Scopri come le alternative all'auto prevedano una necessaria condivisione leggendo l'anteprima del libro di Linda Maggiori.
La mobilita sostenibile come diritto umano
La mobilità è un diritto, anzi una forma di libertà e democrazia, ma può essere ottenuta a condizione che non generi congestione, che non sia pagata con la perdita di salute per avvelenamento dell'aria, che non comporti sprechi di energia, che il mezzo di trasporto, alla fine della sua vita utile, non sia un insopportabile e ingombrante rifiuto. Per soddisfare queste condizioni l'automobile privata è la merce sbagliata.
(Giorgio Nebbia)
Nel soffocante e inquinatissimo autunno 2018, si scatena la protesta popolare per rivendicare il diritto all’uso dell’auto: in Emilia Romagna alcuni Comuni si ribellano al Piano Aria Regionale, costringendo la Regione a revocare il blocco dei diesel Euro 4. Contemporaneamente in Francia insorge un ampio movimento di rivolta dal basso (i cosiddetti “gilet gialli”, dal giubbotto che tutti gli automobilisti hanno in auto) nato nella Francia profonda, quella delle zone interne scarsamente collegate dai mezzi pubblici, che rivendicavano l’uso dell’auto (e della velocità) come diritto da garantire, al pari degli altri diritti sociali. I manifestanti contestano l’aumento del carburante previsto dal governo Macron e l’abbassamento dei limiti di velocità nelle strade extra urbane, da 90 a 80 km: la maggior parte degli autovelox vengono danneggiati in pochi mesi.
A Roma intanto i cittadini insorgono col megafono contro i cordoli (posti a protezione delle corsie preferenziali di bus e tram), rivendicando il diritto degli automobilisti allo scavalco e al parcheggio selvaggio. A Casbeno, Varese, i commercianti e i residenti protestano contro la ciclabile che toglie posti auto. A Faenza, i genitori raccolgono firme per togliere la ZTL davanti alla scuola dei loro stessi figli.
Un po’ ovunque montano le proteste dei commercianti contro la pedonalizzazione delle piazze.
Il diritto alla mobilità viene sempre più confuso con il diritto all’uso dell’auto, che però non è sancito in nessuna parte della Costituzione né di altra dichiarazione dei diritti umani. L’art. 16 Costituzione italiana recita:
"Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche".
Un conto è la libertà di circolazione della persona, un altro conto è la piena libertà di scelta dei mezzi di trasporto, sempre e ovunque. La libertà di circolazione non comporta anche la libertà di usare qualsiasi mezzo di trasporto, soprattutto se inquinante, pericoloso e quindi lesivo della libertà altrui.
Muoversi è un diritto, usare l’auto è un privilegio, spesso in contrasto con altri diritti. Se si mette al primo posto il benessere della collettività, il diritto alla mobilità può essere garantito solo con mezzi sostenibili.
L’ecologia però non può essere disgiunta dai diritti sociali dell’uomo, giustizia ambientale e giustizia sociale devono marciare di pari passo: diritto alla scuola pubblica, alla sanità pubblica, al trasporto pubblico, diritto alla tassazione progressiva, diritto al salario minimo, alla riduzione delle ore di lavoro, diritti per tutelare la maternità.
D’altra parte, solo una società più uguale e solidale, meno incatenata al ricatto lavorativo, potrà mettere meglio in pratica stili di vita sostenibili: in Italia siamo ancora a 40 ore lavorative settimanali, come 100 anni fa, e nessuna evoluzione in vista. Garantire il diritto al part time, al telelavoro, sussidi ai genitori nei primi anni di vita dei bambini, permettendo a chi vuole di accudire i bambini restando a casa... In questo modo si ridurrebbe anche tanto traffico e congestione, composto per lo più da automobilisti snervati che corrono dalla casa, alla scuola, al lavoro, al supermercato.
Le alternative all'auto: la condivisione è necessaria
Piedi: ebbene sì, anche se non ce ne ricordiamo spesso, abbiamo anche questi, sono due e non sono così lenti come sembra. Come scrive Ivan Illich:
«L'uomo, senza l'aiuto di alcuno strumento, è capace di spostarsi con piena efficienza. Per trasportare un grammo del proprio peso per un chilometro in dieci minuti, consuma 0,75 calorie. L'uomo a piedi è una macchina termodinamica più efficiente di qualunque veicolo a motore e della maggioranza degli animali (...)».
In Italia il 22% degli spostamenti nel 2017 è compiuto a piedi, ritornando ai tassi del 2001 (in questo decennio era molto diminuito).
Bici: la bici è il mezzo di trasporto più efficiente, energeticamente sostenibile e rapido per gli spostamenti urbani.
«L'uomo in bicicletta può andare tre o quattro volte più svelto del pedone, consumando però un quinto dell'energia. La bicicletta è il perfetto traduttore per accordare l’energia metabolica dell'uomo all'indipedenza della locomozione. Munito di questo strumento, l'uomo supera in efficienza non solo qualunque macchina, ma anche tutti gli altri animali».
