SELF-HELP E PSICOLOGIA

Un viaggio di scoperta, riflessione, confronto sulla via del cambiamento

Il bene e il male sulla via del cambiamento

I valori: il bene e il male sono categorie di pensiero valido? Scoprilo leggendo l'anteprima del libro di Andrea Degl'Innocenti e Daniel Tarozzi.

Prima della prima: dialogo tra me e te

Alto (CN), 27 novembre 2017

Emozionati. Ci conosciamo da una vita, lavoriamo insieme da una vita, abbiamo condiviso viaggi, esperienze, rischi. Abbiamo fondato associazioni, scritto libri, fatto ricerca fondi, ma quella che stiamo iniziando oggi è un’impresa che intimorisce anche noi. Abbiamo un’idea ancora confusa del percorso che ci aspetta, ma sentiamo che sarà un lavoro fondamentale. La permacultura ci fa davvero da stella polare: nel problema sta la soluzione!

Ed eccoci ad affrontare la prima nostra grande “divisione” a livello progettuale e ideale come un’occasione per crescere, anziché come motivo per dividerci o litigare. Da opposti pensieri nascerà un viaggio di scoperta, riflessione, confronto.

Eccoci, ci vediamo ora (maggio 2020) come se fosse ieri. Siamo nella casa di Daniel, ad Alto, tra i monti, seduti sul divano. Dietro di noi la stufa è accesa. È lunedì 27 novembre 2017, 11 di mattina.

Andrea guarda Daniel con uno sguardo assente, la sua agenda in mano.

Daniel: «Hai uno sguardo inquietante».

Andrea: «Non so se è più inquietante il mio sguardo o il fatto che io abbia un’agenda in mano!»

Lo premettiamo, il “cazzeggio” è alla base del nostro interloquire. Abbiamo deciso di riportare qui anche alcuni dialoghi un po’ surreali per alleggerire i toni e perché crediamo fermamente che anche l’argomento più spinoso o nobile possa essere affrontato con leggerezza e allegria.

Andrea: «Be’, ripartiamo dall’inizio. Come ben sai, a Berlino abbiamo iniziato a parlare di valori, del loro ruolo nel cambiamento sociale, ed è iniziata una conversazione potenzialmente infinita. Certo, è un argomento talmente vasto che lo si può affrontare partendo da un punto qualsiasi e funziona comunque».

Ovvio, il tema non è facile da affrontare: non ha un capo né una coda, bensì mille sfaccettature, e più volte in quei primi giorni i nostri discorsi si perdevano in rigagnoli, si intrecciavano, finivano in vicoli ciechi e tornavano ancora e ancora a percorrere le stesse argomentazioni. Cercheremo qui di semplificare e riassumere quanto emerso, lasciando al tempo stesso spazio a degli estratti di conversazione.

Daniel: «Già. E poi è un tema che ha da una parte una valenza filosofico-esistenziale interessante, dall’altra ha anche delle ricadute molto pratiche, sia positive, nell’ottica di abbattere i muri tra buoni e cattivi, sia negative, a mio avviso, perché se non ho nessun criterio di giudizio, come mi muovo?»

I valori. il bene e il male come categorie di pensiero

Ecco, qui Daniel tocca fin da subito una delle ragioni fondamentali che ci ha spinto a scrivere questo libro, e vorremmo fosse chiaro al lettore: non ci siamo imbarcati in questa impresa mossi da intenti filosofici, come si potrebbe pensare trattandosi di un tema così astratto, ma proprio da un’esigenza pratica. Per noi, che con i valori ci lavoriamo quotidianamente, capire se il bene e il male siano categorie di pensiero valide e se abbia senso che siano i valori a guidare il nostro cammino non è questione di speculazione astratta, ma ha a che fare con il senso profondo del nostro lavoro - e delle nostre vite.

Difatti la conversazione prende da subito una piega molto pratica e ci domandiamo se sia ragionevole avere dei criteri valoriali nello scegliere le storie che raccontiamo su Italia che Cambia. Raccontiamo le storie di cambiamento positivo in atto nel nostro paese: ma è possibile definire qualcosa “positivo” in un mondo senza valori?

Andrea: «Io non contesto l’importanza di avere dei criteri, ma non credo che questi debbano essere basati sui valori. Il fatto che per me non ci sia niente di giusto o sbagliato in assoluto, non significa che non ci siano azioni giuste o sbagliate in relazione a un obiettivo. Vogliamo costruire una società che sia più ecologica e felice? Ecco, questo è un obiettivo, non un valore. Parliamo di tutte quelle esperienze che ci avvicinano a quell’obiettivo».

