SALUTE E BENESSERE   |   Tempo di Lettura: 10 min

La vitamina B12, una piccola grande amica

La vitamina B12, una piccola grande amica

Una sostanza fondamentale per moltissime funzioni del corpo oltre che per la cura dell’anemia, scoprila leggendo l'anteprima del libro di Simona Vignali,

La vitamina B12, una piccola grande amica

La vitamina B12 è una delle sostanze più particolari e più importanti per la nostra salute. Si assume con il cibo, ma non bisogna pensare che venga assorbita così, subito, automaticamente, solo perché è presente negli alimenti. La vitamina B12 ha bisogno di fare un lungo percorso, legarsi e slegarsi e poi incontrarsi ancora con diverse altre sostanze che si trovano già all’interno del corpo. Se tutto va bene.

Questo rende la sua assimilazione un processo piuttosto complesso. Una specie di corsa a ostacoli. Un minimo intralcio e al traguardo non ci arriva. La sua carenza può colpire chiunque, a qualsiasi età. Molti medici credono ancora che sia una “malattia da anziani”, ma non è così.

La carenza di B12 può mettere in serio pericolo la salute di un giovane. Causare danni irreversibili a un feto durante la gravidanza. Ritardare i movimenti o l’apprendimento di un bambino. Sconvolgere la vita di un adolescente con crisi di stanchezza e depressione. Può creare stati di confusione negli adulti e accelerare il declino cognitivo negli anziani. Può persino provocare la morte.

Secondo la più recente letteratura scientifica, se prendiamo una serie di persone di sesso ed età diverse, con svariati problemi di salute e un’ampia gamma di sintomi molto differenti tra loro, possono avere qualcosa in comune. Bambini, adolescenti, ragazzi, adulti e anziani, con i loro disparati sintomi, potrebbero soffrire dello stesso problema: carenza di vitamina B12.

Molte problematiche sottovalutate

La carenza di B12 non è una malattia rara ed esotica, ma una condizione subclinica che provoca molti danni e oggi, purtroppo, in molti casi ancora non viene diagnosticata in tempo. La classe medica spesso non contempla questa opzione, perché sarebbe una soluzione troppo semplice per molti disturbi spesso complessi e a volte assai gravi. Gli studenti di medicina la studiano bene nei libri di testo, fin dai primi anni di università. Le riviste mediche hanno descritto innumerevoli casi clinici a partire dal 1960 e alcune ricerche risalgono addirittura alla fine del XIX secolo.

Ne è emerso che la mancanza di un adeguato livello di vitamina B12 provoca sintomi spesso non collegati a questa sostanza. Eccone una serie:

  • Depressione
  • Ansia
  • Disturbi psicologici
  • Stanchezza cronica
  • Ritardo dello sviluppo
  • Problemi motori
  • Autismo
  • Sindrome di Asperger
  • Danni cerebrali
  • Paresi
  • Anemia
  • Capogiri
  • Disturbo da deficit di attenzione
  • Difficoltà di concentrazione
  • Sterilità
  • Dolore
  • Intorpidimento dei nervi
  • Neuropatia
  • Sindrome delle gambe senza riposo
  • Dimagrimento
  • Perdita di appetito

In presenza di questi sintomi anche comuni, quante volte nella vita ci hanno consigliato di controllare il livello di vitamina B12?

La carenza ha diversi livelli di gravità

La carenza di vitamina B12 può essere lieve oppure grave. La carenza lieve è molto più comune della carenza grave o totale, ma può lo stesso causare problemi a partire dall’infanzia: disturbi di crescita, sviluppo, linguaggio, apprendimento, umore e socializzazione. Nei bambini, alcune situazioni normalmente diagnosticate come deficit di attenzione (DSA), disturbi comportamentali, ritardo nella crescita e nello sviluppo o addirittura autismo sono state poi ricondotte al livello di vitamina B12. Se la diagnosi arriva troppo tardi, con il passare del tempo gli effetti della carenza di vitamina B12 possono diventare devastanti o irreversibili. I bambini che subiscono le terribili conseguenze di una diagnosi mancata ne portano il peso per tutta la vita.

