Che cos'è Visotonic®? Come scolpire e modellare il viso mantenendo la nostra bellezza? Scoprilo, leggendo l'anteprima del nuovo libro di Loredana De Michelis.
Visotonic® - La Rivoluzione della Bellezza e del Benessere
Prima
Sembrava impossibile, mi pareva persino che qualcuno avesse garantito che non poteva succedere e invece sono invecchiata.
A parte gli anni.
Tutto cominciò in modo drastico l’estate in cui le mie gambe non si presentarono all’appuntamento stagionale: me ne ritrovavo un paio simile, in effetti, ma l’aspetto era vagamente meno compatto e se mi avvicinavo con una lente d’ingrandimento s’intravedevano alcune vene sottopelle.
Fra praticamente arrivata l’ultima estate della mia vita in cui avrei potuto mettere una minigonna. Potevo solo augurarmi che passassero di moda.
Per fortuna c’erano i pantaloni e quelli mi stavano benone; almeno, fino all’ultima volta che mi ero guardata allo specchio, ma quando era stata l’ultima volta? Non me lo ricordavo ed era brutto segno: memoria che fa cilecca, inizio di arteriosclerosi.
E se mi ero osservata e non avevo notato che i pantaloni cominciavano a riempirsi dove avrebbero dovuto essere vuoti e viceversa, allora ero proprio andata.
Altri sintomi devastanti non si fecero attendere: tanto per dirne una, se piegavo il gomito si formava una grinzina sul bicipite e se sollevavo un braccio in alto, tutto tranne l’osso, ma era questione di giorni, si spostava verso il basso.
A un certo punto comparve persino la cosa che mi aveva sempre impressionato fin da bambina, l’irrimediabile segno di decadimento massimo che avevo sempre aborrito: l’ombelico triste. Quella simpatica boccuccia meravigliata si era trasformata in una smorfia silente, lì a tenere appesa una landa deserta di pelle e ossa.
Era oramai evidente che mi stavo rinsecchendo e con i capelli raccolti non sembravo più una giovane donna sofisticata, piuttosto una zitella con la crocchia: zigomi ossuti, guance cadenti e labbra increspate.
Quanto alle rughe, quelle che vengono intorno agli occhi a ogni minimo accenno di sorriso, posso solo dire che mi sono persa le fasi iniziali del loro sviluppo, ma data la gravità degli eventi ero stata troppo impegnata a spiare un eventuale principio di cataratta nelle pupille.
Forse stavo facendo un dramma per piccoli cambiamenti che vedevo solo io, però nelle fotografie recenti avevo notato un’inquietante nonché progressiva somiglianza con le mie professoresse di liceo: me le ricordavo bene, poverelle. Mica centenarie, per carità, piuttosto con quell’aria ammuffita di chi finge una freschezza mai avuta, mentre ai tempi io ero nata così, giovane, spiacente per loro.
Ecco cosa pensavano quelle là a scuola, quando mi guardavano mentre le fissavo pensando ai fatti miei: "Capiterà anche a teee, capiterà anche a teee". E a furia di maledizioni, vedi un po’ cos’erano riuscite a fare, razza di befane: mi era spuntato pure un capello bianco.
L’ho strappato e me ne sono caduti diecimila subito dopo. Si vede che era proprio quello che li teneva tutti uniti, vallo a sapere. A quel punto ero molto preoccupata e feci quello che fan tutte: mi rivolsi alla solita amica infida, che trovavo piuttosto invecchiata, ma come fai a dirglielo, e le chiesi cosa ne pensasse.
Lei inarcò le sopracciglia sollevando gli occhi al cielo, mentre io notavo che le avanzava ancora un po’ di pelle sulle palpebre: "Ma sei fuori? — Disse. — Non dimostri più di trentaquattro anni!"
"Ho trentaquattro anni, imbecille", dissi io.
"Beh? E quanti ne volevi dimostrare? Ventidue? E io cosa dovrei fare, che sono più vecchia? Comprarmi un loculo?"
Con la logica baldanzosa e inappuntabile di chi si racconta un sacco di frottole, ne dedussi che la mia amica era invidiosa, indi io non ero così messa male, altrimenti lei sarebbe stata più rassicurante, tipico, perché avrebbe potuto permetterselo. Ma non poteva permetterselo, era evidente, indi si difendeva aggredendo.
E come non capirla, fossi stata io conciata così, a camminare tutta rigida strascicando i piedi come una novantenne, con il collo da tartaruga, che a ben pensarci quello ce l’aveva sempre avuto anche da giovane, questione di postura.
A proposito: e la camminata elastica, da indossatrice, con la quale mi ero guadagnata più di uno stipendio come insegnante di portamento? Mi serviva urgentemente una fila di vetrine.
