. Questa è la medicina.

Data di Pubblicazione: 28 novembre 2022

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