SPIRITUALITÀ ED ESOTERISMO   |   Tempo di Lettura: 10 min

Vivere con leggerezza per raggiungere la pace interiore

Il Monaco che Non Voleva Avere Ragione - Björn Natthiko Lindeblad - Speciale

Segui il cammino d'illuminazione di un uomo che, abbandonato l'Occidente, ha vissuto come monaco buddhista, leggendo il nuovo libro di Björn Natthiko Lindeblad.

Vivere con leggerezza per raggiungere la pace interiore

Non sarebbe affatto strano se, in questo momento, ti convincessi che io abbia scritto un libro. Mi piace molto l’idea di essere qualcuno che ha scritto un libro. L’atto di scrivere in sé, invece, mi piace molto meno.

L'editore Bonniers mi ha offerto un contratto per un libro una prima volta nel 2011, e poi di nuovo nel 2016. In entrambe le occasioni, il blocco dello scrittore e il perfezionismo si sono rivelati nemici troppo agguerriti e mi hanno sconfitto.

Bonniers tuttavia non si è arreso, e mi ha messo alle calcagna il suo segugio più ostinato, Martin Ransgart. Ero a metà della tournée di "Le chiavi della libertà" e avevo abbandonato del tutto l’idea di scrivere un libro. Ma Martin non desistette.

Come un pupazzo a molla, continuava a spuntare nel mezzo di una conferenza o alla prima di un film, si faceva vivo con un SMS, una mail o tramite Messanger. Alla fine, mi convinsi che tanta insistenza andasse premiata, quindi accettai. A condizione che qualcuno mi aiutasse.

Più che a chiunque altro, questo libro deve tutto alla mia compagna di tournée Caroline Bankler. Grazie alla sua finezza linguistica e alla straordinaria sensibilità con cui è riuscita a cogliere il mio modo di esprimermi, ha scritto un intero libro alla prima persona singolare, a una velocità incredibile e riproducendo perfettamente la mia voce.

Dopodiché, il mio compagno di podcast, Navid Modiri, ha reso il libro ancor più divertente e conciso, riorganizzando parte del testo e dei titoli in modo da rendere la lettura ancor più piacevole. In seguito, Caroline e io abbiamo suggerito una serie di ulteriori modifiche, per preservarne le peculiarità.

Nel corso del lavoro redazionale, l’editor di Bonniers, Ingemar E. Nilsson, si è rivelato preziosissimo, mettendo al nostro servizio la sua competenza, la sua creatività e il suo calore umano. Linus Lindgren ha fatto un lavoro immane, selezionando e trascrivendo le mie parole tratte da podcast, conferenze, sessioni di meditazione, oltre che dalle mie due partecipazioni al programma radio "Sommar i PI".

Dunque, continuo a non aver scritto un libro. Caroline ha scritto un libro, e Navid, Ingemar, Martin, Linus e io l’abbiamo aiutata in ogni modo possibile.

La mia speranza è che questo libro parli da solo, proprio a te.

Che tu possa decidere di tornare ad aprirlo, di tanto in tanto.

Che alcuni dei passi e delle idee che contiene ti accompagnino nel corso della vita. Che diventi come un amico, che ti fa divertire e ti stimola quando tutto va bene, e ti consola e restituisce serenità quando le circostanze si fanno più complicate.

Grazie per la tua fiducia,

Con immutato affetto

Bjorn Natthiko Lindeblad

 

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Il mio superpotere

Dopo aver lasciato la mia vita da monaco ed essere tornato in Svezia, venni intervistato da un quotidiano. Il giornalista voleva saperne di più delle mie insolite scelte di vita. Per quale ragione un manager di successo aveva rinunciato a tutto quello che possedeva, si era rasato a zero e si era trasferito nel bel mezzo della giungla insieme a un gruppo di sconosciuti?

A un certo punto della conversazione, il giornalista mi fece la domanda da un milione di corone:

"Qual è la cosa più importante che hai imparato in diciassette anni da monaco buddhista?"

L’interrogativo mi mise in agitazione. Mi sentii sotto pressione: dovevo sbrigarmi a trovare una risposta, ma volevo che fosse sincera e non raffazzonata.