Cominciai da lontano, avvicinandomi ai negozi con varie andature. Ero talmente intenta a verificare l’allineamento spalle-bacino che mi accorsi solo all’ultimo momento di mia mamma: mi stava fissando dal riflesso con una smorfia di disappunto e delusione.
Per quanto vecchio uno sia, si fa presto a tornare giovani: credetti immediatamente che mi avesse beccata a bigiare scuola e diventai rossa come un peperone.
Mia madre arrossì contemporaneamente e questo mi diede da pensare una serie di cose in sequenza:
- Che ci fa mamma in vetrina.
- Non posso essere io, stavo facendo tutta un’altra espressione, secondo me.
- Accidenti come le assomiglio, ma non assomigliavo alla nonna?
- E se tra sei mesi assomiglio alla nonna? Meglio la mamma, è ancora una bella donna.
- Questa è demenza precoce, te lo dico io.
- Comunque cammini da schifo.
E così cominciai a controllare la camminata, imponendomi di proseguire guardando dritto sopra le teste di tutti.
Due adolescenti a bordo di un motorino mi superarono fischiando di ammirazione. Data la giornata che stavo passando mi voltai sorridendo riconoscente.
Quello che guidava si imbarazzò e disse: "Scusi".
A quel punto cominciai a sentirmi strana, e tutto quello che mi venne da pensare è che non si va in due in motorino, ecco.
E poi dai, ero sveglia da due ore, anche se era l’una di pomeriggio, colpa del Risiko della sera prima; e mi ero già fumata dieci sigarette, colpa dello stress. Non ricordavo l’ultima volta che avevo mangiato e mi tremavano le mani.
Avrebbe anche potuto essere Alzheimer.
Mi avviai alla mensa universitaria con il buon proposito di una vita più sana da quel momento in poi: non c’era niente di male a darsi una regolata, anche da giovani. Possedevo un tesserino mensa falso, opera raffinata di un mio amico studente di odontoiatria e dei suoi sofisticati strumenti, e a nessuno era mai passato per la testa che fossi troppo vecchia per essere una studentessa. Al massimo fuori corso di due anni.
Mi sedetti al tavolo con un pasto sano e nutriente. Due tizi dall’aria innocua mi stavano fissando: ottima cosa.
Poi uno di loro sbottò illuminato: "Ma io ti conosco! Tu eri quella che veniva alla mensa “x” anni fa!"
Io non me lo ricordavo, ma almeno quello non era un problema di memoria, eravamo centinaia.
"Un'estate, mi ricordo che avevi un vestito azzurro — disse con aria sognante. — Era trasparente! Ti guardavamo tutti!"
Il vestito me lo ricordavo. Che era trasparente avrebbero anche potuto dirmelo prima.
Comunque erano simpatici, e lui aveva attaccato a raccontare vecchie goliardate universitarie al suo amico matricola.
Cascai subito nella giornata da rimpatriata e li invitai a casa a bere un caffè: avevo un sacco di consigli saccenti da dare alla matricola, perché non ero ancora invecchiata abbastanza per capire che un comportamento del genere è da vecchi babbioni.
Il signor Fuoricorso continuava a fissarmi sorridendo rapito e seguiva ogni mia mossa in cerca di qualcosa.
A metà caffè puntò un dito, socchiuse gli occhi scuotendo la testa incredulo e disse al suo amico: "Tu dovevi vedere quanto era bella questa qui dieci anni fa!"
Poi mi chiese: "Avresti mica una fotografia?"
Dopo
Il tempo ha continuato a passare. Mi sono messa a fare yoga.
Ho adottato dei gatti. Ho comprato un camino. Finto.
Spesso provo un forte impulso a frugare nella spazzatura in cerca di mobili da riciclare, ma per il momento riesco a trattenermi.
Come tutti, ho passato le mie fasi. Un periodo ho raccolto firme per una petizione contro i camerini di prova dei negozi di abbigliamento: con quella luce bianchiccia che spiove dall’alto, ogni piccola protuberanza, ogni minima lassità tissutale, dà luogo a una serie di ombre irregolari e cavernose, che inducono una donna in mutande a meditare il suicidio immediato.
Poi mi sono preoccupata per la pensione che non avrò mai. A dire il vero, sono ancora preoccupata: approfitto per lanciare un appello alle autorità competenti. Infine, un giorno, è accaduto un fatto tipico della senescenza: ho scosso la cenere della sigaretta nella lattina di birra che stavo bevendo. La birra poi me la sono bevuta lo stesso, e questo, lo so, è anche peggio.
Ma la verità è che pur nel cambiamento, con le nuove e scomode verità che i giorni si portano appresso, e nella consapevolezza della maturità acquisita e soprattutto vantata, uno rimane lo scemo di sempre.
