SPIRITUALITÀ ED ESOTERISMO   |   Tempo di Lettura: 10 min

Un viaggio dentro se stessi grazie al Buddhismo

Profondo come il Mare, Leggero come il Cielo - Gianluca Gotto - Speciale

Vivere con la massima serenità in questo mondo sempre più rumoroso e complicato col Buddhismo. Scoprilo leggendo l'anteprima del nuovo libro di Gianluca Gotto.

Un viaggio dentro se stessi grazie al Buddhismo

Nessun Dio, tanti buddha

Durante quell'incontro, il monaco si limitava a parlare di questioni molto umane, faccende pratiche e quotidiane.

Quando gli venne chiesto: "Qual è il senso della vita?", la sua risposta fu: "Della vita sappiamo poco, ma certamente la sofferenza esiste e riguarda ogni essere vivente. Quindi ha senso una vita in cui cerchiamo di soffrire meno e aiutiamo gli altri a fare lo stesso".

Ebbi l'impressione, in quel momento, che il buddhismo non fosse propriamente una religione, ma una specie di stile di vita basato sulla gentilezza, l’empatia, la gioia. Sulla compassione, prima di tutto. Non sbagliavo. La conferma arrivò qualche anno più tardi, parlando con il monaco nel tempio di Bangkok.

"Non puoi chiedermi se Dio esiste oppure no" rispose ridendo alla mia domanda diretta. "Perché la presenza o l'assenza di Dio non è rilevante per un buddhista."

"Non ha importanza se Dio esiste?" chiesi un po’ sgomento.

Lui rise.

 

profondo-come-mare-leggero-come-cielo-gianluca-gotto-libro

 

"Per un buddhista non cambierebbe niente. Non abbiamo bisogno di Dio per fare del bene e non del male. Tu ne hai bisogno?"

Sorrisi di fronte a quella domanda.

"Nel tuo cuore sai già qual è il modo retto di agire. Se Dio esiste è lì, nel tuo cuore, non nei cieli. Invece di sperare che lassù qualcuno ti protegga e ti premi, perché non ti fermi ogni tanto ad ascoltarti?" disse.

"Ascoltarmi?"

"È così che realizzi la tua vera natura."

"Che sarebbe...?"

"Diventare tu stesso un buddha."

"Io? Un buddha?" chiesi stupito.

Il monaco rise.

"Ognuno di noi possiede dentro di sé il seme della buddhità. Se lo coltiviamo, diventiamo dei buddha. Smettiamo di soffrire."

"Sembra quasi che la ricompensa per essere buddhisti sia... essere buddhisti" ragionai ad alta voce.

"È così: essere un buddha è la cosa più bella che tu possa ottenere nella vita" confermò.

"Ed essere un buddha significa diventare una specie di... superuomo?" chiesi accigliato. "Elevarsi a uno stato superiore?"

Credevo che quello fosse il nirvana. Un'ascesa in cielo. Ma dal sorriso del monaco mi resi conto che sbagliavo.

"Il buddhismo non ti rende un essere speciale. Ti mostra che lo sei sempre stato, senza saperlo."

 

profondo-come-mare-leggero-come-cielo-libro-gianluca-gotto

 

Se Dio esiste, è buddhista

Nel buddhismo non si parla di Dio. Per il Buddha un essere superiore non era contemplato, perché l'Universo è una sola entità inseparabile e quindi non è stata creata da nessuno. Visto che il Buddha non parlò di Dio, si può essere cristiani o musulmani e al tempo stesso buddhisti.

Si tratta di una visione che rende tutto molto semplice, pratico e accessibile. E ovviamente anche molto, molto pacifico. Per un buddhista non esistono fedeli e infedeli, non ci sono guerre sante da combattere, né persone da convertire. Se il bello di fare del bene è fare del bene, il bello di essere buddhisti è essere buddhisti. La ricompensa per chi si sforza di essere un buddha è essere un buddha.

Si potrebbe obiettare che i buddhisti pregano in ginocchio davanti agli altari, costruiscono statue enormi e templi d’oro, hanno i santini di monaci idolatrati come rockstar appesi agli specchietti delle auto. E io avanzai questa osservazione al monaco di Bangkok.

"Se il Buddha non era un Dio, perché vi inginocchiate davanti alla sua statua?"

Lui ci rifletté per un po'.

