Anteprima del libro "Il Mio Cuore Ricorda Swami Kriyananda" di Narayani Anaya
Che cos'è questa vita?
Della mia infanzia ho solo ricordi felici. I miei genitori si sposarono giovani e io fui la primogenita, non solo per loro, ma anche per tutta la mia famiglia allargata a Elche, in Spagna. Mio nonno era un cantante di flamenco. Anch’io avevo il flamenco nel sangue e fin da piccola amavo danzare. La mia mamma mi metteva su un tavolo, tutta la famiglia batteva il ritmo con le mani e io li intrattenevo.
Non volevo mai vestirmi in modo normale, ma mi avvolgevo in stoffe colorate e mettevo fiori nei capelli. Sognavo di essere una principessa o una fata. Mio fratello era abbastanza piccolo per assoggettarsi ai comandi della sorella maggiore. Gli facevo indossare costumi e praticare passi di danza con me affinché, durante il carnevale e i festival musicali della nostra città, potessimo essere coordinati e avere la giusta coreografia. (Questi ricordi, per lui, sono meno felici che per me!) Non potevo mai rimanere a guardare: dovevo far parte della sfilata e danzare per tutta la città.
Mio padre e la metafisica
Mio padre era interessato alle questioni metafisiche e io - così mi ha raccontato — già a quattro anni gli facevo domande sul karma e la reincarnazione.
Ricordo una serie televisiva in cui un ragazzo imparava da un maestro non solo delle abilità pratiche, ma anche come vivere nel modo giusto. Ero elettrizzata all’idea di avere anch’io un Saggio che mi guidasse.
Da piccola, dormivo rannicchiata in un angolo del letto per lasciare spazio a tutti gli angeli che venivano a dormire con me. Avevo imparato a non muovermi durante la notte, per timore di girarmi accidentalmente e di schiacciarne qualcuno!
Vedere i poveri mi rendeva triste. Ricordo, in particolare, una famiglia del nostro quartiere con due bambini. Facevo quello che potevo per loro. Ogni volta che pulivo la mia stanza, cercavo qualcosa da dare agli altri.
Mio padre dovette mettere da parte i suoi interessi spirituali per costruirsi una carriera e mantenere la famiglia. Era architetto d’interni e, assieme a mia madre, aprì un negozio di arredamento che divenne uno dei più popolari di Elche. Lei mandava avanti il negozio, lui si occupava dei progetti.
Quando mio fratello e io diventammo adolescenti, mio padre riprese a praticare seriamente - forse addirittura con troppo zelo - lo yoga e la meditazione. Cercò di convincere mia madre a cucinare solo piatti vegetariani, una cosa inconcepibile per lei! Mia madre amava la sua vita così com’era, nel suo ruolo di moglie e mamma, e un abisso si stava aprendo tra loro due. Quando avevo quindici anni, ci fu un brutto divorzio.
Mia padre piangeva
Mia madre piangeva così tanto, specialmente di notte, che mi trasferii nella sua stanza per dormire nel suo letto, con la speranza che la mia presenza la rendesse meno triste e sola.
Era tutto troppo per me, una realtà più dura di quella che avrei voluto affrontare, così cominciai a vivere sulla superficie dell’esistenza, e trascorsi un paio di anni spericolati. I miei genitori si aspettavano che andassi all’università ma, quando arrivò il momento, capii di non essere interessata. Mi piacevano la vita e le persone e non mi divertivo a imparare dai libri. Dopo l’università, avrei dovuto comunque trovarmi un lavoro, quindi che senso aveva?
Cercai di pensare a qualcosa che mi avesse resa felice in precedenza. Mi piaceva lavorare con le mani. Ricordai le occasioni in cui andavo dal parrucchiere con la mamma e poi acconciavo le bambole nello stesso stile. Il mestiere di parrucchiera non corrispondeva alle aspettative dei miei genitori, ma acconsentirono, perché per lo meno mi avrebbe dato una direzione.
Risultò che avevo talento. L’ambiente completamente femminile era un piacevole cambiamento dopo quegli anni spericolati. Quando la mia insegnante apri un negozio, andai a lavorare con lei ed ebbi ottimi risultati. Il rapporto con i clienti andava oltre i loro capelli: c’era un contatto a molti livelli.
Guadagnavo abbastanza da coprire tutte le spese, e il lavoro mi dava più disciplina. Mi piaceva ancora ballare e, ogni fine settimana, andavo in discoteca con gli amici. La mia vita cominciò ad assumere dei ritmi comodi e regolari. Mi piaceva quello che facevo, ma non potevo pensare che sarei andata avanti così per sempre! Un marito e dei figli erano il passo più ovvio ma, per qualche motivo, sapevo che non mi avrebbero resa felice. La domanda era: Che cosa mi renderebbe felice?
Non ne avevo idea. La vita era tutta qui!
Questo testo è estratto dal libro "Il Mio Cuore Ricorda Swami Kriyananda".
Data di Pubblicazione: 24 aprile 2018