Sembrerà strano, che la bici sia più efficiente delle auto, eppure è così: per trasportare un uomo con la bici occorrono 60 kj al km mentre per trasportarlo in auto occorrono 3.000 kj al km.
Ma come viaggiare per lunghi tratti in bici? Solo i ciclisti professionisti sanno fare 100 km senza batter ciglia, la maggior parte della gente non può! Per questo è fondamentale l’intermodalità, cioè la possibilità di caricare la bici in treno, bus, o metro.
In Italia il 5,3% degli spostamenti avviene in bici, con un leggero incremento rispetto agli anni scorsi. Nelle nazioni più virtuose, si pedala nel 30% degli spostamenti!
Bike sharing: la bici condivisa permette a chi arriva da un’altra città in treno, bus, o metro (o auto), di usare la bici in città, per l’“ultimo miglio”. Secondo l’Osservatorio sulla sharing mobility, in Italia, al 31 dicembre 2017 erano 286 i sistemi di bike sharing, con un incremento rispetto agli anni passati. Ci sono due modalità: station based (le bici sono installate in punti precisi della città, con rastrelliere ad hoc, dove vanno riportate), oppure freefloating (non ci sono punti precisi e possono essere lasciate in ogni parte della città).
Attualmente il bike sharing a flotta libera è la nuova frontiera del bike sharing, più comodo perché permette di lasciare la bici dove desideri. Inoltre è meno “ingombrante” e meno vistoso, e nelle città d’arte vincolate dalla Soprintendenza, è la soluzione migliore (come a Firenze, dove spopola!). Ma come fare a sapere dove si trova la bici più vicina? Si può visionare la posizione della bici più vicina nella app scaricabile, sempre tramite app si può aprire e chiudere e pagare la bici (in genere gratis la prima mezz’ora). Il problema è che se aumentano gli utenti e non ci sono abbastanza bici, si rischia di non avere una bici disponibile vicino alla stazione del tram o del bus. Il bike sharing, almeno da noi, è un servizio non adatto alle famiglie con bambini: infatti queste bici raramente hanno seggiolino o carrellino. Ovviamente gli esempi migliori vengono dal Nord Europa! Norderstedt, una città di 75 mila abitanti a nord di Amburgo, ha lanciato dal 2016 il più grande sistema di cargo bike sharing in Germania!
Mezzi pubblici (treni, tram, metro, bus): sono i mezzi di trasporto su cui investire di più, perché dovrebbero essere usati dalla maggioranza delle persone. Treni e tram, nuovi, con trasporto bici, senza barriere architettoniche, dove possono salire agevolmente anche carrozzine per disabili e passeggini. Da privilegiare mezzi pubblici elettrici o su rotaia, ad esempio i tram, che non implicano cementificazione (le rotaie possono anche essere realizzate sull’erba) e non producono emissioni. Come già detto la tendenza di questi ultimi decenni in Italia è stata quella di tagliare le linee ferroviarie secondarie, ridurre il numero di fermate, investendo di più sui treni ad alta velocità e sulle strade. Eppure, come già aveva intuito Mumford, sociologo e urbanista statunitense negli anni Sessanta negli Stati Uniti:
«Il trasporto ferroviario può portare dalle quaranta alle sessantamila persone per ora, lungo una singola direttrice, mentre le nostre migliori autostrade, usando molto più spazio, non riescono a muovere più di quattro-seimila auto all'ora».
I paesi dell’entroterra vedono sparire (oltre ai treni) anche le linee di bus. Una tendenza anacronistica, irragionevole, che condanna l’entroterra allo spopolamento e alla dipendenza dall’auto.
L’auto condivisa o car sharing: permette agli utenti di utilizzare un veicolo su prenotazione noleggiandolo per un periodo di tempo breve. Questo servizio ha il vantaggio di favorire chi rinuncia al possesso dell’auto, e chi la usa solo saltuariamente, privilegiando altri mezzi più sostenibili. L’auto, in questo modo, passa da bene di consumo a servizio. L’International Transport Forum (ITF) ha effettuato una serie di simulazioni su tre città del mondo - Lisbona, Helsinki e Auckland - con l’obiettivo di verificare cosa accadrebbe se l’intero traffico motorizzato venisse sostituito da alcuni servizi di sharing mobility. Ne è emerso che a Lisbona, la flotta necessaria per coprire il totale degli spostamenti urbani, sarebbe solo il 3% del parco auto attuale.
Purtroppo solo le città più grandi realizzano il servizio di car sharing: la Sharing Mobility cresce a Milano, Torino, Firenze, Roma, Palermo e Cagliari, mentre sbarca a Bologna per la prima volta. Per il resto vi sono difficoltà e in qualche caso viene sospeso il servizio, come a Bari. Nelle medie e piccole città predomina la logica dell’auto privata: la sperimentazione di Forlì, ad esempio, non ha avuto successo.