Non è però il caso di farsi prendere dal panico. Esiste la possibilità di prevenire ed evitare queste situazioni, peraltro senza grosse difficoltà. La carenza di vitamina B12 è semplice da identificare e facile da curare, se si sa come farlo. A condizione che sia diagnosticata prima di causare danni irreversibili.

Oggi la diagnosi precoce di carenza di B12 è più un’eccezione che una regola, per questo spero che il mio libro possa dare un contributo attivo nell’arginare un’epidemia silenziosa e - secondo le ricerche - piuttosto dilagante.

Il corpo ha bisogno delle vitamine

Il corpo è una macchina affascinante, straordinaria e sofisticata. Per far funzionare tutti i suoi meccanismi, ha bisogno di diverse sostanze molto specializzate, tra cui tredici vitamine essenziali. Servono ad attivare le reazioni chimiche che avvengono dentro le cellule. Praticamente mantengono in vita, fanno funzionare e rigenerare tutti gli organi e i tessuti, trasformano i nutrienti in energia, rimuovono le scorie e le sostanze tossiche, combattono le infezioni, riparano i danni e permettono alle cellule di comunicare tra loro.

Senza vitamine dunque non si attivano i meccanismi biochimici che fanno funzionare il metabolismo, i sistemi e gli organi. Insomma, senza vitamine non funzioniamo noi. Il sistema immunitario, il sistema nervoso, il cervello inizierebbero a dare segni di debolezza e a funzionare male. Che vita sarebbe? Una vita spenta e malata.

A parte la vitamina D, nessuna vitamina viene sintetizzata dal corpo senza passare attraverso il cibo.

Le vitamine devono essere assunte regolarmente in quantità e proporzioni specifiche. Si dividono in due gruppi:

Vitamine idrosolubili:

si sciolgono nell’acqua e non vengono immagazzinate nel corpo, per cui vanno assunte quotidianamente, attraverso il cibo. A questo gruppo appartengono le vitamine del complesso B e la vitamina C (acido ascorbico, principio antiscorbutico). Le vitamine del gruppo B sono:

  • Vitamina B1 (tiamina o aneurina)
  • Vitamina B2 (riboflavina o lactoflavina)
  • Vitamina B3 o vitamina PP (niacina o acido nicotinico)
  • Vitamina B5 o vitamina W (acido pantotenico)
  • Vitamina B6 o vitamina Y (piridossina o piridossami-na o piridossale)
  • Vitamina B8, vitamina H o vitamina I (biotina)
  • Vitamina B9, vitamina BC o vitamina M (acido folico, pteroil-monoglutammico o folacina)
  • Vitamina B12 (cobalamina)

Vitamine liposolubili:

si sciolgono solo insieme a sostanze grasse e possono essere immagazzinate nei tessuti o negli organi come la pelle e il fegato. Non devono necessariamente essere introdotte ogni giorno. Il corpo le conserva e le rilascia in piccole quantità quando si rendono necessarie. Queste vitamine di solito si trovano nella frutta e nella verdura:

  • Vitamina A (retinolo e retinoidi)
  • Vitamina D (D2 ergocarciferolo e D3 colecalciferolo)
  • Vitamina E (tocoferolo)
  • Vitamina K (naftochinone; K1 fillochinone, K2 mena-chinoni, K3 menadione)
  • Vitamina F (acido alfa-linolenico, omega 3)
  • Vitamina Q (ubichinone, coenzima Q)

Al corpo poi servono anche altre vitamine o provitamine, come la B7 (inositolo), i carotenoidi o il betacarotene. Ma non sempre gli alimenti e lo stile di vita permettono di introdurre e mantenere la giusta quantità di vitamine nel corpo. In questi casi si manifestano carenze e le conseguenze possono essere molto pericolose per la salute.

Una delle vitamine idrosolubili che il corpo deve integrare costantemente è proprio la vitamina B12.

La storia della scoperta della vitamina B12

La storia della scoperta della vitamina B12 è interessante e pure curiosa.

Fino al 1920, molte migliaia di persone morivano ogni anno a causa dell’anemia perniciosa. È una malattia che si presenta quando i globuli rossi sono proprio bassi e provoca stanchezza, debolezza, problemi neurologici e motori, debilitazione estrema. Nei casi più gravi può essere anche mortale.