Daniel: «Secondo me la tua critica ha ragione di esistere soltanto nel caso in cui si pretenda di mantenere un approccio rigido ai valori. Certo è che se i valori sono “io ho ragione, tu hai torto e se non la pensi come me non sei degno della mia considerazione”, i valori sono una inevitabile e costante generazione di conflitto. Ma in una concezione più laica, non dogmatica, i valori sono necessari, perché altrimenti si rischia la paralisi. Se ogni direzione di per sé non è né positiva né negativa, quale bussola allora per il cambiamento? Io ad esempio non potrei lavorare dentro Italia che Cambia. Se tutto è equivalente, perché dovrei anche solo voler cambiare?»

Andrea: «Per stare bene! A me tutto questo sistema basato sui valori non convince, ma quando dico di uscirne, non penso di finire nel nulla, ho in mente una specie di alternativa. Anche il neoliberismo propone di uscire da un sistema basato sui valori per entrare in un sistema basato sull’interesse economico, sul libero scambio di denaro. Quello che io ho in mente è di entrare in un sistema basato sulle relazioni».

Le posizioni da cui partono i due contendenti

Va bene, forse abbiamo corso un po’ troppo - è che ci piaceva l’idea di farvi entrare da subito nel cuore della discussione! Fermiamoci un attimo e vediamo quali sono le posizioni da cui partono i due fieri contendenti.

Cominciamo da Andrea, che si è convinto, da un po’ di tempo a questa parte, che i valori siano inutili, persino controproducenti, se si vuole cambiare il mondo. È una sorta di intuizione, la sua, più che una teoria e, anche se sembra molto sicuro di quello che dice, ha la testa piena di dubbi.

Il suo scetticismo verso i valori proviene da alcune sue osservazioni: in alcuni casi, i valori sembrano creare gruppi coesi in lotta fra loro: vegani contro onnivori, comunisti contro fascisti, ambientalisti contro capitalisti, e così via. In altri casi, i valori sembrano più simili a delle scorciatoie mentali (non diverse dalle euristiche) che ci indicano cosa è giusto o sbagliato fare in ogni situazione, evitando al nostro cervello lo sforzo di pensare; solo che Andrea sa bene - e non si stanca di ripetere - che le euristiche a volte non funzionano e si trasformano nei temibilissimi bias cognitivi.

In questo senso, i valori possono distoreere la nostra visione della realtà, facendoci selezionare solo gli aspetti che corrispondono ad essi e scartando gli altri: in altre parole, rendendoci meno oggettivi. Notando tutte queste storture, Andrea ha iniziato a chiedersi se i valori non siano controproducenti in un momento storico in cui c’è bisogno di una transizione ecologica di tutta la società, e non solo di alcune sue parti. Di conseguenza, ha iniziato a immaginare come potrebbe funzionare un processo di cambiamento che non sia guidato dai valori (e addirittura un mondo privo di valori). E ha trovato una pur parziale risposta in quella che immagina come una società basata sulle relazioni, in cui ci si allena per sviluppare al meglio le capacità cognitive ed emotive degli esseri umani.

Se ognuno fosse in grado di osservare la realtà in maniera il più possibile oggettiva, e al tempo stesso fosse in contatto con le proprie emozioni e con quelle degli altri, si dice, il mondo non avrebbe più bisogno di valori. In questa visione, non lo nega, ha avuto un ruolo determinante il suo incontro con il Movimento della Transizione, che fa di Testa-Cuore-Mani il suo modus operandi.

E Daniel - vi starete chiedendo - cosa ne pensa di queste idee bislacche del suo amico e collega? Che non sia molto d’accordo lo avrete già capito, altrimenti non stareste leggendo questo libro (perché non esisterebbe). Tuttavia Daniel non si schiera acriticamente a difesa dei valori: è il primo ad ammettere che i valori dogmatici sono uno dei principali freni a un cambiamento sociale responsabile. Tuttavia, di nuovo, ritiene che alcuni valori, pochi, non dogmatici e inclusivi, siano una bussola essenziale per guidare il cambiamento.