Il giornalista che avevo di fronte mi sembrava una persona poco interessata alle questioni spirituali. Sicuramente, era colpito da tutte le cose cui avevo rinunciato durante la mia vita da monaco. In fin dei conti avevo vissuto senza soldi, senza fare sesso o masturbarmi, senza serie TV o romanzi, senza alcol, senza metter su famiglia, senza vacanze, senza venerdì sera con gli amici, senza comodità moderne, senza poter scegliere cosa o quando mangiare.

Per diciassette anni.

Di mia spontanea volontà.

E cos’avevo ottenuto in cambio?

Per me, era fondamentale essere sincero. Volevo che la mia risposta fosse assolutamente vera. Dunque mi guardai dentro, e poco dopo la sentii emergere da un luogo di pura pace dentro di me:

La cosa per me più preziosa di quei diciassette anni di addestramento spirituale a tempo pieno è che non credo più a tutto quello che penso.

È questo il mio superpotere.

La buona notizia è che tutti abbiamo lo stesso superpotere.

Anche tu. E spero di riuscire a indicarti la via per riappropriartene, nel caso tu l’abbia perduto.

È un enorme privilegio avere l'opportunità di condividere quello che ho imparato in tutti gli anni di ininterrotti sforzi per migliorarmi spiritualmente e personalmente. È un'opportunità che ho sempre considerato estremamente preziosa.

In cambio, ho ricevuto tante cose che mi hanno aiutato nel mio percorso, che hanno reso la vita più facile da vivere, e soprattutto che mi hanno permesso di diventare la persona che sono. Se sarò fortunato, troverai in questo libro qualcosa che potrà esserti d’aiuto.

Alcuni di questi insegnamenti mi hanno letteralmente salvato la vita. Soprattutto nel corso degli ultimi due anni, quando mi sono ritrovato nell’anticamera della morte molto prima del previsto. Forse è qui che finisce.

Ma è anche qui che inizia.

 

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Consapevolessenza

Ho otto anni. Come al solito, mi sveglio prima di tutti gli altri e comincio a gironzolare per la casa dei miei nonni paterni, su un'isola nei pressi di Karlskrona, in attesa che anche il mio fratellino Nils si alzi. Mi fermo davanti alla finestra della cucina. Di colpo, il brusio che ho dentro si placa.

Tutto rimane perfettamente immobile. Il tostapane cromato sul davanzale è così bello che per un istante resto senza fiato.

Il tempo si ferma. Tutto acquista una sorta di luminosità. Un paio di nuvole a batuffolo mi sorridono nel cielo azzurro del mattino. La betulla davanti alla finestra culla le sue foglie lucenti. Dovunque posi lo sguardo, trovo la bellezza.

All’epoca non riuscii a tradurre in parole quell’esperienza, ma vorrei provarci adesso. Fu come se tutto mi sussurrasse: "Benvenuto a casa." Per la prima volta mi sentii veramente a casa su questo pianeta. Ero completamente calato nel qui e ora, senza il minimo pensiero.

Poi vennero le lacrime, e quel calore nel petto che oggi chiamerei gratitudine. E subito dopo la speranza che potesse durare per sempre, o almeno per un bel pezzo. Ovviamente non fu così. Ma non ho mai dimenticato quella mattina.

Non mi è mai andata molto a genio la parola mindfulness.

Quando sono davvero presente nel momento, la mia mente non sembra affatto piena. Al contrario, è come un’enorme stanza, vuota e accogliente, in cui c'è spazio per qualunque cosa. Si potrebbe tradurre con "attenzione sollecita", che però mi pare suggerire una condizione forzata e poco rilassata.

Per questo vorrei proporre una nuova parola: consapevolessenza.

 

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Diventiamo consapevoli, restiamo consapevoli, siamo consapevoli. Fu la sensazione di essere pienamente consapevole, la consapevolessenza, che sbocciò dentro di me quella mattina a Karlskrona, davanti al tostapane. È come abbandonarsi tranquillamente all’indietro.

