SPIRITUALITÀ ED ESOTERISMO   |   Tempo di Lettura: 7 min

Yogi e Santi dell'Antica India

Yogi e Santi dell'Antica India - Sergio Peterlini - Libro

Lasciati guidare dagli insegnamenti degli Yogi e dai Santi dell'India e scopri la storia di Ramananda, leggendo l'anteprima del libro di Sergio Peterlini.

Yogi e Santi dell'Antica India

A Benares, viveva Ramananda (1400-1470 d.C.): era un grane saggio, un asceta di grande potere e in lui convivevano la devozione, la conoscenza e il distacco verso il mondo. Aveva un discepolo avanzato di nome Anandananda, che a sua volta aveva come discepolo Poharidas, mentre Agraji, che era sempre distaccato e sempre attento nella sua adorazione di Vishnu, di cui cantava le qualità e i nomi con amore, era un seguace di Poharidas.

Agraji era uno splendente esempio del risultato della conoscenza divina e, con la sua devozione, compiacque il Signore Vishnu.

Era umile verso tutte le creature e non aveva il minimo orgoglio; considerava tutti gli esseri come il suo stesso sé e la sua mente era libera dal senso della dualità. Nel Kaliyuga, innumerevoli esseri ignoranti sono stati salvati dal semplice ricordo di Dio o del Suo nome e Agraji cantava le Sue lodi con amore, giorno e notte.

Vedendo la sua grande devozione Dio gli si manifestò tangibilmente, per poi incontrarlo continuamente nella sua forma saguna. Ogni qual volta Agraji andava a passeggiare, Krishna lo seguiva, poiché il Signore del Vaikunta brama la devozione dei Suoi bhakta e non si cura di null’altro.

La devozione è la radice del japa, del tapas, della pratica dei voti religiosi e dell’austerità. Lo yoga senza devozione non può mai raggiungere la sua meta, poiché Indra, il re degli dei, e gli altri suoi servitori, creano ostacoli per impedirne la realizzazione. Senza devozione lo studio dei Veda, delle scritture e dei Purana è infruttuoso. Persino il pellegrinaggio nei luoghi sacri è inutile senza devozione.

Il kirtan senza devozione è come il canto di un mandriano. Le arti poetiche non saranno mai al loro apice senza devozione. Se anche qualcuno divenisse esperto dei testi di filosofia e parlasse profusamente della conoscenza dell’Atman, tuttavia, senza l’amorevole devozione, tutta questa conoscenza non servirebbe a nulla.

 

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Nabhaji, il bambino abbandonato

Un giorno, nel Paese, ci fu una grande carestia, così terribile che le persone non trovavano nulla da mangiare e le madri abbandonavano persino i propri figli. Con la scusa di andare a mendicare pane, infatti, una madre aveva lasciato il suo bambino sulla riva del Gange.

Mentre il bambino era impegnato nei suoi giochi, lo aveva abbandonato ed era fuggita. Il bambino l’aveva cercata da ogni parte, sopraffatto dalla fame. Gridò e pianse, ma sua madre era sparita.

Nel frattempo, sulla riva del Gange era arrivato Agraji e, alla vista del bambino affamato che piangeva disperato, nel cuore del servo di Vishnu sorse la compassione. Alle sue domande il bambino rispose: “Mia madre mi ha abbandonato con la scusa di andare a mendicare cibo”.

Realizzando la disperata situazione del bambino, Agraji, commosso, gli disse: “Non temere”. Fu così che i vaishnava in seguito lo chiamarono “Nabhaji” (che significa non temere).

 

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Poi, dopo aver fatto il bagno e aver recitato le sue preghiere sulla riva del Gange, Agraji prese con sé il bambino e lo portò nel suo monastero. Agraji era un grande mahant vaishnava che ogni giorno sfamava moltissime persone.

Chiunque, recandosi al suo monastero, poteva mangiare a sazietà. I vaishnava, i vairagi e molti grandi santi vi pranzavano regolarmente, e ciò che rimaneva nei loro piatti, Agraji lo dava al bambino.

Era solito dire: “Sua madre, trovandosi davanti alla prospettiva della morte, lo ha abbandonato e, al fine di proteggerlo, lo abbiamo portato nel nostro monastero.