Io per esempio sono corsa allo specchio per vedere gli effetti della pozione che mi ero appena bevuta, perché mi ero improvvisamente ricordata dei fumetti di Asterix.
Ero lì che mi fissavo allo specchio con i capelli arruffati e le occhiaie dei matti, quando mi si aprirono di botto le valigie della memoria, quelle che uno tiene nella soffitta del cervello.
Nel mio caso particolare tale soffitta, a parte essere enorme e limitare le aree operative, è piena di nozioni strampalate in attesa di collegamenti che di solito non avvengono mai, se non in momenti del tutto fuori luogo.
Quella volta però — sarà stata la pozione — si aprirono le valigie giuste: tempo addietro, durante un soggiorno all’estero, avevo imparato una tecnica di ginnastica facciale da una signora sessantenne che dimostrava quarant'anni.
Era una tecnica potente, che poco aveva a che fare con le smorfiette suggerite dai giornali, e che prendeva spunto dalle tecniche mimiche delle scuole di recitazione americane e da tecniche riabilitative.
Allora l’avevo imparata e messa via per i tempi duri che sembravano proprio essere arrivati, mentre nel frattempo avevo continuato ad accumulare conoscenze che adesso parevano collegarsi improvvisamente tutte insieme, ampliando il discorso in maniera entusiasmante.
Decisi che mi sarei rimodellata la faccia e avrei rinnovato il guardaroba delle espressioni, quelle che avevo erano passate di moda; avrei fatto un po’ di esperimenti e preso appunti.
Mi misi alla ricerca di testi scientifici e professionisti che potessero aiutarmi a completare le mie conoscenze. Non fu per nulla facile: erano anni in cui internet non era ancora diffuso e l’idea che si potessero allenare i muscoli del viso (almeno alcuni) per ottenere un rimodellamento di labbra e zigomi, per esempio, era del tutto nuova.
Molti confondevano la ginnastica facciale con il massaggio, altri credevano che consistesse nel fare smorfie a casaccio, sorridere, mandare bacetti, tirare la pelle con le mani o con altri aggeggi.
Ancora oggi c’è gente che la pensa così, e sui social mi capita spesso di vedere “esperti” che mostrano quelli che loro credono essere esercizi per “tonificare” una certa parte del viso, ma che spesso non coinvolgono affatto i muscoli del viso in generale, oppure coinvolgono i muscoli sbagliati, e non certo a sufficienza per tonificarli.
Cos'è oggi Visotonic®
Visotonic® esiste dal 2004. Ho avuto la fortuna, negli anni, di confrontarmi con preparatori atletici, logopedisti, fisiatri, anatomisti, chirurghi e odontoiatri. Tutti mi hanno insegnato qualcosa, ma chi mi ha permesso di scoprire moltissimo sono stati gli ortodontisti.
Grazie alla loro generosità e a quella dei loro pazienti, ho potuto osservare molti casi cosiddetti funzionali, nei quali la muscolatura facciale era usata in modo asimmetrico, non era sufficientemente tonica o, al contrario, era ipertonica.
Ho potuto vedere come ciò modifichi l’aspetto del viso (e persino la postura) di una persona attraverso una serie di effetti a cascata.
I disturbi funzionali hanno la particolarità di essere quasi sempre unici e difficilmente si risolvono con i protocolli di intervento più comuni. Per gestirli bene è necessaria un’attenta e approfondita osservazione unita alla capacità di escogitare soluzioni personalizzate, anche in base alle attitudini del paziente.
Bruxismo, deglutizione atipica, paresi funzionali, frequenza di ammiccamento, e modi del tutto peculiari di usare la muscolatura mimica, in particolare per sorridere o per muovere le sopracciglia, rappresentano per me una danza affascinante che mi ritrovo a osservare sul volto degli altri con sempre rinnovato interesse.
Applicare tutte queste conoscenze anche alla dimensione estetica di un viso è stato un processo naturale, e non mi riferisco soltanto a un aspetto più giovanile e più sodo, ma al modo di usare il principale mezzo di comunicazione che abbiamo e di farlo nella maniera più intensa, interessante, rilassata e libera.
Oggi Visotonic è un approccio artistico alla bellezza e alla salute che si sviluppa in quattro direzioni diverse e interconnesse: Visotonic Wellness dedicato all'educazione del movimento corretto di mandibola e collo, Visotonic Education, incentrato sulle modalità di comunicazione sociale attraverso la mimica, Visotonic Performance, per attori e public speaker, e Visotonic Fitness, che si focalizza sui risultati estetici.
Questo libro è dedicato in particolare all'applicazione estetica. Ulteriori informazioni su Visotonic in generale si trovano sul sito: www.isotonic.it.
Data di Pubblicazione: 20 ottobre 2022