I pensieri, le emozioni, le percezioni del corpo: tutto ha il diritto di essere esattamente così com'è. In quell’istante è come se diventassimo un po’ più grandi. Notiamo cose, dentro e attorno a noi, che prima non avevamo mai visto. È una sensazione di intimità, come avere un amico interiore che sarà sempre al nostro fianco.

La capacità di essere presenti nel momento condiziona anche il rapporto con gli altri. Sappiamo tutti cosa vuol dire frequentare qualcuno che non è presente. C'è costantemente qualcosa che arreca disturbo, di cui sentiamo la mancanza.

È particolarmente evidente ogni volta che ho a che fare con dei bambini. Non si lasciano impressionare granché dalle doti analitiche, ma hanno un intuito fenomenale per capire se qualcuno è presente o meno. Si accorgono se stai fingendo o se hai la testa altrove. Lo stesso vale per gli animali.

Ma quando siamo davvero presenti, quando non ci lasciamo trasportare da ogni pensiero che ci passa per la mente, è molto più piacevole stare in nostra compagnia. Gli altri sono disposti a darci fiducia e a prestarci attenzione. Il modo in cui entriamo in contatto con il nostro ambiente cambia radicalmente.

Ovviamente già lo sai, e potrà sembrarti una considerazione banale. Eppure, nel tran tran quotidiano, molti di noi se ne dimenticano. È facilissimo lasciarsi travolgere dal desiderio di essere brillanti e di fare colpo, dimenticando quanto è importante essere realmente presenti.

 

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Successo senza felicità

Essendomi diplomato a pieni voti, avevo la possibilità di scegliere piuttosto liberamente in quale facoltà iscrivermi. Tuttavia, non avevo piani precisi per il futuro. Con un atteggiamento un po’ distratto, quasi fosse un gioco, feci domanda d’ammissione a vari corsi di laurea.

Poi, per caso, ad agosto mi trovai a Stoccolma proprio mentre si tenevano i test d’ingresso per la Handelshògskolan, una prestigiosa università privata di economia. Mio padre aveva seguito quella stessa strada: finanza, economia, e poi una carriera presso grandi aziende.

Quindi feci il test. Fu una lunga giornata, piena di ogni genere di prove complicate. Alla fine scoprii di averlo superato, e un paio di mesi più tardi mi comunicarono che ero stato ammesso. Non avendo altri piani, mi dissi che tanto valeva cogliere l'occasione.

L'economia d’altronde torna sempre utile, e può aprire molte porte. Lo dicevano tutti. Ma la vera ragione per cui cominciai a frequentare la Handelshògskolan fu mio padre: era davvero orgoglioso che fossi riuscito a entrare.

Mi laureai nella primavera del 1985. Avevo ventitré anni.

All’epoca, il mercato del lavoro svedese era ricco di opportunità. I datori di lavoro venivano a reclutarci direttamente all’università, prima ancora che ci laureassimo. Una luminosa sera di maggio mi ritrovai a tavola con un anziano banchiere, in un elegante ristorante in Strandvigen, a Stoccolma.

 

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Durante la cena, mi fece il colloquio per un potenziale lavoro. Mentre mangiavamo, feci tutto il possibile per sembrare intelligente: due attività che ho sempre faticato a conciliare. Alla fine della cena e del colloquio ci stringemmo la mano, e il banchiere disse: "Bene, probabilmente ti chiederemo di sostenere un secondo colloquio, nella sede centrale di Londra. Ma posso darti un consiglio prima di questo nuovo incontro?"

"Certo."

"Be, quando verrai a Londra per parlare con i miei colleghi... prova a sembrare un po’ più interessato al lavoro."

Ovviamente capii cosa intendeva, ma mi lasciò sbalordito che fosse tanto evidente dall’esterno. All’epoca, come molti miei coetanei, ero un ragazzo che cercava la propria strada, e che provava a fare del proprio meglio. A volte, questo comportava un certo grado di finzione, come mostrarmi più interessato a qualcosa di quanto lo fossi davvero.

Quella sera però il mio talento da attore non mi aveva portato lontano. Tuttavia, le cose si risolsero per il meglio. Ricevetti altre proposte di lavoro, e ben presto cominciai a scalare la gerarchia aziendale.

Data di Pubblicazione: 18 luglio 2022

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