Si definisce figlio di una vedova e non conosciamo la sua casta. Perciò ho esitato a portarlo nell’eremitaggio. Gli ho preparato una capanna nel cortile e gli faccio servire il cibo lasciato dai santi”.

Nabhaji stava sempre all’esterno e, quando Agraji adorava l’immagine divina nei sedici modi prescritti, era solito vedere la forma saguna di Vishnu. Quando i vaishnava arrivavano all’eremitaggio, egli si prostrava e mangiava il cibo che essi lasciavano, considerandolo prasad, un santo dono; e, in effetti, non c’è mezzo più grande di questo per conseguire le ricchezze spirituali.

Nella compagnia dei santi, naturalmente, ascoltava costantemente la lettura del Bhagavad Purana. In questo modo i suoi grandi peccati vennero ridotti in cenere ed egli arrivò a possedere una meravigliosa conoscenza. Poteva comprendere i segreti del cuore di ogni essere, senza che gli venissero rivelati.

Poteva conoscere il passato, il presente e il futuro, ma non parlava mai di questo a nessuno. Nabhaji poteva conoscere anche ciò che accadeva al di là dell’oceano e poteva udire voci celestiali che nessun altro udiva.

 

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Come Nabhaji divenne un santo e un autore

Un giorno, Agraji, dopo essersi bagnato nel Gange, stava adorando Dio con mente concentrata. Quando l’adorazione di Vishnu terminò, egli fece oscillare la fiamma della lampada, come offerta, davanti al Marito di Lakshmi e, con reverenza, si prostrò.

Poi si sedette per la sua meditazione, concentrando la mente su Vishnu. Aveva chiesto a Nabhaji di sedere vicino alla porta chiusa, con l’ingiunzione di non lasciare entrare nessuno.

Così Nabhaji sedette davanti all’entrata in obbedienza ai comandi del suo guru. Intanto Agraji stava ricordando il Signore Sri Krishna con mente concentrata, ma poiché la Vita del mondo non arrivava nella sua meditazione, egli iniziò a pensare: “Dove può essere impegnato il Marito di Rukmini?”.

Nabhaji, che era seduto fuori, gridò ad Agraji: “Una nave sta per affondare nell’oceano e un mercante è in ansia; ha fatto un voto dicendo al Signore di Dwaraka che se verrà ad aiutarlo, sicuramente darà la quinta parte del suo profitto ad Agraji.

Il Signore del Vaikunta è perciò impegnato nel portare la sua nave al sicuro sulla riva e quindi non può venire nella tua meditazione. Aspetta un attimo. Non appena la nave sarà al sicuro, il Signore verrà e, con mente quieta, potrai meditare sulla Sua bellissima forma”.

 

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A questa risposta di Nabhaji, Agraji fu grandemente stupito; ma in seguito, quando Vishnu arrivò nella sua meditazione, si accorse che la Sua veste gialla era bagnata.

Dopo averlo adorato, Agraji chiese a Madhava: “O Krishna, dove eri impegnato? Dimmi ciò che è accaduto”.

Il Signore gli rispose sorridendo: “Una nave stava affondando nell’oceano e l’ho portata al sicuro. Il mercante aveva fatto voto che ti avrebbe dato la quinta parte del suo profitto e perciò sono andato a salvarlo.

Le tue spese giornaliere sono grandi, poiché molti sadhu e santi pranzano con te e il mercante ti invierà il denaro”. Dopo che Agraji ebbe completato la sua meditazione, chiamò Nabhaji e gli chiese: “Come hai fatto a scoprire il segreto di Dio?”.

Nabhaji rispose amorevolmente: “È stato per il favore dei santi. Fortunatamente ho avuto un guru come te che è stato in grado di liberarmi dai vincoli del mondo”.

A questa risposta del buon discepolo, Agraji suggerì: “Molti grandi saggi e santi hanno descritto le buone qualità di Dio. Ora tu dovresti descrivere le famose gesta dei santi, non c’è altro mezzo per la salvezza”. Aggiunse: “Nessuno è migliore del guru nell’aiutare ad attraversare l’oceano del mondo; perciò, o Nabhaji, con tutto il tuo cuore e tutta la tua anima canta la fama dei bhakta di Hari”.

Chinando il capo al comando del guru, Nabhaji iniziò la sua opera e in essa descrisse i bhakta di quattro yuga, da cui vengono attinte queste storie.

Data di Pubblicazione: 15 febbraio 2024

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