"Avevo una nonna che mi preparava sempre del cibo delizioso" disse alla fine. "La sua presenza mi aiutava a stare bene, a essere più sereno. Ogni volta che entravo in casa sua, mi inginocchiavo e la ringraziavo. Non perché fosse una divinità, ma perché rendeva la mia vita più bella. Lo stesso facciamo con il Buddha: ci inginocchiamo per ringraziarlo per tutto il bene che ha fatto all'umanità donandoci il suo insegnamento."

Mi ha sempre colpito, durante i miei incontri con i vari monaci, questo riferirsi al Buddha come a un vecchio amico. Uno di cui ci si può fidare, di cui essere grati. Avevo notato qualcosa di simile nell’atteggiamento di alcuni cristiani nei confronti di Gesù Cristo, ma certamente non nei confronti di Dio, che è lassù, troppo più grande e potente di noi.

 

libro-profondo-come-mare-leggero-come-cielo-gianluca-gotto

 

Il creatore non si mischia con chi ha creato: c'è un rapporto inevitabile di subordinazione. Nel buddhismo, invece, non esiste un dualismo tra creatore e creato. E infatti il Buddha storico non era nato come un essere speciale, ma come un uomo qualsiasi che ha poi trovato la strada per la vera felicità.

Ancora oggi è un maestro e un riferimento positivo, ma non una divinità per come la intendiamo noi.

Si potrebbe quindi pensare che il buddhismo professi l’ateismo. Si tratta di una “religione atea”? Ne ho parlato con tanti buddhisti e la risposta è sempre stata la stessa: non si può né negare né affermare che Dio esista, quindi che senso ha pensarci?

Il Buddha stesso, come detto, riteneva le questioni metafisiche, superstiziose ed eccessivamente spirituali una distrazione e una fonte di confusione. D'altronde il mondo è un posto piuttosto caotico, pieno di ingiustizie e problemi: ha senso intestardirci nel cercare una risposta che possa mettere d'accordo tutti e che comunque non potremo mai avere? Decisamente no. Abbiamo cose molto più importanti di cui occuparci in questa nostra vita.

Il Buddha ci invita quindi a non farci distrarre da discussioni senza fine e senza reale utilità: una persona perbene si comporta bene sia che Dio esista sia che non esista. E per questo è felice. Al contrario, una persona che si comporta bene solo perché teme la punizione divina difficilmente avrà una Vita felice: sarà, per l'appunto, un timorato di Dio.

Da una prospettiva buddhista, discutere di religione e di questioni religiose è una perdita di tempo che ci allontana dall’unica realtà: questo momento, questo luogo. Ci sono domande più utili che potremmo porci. Ad esempio: che cosa sappiamo della vita? A ben pensarci, non abbiamo molte certezze.

La prima è che siamo vivi, nel momento presente. Cosa c’era prima e cosa ci sarà dopo non può essere più importante di cosa c'è adesso. Poi ce n'è un'altra, quella che più fatichiamo ad accettare: la sofferenza esiste.

Per tutti quanti, nessuno escluso. Come si è detto, l’unico aspetto che accomuna gli uomini, di ogni cultura e religione, è che soffrono, chi più e chi meno.

E allora occupiamoci di questo, perché è reale. Cerchiamo di essere un rifugio per noi stessi e poi di esserlo per gli altri. Ecco di cosa si occupa il buddhismo.

Quando ho sentito questi ragionamenti le prime volte, davanti a uomini e donne tranquilli e sorridenti, pacifici e gentili, intelligenti ed empatici, ho pensato: se Dio esiste, come può non essere buddhista?

 

profondo-come-mare-leggero-come-cielo-libro-gotto

 

L'inferno, qui e ora

Dunque, perché il buddhismo è considerato da tanti come una religione? La risposta è che il messaggio del Buddha e dei suoi discepoli può essere interpretato in vari modi. Il nirvana, ad esempio, ovvero il risveglio di consapevolezza che cessa la sofferenza per sempre, può essere letto sia in chiave religiosa, come uno stato spirituale elevato e metafisico, sia in chiave psicologica.

Lo stesso vale per il karma: in chiave religiosa, implica la credenza nella reincarnazione e nella vita dopo la vita; in chiave filosofica, persino etica, il karma indica che il modo in cui ci sentiamo è determinato da quello che facciamo. Le vite precedenti e successive non c'entrano nulla, tutto è riportato al presente.