Ma anche nelle grandi città italiane e nelle città e aree metropolitane, nonostante il servizio di car sharing, cresce l’indice di motorizzazione. Torino la peggiore con +5.4%14. Ma perché succede questo?
Secondo uno studio realizzato da Bain & Company e Aniasa, società di car sharing, nonostante la comodità del servizio, non tutti gli utenti sono disposti a dismettere l’auto privata a beneficio del car sharing: quest’ultimo è visto come alternativa ai mezzi pubblici (poco flessibili) e al taxi (più costoso) più che al veicolo di proprietà. Il 55% degli intervistati ha infatti dichiarato che le auto a noleggio vengono usate al posto del trasporto pubblico locale, il 43% degli utilizzatori non è ancora pronto ad abbandonare la propria vettura e il 32% lo farebbe se solo potesse affidarsi pienamente al car sharing, solo l'11 % ha rinunciato a comprare un’auto e il 6% ne ha già venduta una, passando al car sharing.
Così, si crea una situazione surreale: invece di togliere auto dalla strada, il car sharing le aggiunge. L’automobilista parcheggia l’auto privata nel parcheggio scambiatore, prende il car sharing e va in centro. In questo modo per una sola persona, si mobilitano due auto, occupando il doppio dello spazio: un’auto in sosta e un’auto in movimento. Il car sharing è una soluzione ottimale solo se non si mette in concorrenza con i mezzi pubblici, e non dovrebbe essergli concesso di transitare nelle ZTL dei centri urbani.
Car sharing peer to peer: nei piccoli paesi o piccole città è più conveniente un servizio peer to peer. Le auto sono condivise tra pari, tramite delle piattaforme on line dove si iscrivono privati alla ricerca di un’auto per un breve periodo e privati che mettono a disposizione la propria auto nei periodi in cui resta inutilizzata. Il pagamento avviene tramite piattaforma o personalmente, al momento dello scambio delle chiavi tra proprietario e affittuario. Auto, proprietari e guidatori sono assicurati per tutta la durata del viaggio grazie ad una polizza temporanea su misura, che ogni piattaforma garantisce ai propri iscritti.
Carpooling: per carpooling si intende l’uso condiviso di automobili.
Attraverso una piattaforma online, i conducenti possono condividere i costi del viaggio mettendo a disposizione i posti vuoti a bordo delle proprie auto a fronte di un contributo alle spese. Le piattaforme sono messe a disposizione dalle aziende, dai comuni o ad esempio la community Bla Bla Car. Ovviamente è un servizio molto valido per chi viaggia da solo, ma poco pratico per le famiglie con bambini.
Intermodalità: treno+bici, tram+bici, bus+bici, treno+bus, metro+bus... sono soluzioni che permettono di muoversi velocemente e in modo sostenibile. Da pochi anni in sempre più città (Roma, Milano, Piacenza, Modena, Reggio Emilia) le bici si possono caricare gratuitamente in bus, metro e tram. Ma la situazione varia da città a città, da regione a regione. Così anche per i treni: le bici pieghevoli possono essere trasportate gratis in tutti i treni, mentre quelle normali si possono caricare solo nei treni regionali, con biglietto maggiorato di 3,50 euro valido per tutto il giorno. In alcune regioni (Puglia, Campania, Abruzzo, Marche, Liguria, Sicilia) la bici (anche quella non pieghevole) si può trasportare gratis. In Lombardia, Emilia Romagna e Toscana esistono abbonamenti molto convenienti. Sui treni nazionali (Frecce bianche, rosse, Intercity) però, è vietato portare le biciclette. Una situazione assurda che limita tantissimo il turismo ecologico.
Fondamentale, per garantire l’intermodalità, è anche l’integrazione tariffaria: con lo stesso biglietto del treno, si dovrebbe avere la possibilità di viaggiare in qualunque altro mezzo pubblico. Basterebbero convenzioni tra Trenitalia e le aziende dei mezzi pubblici, ma uniformi a livello nazionale. Negli altri paesi le prime esperienze di integrazione tariffaria risalgono alla fine degli anni Sessanta. Da noi le prime esperienze sono ancora a macchia di leopardo, meglio sviluppate in regioni come la Lombardia “Io viaggio ovunque” e nella provincia autonoma di Bolzano.
Per agevolare la vita a chi non ha l’auto, e spingere sempre più persone ad abbandonarla, l’intermodalità è fondamentale.
Come cercare le coincidenze intermodali? Se il percorso che dovete fare consiste di coincidenze di bus e treni di linee differenti, dovete digitare “google maps”, scrivere destinazione e partenza, poi cliccare sul simbolo di mezzi pubblici, inserire date e orari e scegliere la combinazione preferita. In genere è piuttosto accurato e aggiornato.
Data di Pubblicazione: 4 novembre 2019