Oggi sappiamo che l’anemia è collegata alla vitamina B12, ma all’inizio del secolo scorso la credevano causata da sostanze tossiche e cercavano di curarla con l’asportazione della milza o trasfusioni di sangue. Purtroppo, ovviamente, senza successo. Così molti medici iniziarono a fare ricerca. Uno di questi si chiamava George Minot.

In qualche modo Minot intuì che la cura poteva trovarsi nel cibo. Nel 1923, insieme al collega William Murphy, riprese in mano una strana ricerca fatta dal dottor George Whipple. L’eccentrico medico aveva dato da mangiare fegato a cani anemici e li aveva guariti con l’alimentazione. Così, i due medici di Harvard iniziarono a sperimentare gli effetti di una dieta speciale su persone anemiche. Ma mentre la ricerca sui cani aveva dimostrato che il fegato era curativo, la loro dieta più accettabile, a base di carne rossa e verdure, era risultata utile fino a un certo punto e non aveva dato risultati definitivi.

Così anche loro decisero di somministrare fegato ai loro pazienti ospedalizzati. Una cura decisamente innovativa. E come spesso accade, non dovettero combattere solo contro la malattia, ma anche contro lo scetticismo e le critiche dei colleghi. Per fortuna non fecero come Charles Hooper, un medico che nel 1918 aveva guarito tre pazienti facendo loro mangiare del fegato. Ma che poi aveva smesso di curarli per non subire le critiche della classe medica.

Come poteva una malattia così complessa essere curata con un alimento così semplice? I due medici invece furono molto determinati e nel 1926 avevano già guarito circa cinquanta pazienti. In due sole settimane di regime alimentare a base di fegato, si ottennero risultati impensabili.

La ricerca di Minot e Murphy venne riconosciuta dalla scienza e nel 1934 ricevettero addirittura il premio Nobel per la medicina, insieme all’eccentrico predecessore, il dottor Whipple.

Dopo questo importante traguardo, la ricerca è andata avanti. Oltre all’assunzione di specifici nutrienti attraverso il cibo, c’era un altro fattore da tenere in considerazione. Lo aveva intuito il medico William Castle. Aveva notato che le persone a cui era stato asportato tutto o una parte dello stomaco morivano sistematicamente di anemia perniciosa, anche se assumevano fegato o seguivano una dieta adeguata. Secondo lui la chiave del fenomeno si trovava dentro lo stomaco stesso, non nel cibo. Nello stomaco c’era una sostanza necessaria all’assimilazione di quell’altra sostanza, ed entrambe erano fondamentali per la prevenzione e la cura dell’anemia.

Il dott. Castle si imbarcò in uno degli esperimenti più bizzarri della storia della medicina moderna. Forse anche uno dei più disgustosi, ma considerando che ha salvato innumerevoli vite e forse anche la nostra, vale la pena leggerlo.

In primo luogo, alimentò ogni giorno per dieci giorni una paziente anemica con due hamburger di manzo crudo. La paziente non migliorò. Poi si rivolse verso se stesso. Ogni mattina a stomaco vuoto consumava 300 grammi della stessa carne cruda. Un’ora dopo, rigurgitava il contenuto dello stomaco. Usando l’acido cloridrico, modificava il pH. Dopo aver coltivato il chimo acido per alcune ore a temperatura corporea, lo filtrava attraverso un setaccio e attraverso una cannula faceva passare i succhi nello stomaco della paziente anemica. Questa volta la paziente migliorò.

La sostanza misteriosa dunque esisteva e la chiamò “fattore intrinseco”, perché interna al corpo, mentre i nutrienti contenuti nel fegato e nella carne furono definiti “fattore estrinseco”, perché provenienti dall’esterno.

Attualmente sappiamo che, quando siamo carenti di vitamina B12, possono esserci due possibili cause:

  1. carenza esterna di fattore estrinseco = scarsa assunzione dall’esterno
  2. carenza interna di fattore intrinseco = cattiva assimilazione dall’interno.

Nel 1948 il fattore nutritivo estrinseco, contenuto nel fegato e nella carne, ricevette un nome: vitamina B12. Un insieme di piccole sostanze oggi considerate fondamentali per moltissime funzioni del corpo, oltre che per la prevenzione e la cura dell’anemia.

Data di Pubblicazione: 31 marzo 2021

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