In che modo lo yoga ti permette di avere una lunga vita? Quali sono i suoi benefici sulla longevità? Scoprilo leggendo l'anteprima del libro della Grande Via.
Yoga e longevità
Quando chiediamo ad una persona quale è il suo desiderio profondo, una risposta generale ma molto comune è "Essere felice". Questo concetto implica molti livelli di interpretazione per poter essere realizzato.
Il concetto di felicità ha un’accezione di fugacità, spesso dipende da cause esterne a noi, mentre parlare di gioia è una condizione dell’essere che implica un sentire intimo che ha a che fare con la nostra filosofia di vita, con le nostre credenze, con la nostra risposta a quell’esperienza chiamata Vita: il tempo compreso fra il nostro primo inspiro e l’ultimo espiro.
Perché questo stato dell’essere possa manifestarsi è molto importante considerare il nostro stile di vita.
Questo passa attraverso la cura dell’alimentazione, del movimento, della propria interiorità e attraverso l'interazione con l’ambiente nel quale viviamo.
Nella società occidentale questo tempo viene visto come un tempo lineare, se invece guardiamo dalla prospettiva della tradizione indo-vedica ci riferiamo ad un tempo circolare.
Questa visione ci permette una lettura diversa degli accadimenti.
Elemento base della filosofia che sottende allo Yoga è che esiste un continuum: nascita-morte-rinascita, che viene chiamato la ruota del Samsara dove in realtà vita e morte, ai quali attribuiamo valenze emozionali diverse, sono fenomeni della stessa realtà.
All’interno del tema della longevità credo sia importante introdurre il contributo della visione dello Yoga, in quanto ci aiuta a portare l’attenzione su aspetti del nostro vivere che possono fare la differenza sulla sua qualità.
Le età della vita
Lo Yoga è una scienza millenaria che si perde nella notte dei tempi: è nata sull’Himalaya, ma si è diffusa nel mondo, portando una saggezza universale che è trasversale a tutta l’umanità.
Se osserviamo il nostro Paese, il 30% della popolazione ha oltre i 60 anni e questo implica una condizione particolarmente delicata dal punto di vista sanitario e sociale. La maggior parte delle persone, in questa fascia di età, fa un grande uso di farmaci per arrivare poi a bisogni assistenziali importanti perché non più autonoma.
Dal punto di vista sociale, l'anziano, non essendo più produttivo, perde il suo ruolo nella società e la tendenza è una sorta di ghettizzazione legata ad un sentimento di grande solitudine.
Si è persa la funzione del vecchio saggio come portatore della memoria storica della famiglia e della storia vissuta. Poter invecchiare sereni, consapevoli e in un buono stato di salute, è un processo che ha bisogno di essere visto, accolto e considerato, come prevenzione, molto tempo prima.
Sottrarsi alla visione standardizzata dell’anziano che viene proposta dal mainstream non è scontato. È necessario un portato di grande valore esistenziale affinché una persona non cada vittima della "standardizzazione", ma mantenga un sentire legato alla propria essenza più profonda.
Esiste un’età cronologica legata alla nostra nascita, un’età biologica data dallo stato del nostro organismo, che può variare molto a seconda dei soggetti, e anche un’età funzionale in relazione alla propria capacità di essere autosufficienti in relazione al raggiungimento dei nostri scopi.
Quindi il concetto di anzianità non ha una definizione univoca.
Karma e Dharma
Nella filosofia dello Yoga parliamo di due concetti importanti: Karma e Dharma.
Karma è una parola entrata nel nostro linguaggio comune e sappiamo che è legata al concetto di causa-effetto, alle azioni e le conseguenze che da esse derivano: è un concetto molto articolato che coinvolge non solo le azioni fisiche ma anche quelle mentali.
Dharma esprime la conformità al principio dell’universo, al comportamento che è in linea con l’etica del vivere in relazione alle varie fasi che si attraversano.
Svadharma è il proprio Dharma personale che dovrebbe essere il filo conduttore della nostra vita, affinché possa essere vissuta in armonia con le leggi del Cosmo. Vedremo come questo è legato alla possibilità di vivere con pienezza ogni fase della nostra vita.
Viviamo un'esistenza desacralizzata che non celebra più i riti di passaggio che scandiscono il cammino della nostra esistenza. Questo ha portato ad un impoverimento del sentire e del contatto con il Divino, in qualunque modo noi lo concepiamo.
Si è creata quindi una scissura fra il tempo sacro e il tempo profano: in questa separazione, scollamento dal Tutto, sta una delle motivazioni principali della malattia, sia in senso fisico, sia in senso psichico e spirituale.
Le quattro fasi della vita
Nella società antica dell’India la vita era divisa in quattro fasi o Ashrama:
- Brahmacharya,
- Grihastha,
- Vanaprastha,
- Sannyasa.
Ognuna di queste fasi ha una propria caratterizzazione e dura mediamente dai venti, ai venticinque anni.
Brahmacharya è la fase dell'adolescenza dove si deve imparare, attraverso lo studio, gli insegnamenti della famiglia e del Guru. È la fase dell’apprendimento in ogni suo aspetto: mettere i semi in una terra vergine.
Grihastha è la fase dove si è adulti ed è il momento dell'impegno nel costruire una professionalità, un ruolo sociale, e nel formare una famiglia. È quindi la fase dove l’energia fisica viene usata nella realizzazione dei propri scopi in relazione con gli altri.
Vanaprastha è il momento che coincide con il ritiro dal lavoro, i figli lasciano la casa, gli impegni sociali sono meno richiedenti, questo momento si chiama "il ritiro nella foresta".
Poteva essere fatto in modo solitario o in comune accordo con il consorte. Oggi è interessante vedere la metafora della foresta nella quale potersi ritirare. È un luogo solitario oppure è una foresta immaginale?
In ogni caso rappresenta un luogo fisico o psichico dove iniziamo a volgere lo sguardo all’interno, dove gli impegni rispetto alla società diventano meno pressanti o talvolta perdono il loro portato emozionale.
Arriviamo poi al Sannyasa, che corrisponde alla fase finale della nostra vita dove tutta l’attenzione è sul lasciar andare le cose del mondo per entrare sempre di più in noi stessi e preparare il viaggio di ritorno.
È il momento in cui è necessario prestare attenzione alle richieste dell’anima, pacificare tutti gli spiriti inquieti se ancora ce ne sono, portare pace nel nostro rapporto con gli altri, non avere sospesi.
Quando abbiamo ripulito le nostre relazioni diventar molto più facile lasciar andare le cose del mondo.
Data di Pubblicazione: 30 ottobre 2023