Per Daniel esistono due tipi di valori - ed è un peccato avere un’unica parola per definire due concetti così diversi. I primi sono i valori divisivi: “non mangiare carne”, “non usare la macchina”, “essere anticapitalisti” o cose del genere. I secondi sono invece valori più generici, potenzialmente universali: armonia, non violenza, consapevolezza, o la tensione (intesa come tendere verso) al rispetto della persona, degli esseri viventi, del pianeta. Mentre i primi sono valori relativi, che vanno presi con le pinze, i secondi sono fondamentali per costruire un mondo diverso: il rischio, altrimenti, è di rimanere paralizzati. Come ha appena detto poche righe sopra, «Se tutto è equivalente, perché dovrei anche solo voler cambiare?»

Ritorno al dibattito

Daniel: «Vedi, una proiezione valoriale mi fa muovere in una determinata direzione e fare determinate scelte. Se io sono empatico, ma non ho nessun criterio, ci sta anche che io senta che tu stai soffrendo e me ne disinteressi. Mi pare che tu parta dal presupposto che l’essere umano sia di per sé buono e di conseguenza, se lo liberi dalle catene intellettuali e lo inserisci in un’ottica empatica e relazionale, tutto andrà nel migliore dei modi. Questa, secondo me, è comunque una visione valoriale dell’essere umano. Quando leggi Il signore delle mosche, quello che lui racconta è che i bambini liberati dalla cultura, dalle regole precostituite trovano funzionale la legge del più forte».

Andrea: «L’empatia è la soluzione: se tu guardi un animale che soffre, non soffri perché pensi che sia sbagliato, soffri a tua volta perché entri automaticamente in sintonia con lo stato emotivo dell’altro, a meno che tu non sia asociale e quindi non abbia sviluppato empatia né per te stesso né per gli altri. Ma noi cresciamo e ci sviluppiamo per avere questo tipo di relazione con il tutto».

Daniel: «Ma il bambino in alcuni casi tortura l’animale».

Andrea: «Vero, abbiamo tante spinte diverse dentro di noi, abbiamo degli istinti verso la violenza ma anche una parte empatica che ci fa soffrire quando qualcun altro soffre. Se il bambino fa male al gatto, secondo me, è importante che si renda conto che sta facendo soffrire il gatto. Per ottenere questo risultato, credo che il miglior modo non sia affermare che un determinato comportamento sia giusto o sbagliato; secondo me il bambino in questione va aiutato ad essere consapevole delle conseguenze delle proprie azioni».

Dibattiamo per un po’ sul tema. Andrea, premettendo di non essere uno psicologo, sostiene che ci sono delle fasi nello sviluppo del bambino in cui è importante che testi la sua “potenza”, la capacità di agire sul mondo, nel bene e nel male (sempre che esistano). In questo senso, anche causare piccole dosi di sofferenza costituirebbe un passaggio necessario per prendere coscienza di sé e sviluppare responsabilità e consapevolezza. Solo se si ha provato che si può generare dolore e si sviluppa una consapevolezza degli effetti che le nostre azioni possono avere sugli altri possiamo decidere di agire diversamente. «Se un comportamento mi viene imposto da un valore, non sarò mai del tutto consapevole delle mie azioni», afferma. Subito dopo incalza Daniel, chiedendogli delucidazioni sul suo modello. «Tu hai parlato di pochi valori universali e ne hai elencato alcuni, ma ce ne sono tanti altri e ci sono persone nel mondo che hanno valori molto diversi dai tuoi. Come ti comporti con loro? Li convinci che i tuoi valori sono migliori? Qual è il tuo obiettivo?»

Daniel: «Bella domanda. Il mio obiettivo è un essere umano consapevole. Un mondo dove non serviranno valori scritti perché ci sarà una tale evoluzione ed empatia che entreremo in connessione con il Tutto. Anche io credo che in natura non esistano concetti come bene e male: sono concetti umani. Il cane non fa il bene o il male. Però, il fatto che questi concetti esistano ha per noi delle ripercussioni anche positive. Pensa a quando una persona si “immola” per un bene superiore. Pensa a quanti hanno addirittura dato la vita in nome della nostra libertà o per salvare altre vite: questo nessun altro animale lo fa. Un cane può sacrificarsi per salvare un altro cane o anche un umano parte della sua famiglia. Ma non farà mai scelte in nome della sua specie o - più in generale - in nome della vita sulla Terra. Ecco, questo tipo di scelte sono assolutamente valoriali: io muoio per il bene dell’umanità».

Data di Pubblicazione: 9 febbraio 2021

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