La maggior parte dei buddhisti che vivono in Asia sono di tipo religioso: credono nell’insegnamento del Buddha, ma spesso anche nell'esistenza degli spiriti, degli angeli e dei demoni di cui si legge nelle storie buddhiste. D’altronde, tutte queste cose esistono nelle parole del Buddha. Ma anche in questo caso, è tutta una questione di interpretazione.

Il buddhismo ha infatti ereditato dall’induismo i sei mondi, o i sei sentieri di vita:

  1. deva, ovvero gli angeli;
  2. naraka, ovvero i dannati dell'inferno;
  3. preta, i fantasmi affamati;
  4. gli esseri umani;
  5. asura, gli spiriti furiosi;
  6. gli animali: associati alla stupidità.

 

libro-profondo-come-mare-leggero-come-cielo-gotto

 

A una lettura superficiale, sembrerebbe una suddivisione tra mondo fisico e metafisico: ci sono gli umani e gli animali, poi ci sono gli spiriti, i dannati, gli angeli... In realtà nel buddhismo questi sei mondi non sono reali, ma metaforici: essi non rappresentano delle entità, ma degli stati d'animo.

Gli angeli sono il successo supremo del mondo, le persone più felici. I dannati dell'inferno sono il fallimento supremo del mondo, le persone più infelici. I fantasmi affamati sono gli spiriti frustrati: hanno le bocche piccole e le pance enormi. Gli spiriti furiosi personificano lo sdegno, la rabbia e la violenza.

Gli animali sono coloro che ignorano la verità, compresi quegli esseri umani che non vogliono vederla o accettarla.

Anche in questo caso emerge l'aspetto fortemente psicologico del buddhismo: questi sei “mondi” sono diverse modalità della mente umana. In base a come ci sentiamo, abitiamo un mondo o un altro. E lo stesso vale per il paradiso e l'inferno, che non sono luoghi dove la nostra anima andrà dopo la morte, ma stati mentali che viviamo costantemente in questa nostra vita terrena.

A un seminario sul buddhismo a cui ho partecipato qualche tempo fa a Bali, un monaco di origini cingalesi raccontò un aneddoto. Un giorno, al tempio dove viveva in Inghilterra, comparve una donna. Era agitatissima, ma anche molto confusa, al punto che il monaco non riuscì a comprendere che cosa volesse.

 

profondo-come-mare-leggero-come-cielo-gianluca-gotto

 

La invitò a entrare, le offrì un tè caldo e la ascoltò attentamente. La donna si calmò e gli raccontò di essere cresciuta in una famiglia estremamente religiosa, in cui era normale dire ai bambini di comportarsi bene perché altrimenti sarebbero finiti all'inferno, dove sarebbero stati bruciati nella lava bollente per l'eternità.

Quel terrore le era rimasto dentro ed era più forte che mai, anche nella vita adulta. Fino a diventare insostenibile nel momento in cui si era innamorata di un'altra donna. Non riusciva più a dormire, né a mangiare. Avrebbe voluto stare con questa persona, amarla e lasciarsi amare, ma la paura di essere spedita all'inferno la faceva desistere.

Raccontando queste cose si era agitata nuovamente. Aveva detto che venire lì, in un luogo di culto, era stato un grave errore, perché anche chi non riconosce che esiste un solo Dio è destinato all'inferno...

Il monaco le aveva spiegato che i buddhisti non professano di credere in un Dio, quindi non c'era alcun problema. Eppure la donna si era alzata e, quasi tremando, si era diretta verso l'uscita. Prima che se ne andasse, il monaco le aveva detto poche, semplici parole:

"Se rinunci all'amore e vivi nella paura, non è il caso di aspettare di scoprire se andrai all'inferno: la tua vita è già un inferno. Non è Dio a condannarti: sei tu a farlo."

L'inferno, da una prospettiva buddhista, non è un luogo infuocato dove l’anima viene spedita a espiare i peccati terreni, ma un luogo puramente mentale a cui ci condanniamo da soli senza rendercene conto. L'inferno è quando la vita è dominata dalla paura, dal disordine mentale e dalla negatività. È quando la nostra intenzione, la nostra parola e la nostra azione arrecano sofferenza a noi stessi e al mondo.

 

profondo-come-mare-leggero-come-cielo-gotto-libro

Data di Pubblicazione: 1 marzo 2023

Ti è piaciuto questo articolo? Rimani in contatto con noi!

Procedendo con l'invio dei dati:

Lascia un commento su questo articolo

Caricamento in Corso...