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Zenix - Kyudo - Anteprima del libretto di Riccardo Tristano Tuis

Mind Kyudo - La mente è simile all'acqua

Mind-Kyudo

La mente è simile all’acqua: quando é calma riflette meglio.

Questa prima modalità si avvicina molto allo spirito del Kyudo e allo Zen poiché l’addestramento si basa sull’affinare la tecnica di tiro e, allo stesso tempo, si richiede all’arciere di tenere la mente libera da pensieri per poter essere in completa presenza a se stesso durante la sequenza di tiro, facendo diventare questo specifico addestramento una sorta di meditazione dinamica. Il continuo allenamento crea una memoria posturale che è propria del pilota automatico inconscio che ha memorizzato la sequenza senza dover interpellare il nostro conscio e la nostra attenzione. In tutto questo l’inconscio, oltre a memorizzare la sequenza dei movimenti, crea un collegamento tra questi e lo stato mentale con cui li si compie depositandoli sottoforma di rete neurale associativa. Dopo un adeguato addestramento quest’associazione compiuta dal nostro inconscio ci facilita un più veloce e profondo raggiungimento di questo stato mentale di più alta coerenza neurale fin dal momento in cui iniziamo a compiere la sequenza posturale. Nella via dell’arco tradizionale un tiro corretto si realizza mediante la giusta estensione della colonna vertebrale, l’apertura del petto, il bilanciamento e la simmetria tra il lato destro e sinistro del corpo, la concentrazione dell’energia nel kikai tanden (centro vitale situato a quattro centimetri sotto l’ombelico), l’apertura dell’arco nella sua massima estensione, la concentrazione della mente sul “non rilascio” e il giusto spirito che da adito al tiro perfetto.

Non ci stancheremo mai di dirlo che una volta imparata la sequenza di tiro, quando pratichiamo il Mind-Kyudo, è di fondamentale importanza lavorare sul tenere la mente sgombra da pensieri. Questa è la cosa più importante, la mente libera e la completa presenza a se stessi é il vero colpire il centro del bersaglio. Nel tempo l’arciere scoprirà che tale stato mentale lo fa realmente colpire il centro del bersaglio grazie all’insuperabile controllo del cervelletto sul sistema motorio e sulla realtà.

Nel Bushido s’insegnava ai samurai a raggiungere questo stato di presenza mentale che rafforzava il non attaccamento alle cose, compresa la loro vita, al fine di farli entrare in un collegamento diretto con l’inconscio per renderli imbattibili poiché il cervelletto, sede dell’inconscio, ha un tempo di reazione molto più veloce e preciso rispetto a un comando volontario del nostro lobo frontale, sede del conscio e della consapevolezza di sé. Per questo motivo la spada o la freccia gestita dall’inconscio e da una mente sgombra da pensieri sono più veloci e precisi rispetto a quelle di un guerriero la cui mente è attanagliata dalla sopravvivenza e da una tempesta di emozioni e sensazioni che rallentano le sue reazioni nel pieno della battaglia.

Senza disquisire ulteriormente incominciamo a conoscere il shaho hassetsu (sequenza di tiro) del Mind-Kyudo, familiarizzando con la prima posizione. Da questa posizione, ove il corpo è rilassato e flessibile come una canna di bambù, liberiamo la nostra mente da ogni pensiero entrando in uno stato di completa presenza di sé. Per completa presenza di sé s’intende che buona parte delle nostre unità di attenzione sono rivolte a noi nel qui e ora senza che i pensieri portino la nostra attenzione al passato o a cose, persone ed eventi che sono fonti di distrazione. Stare nello stato di completa presenza di sé può portare la sensazione di percepirci in terza persona ove la parte più profonda di noi osserva la parte di superficie costituita dalla nostra personalità e dal nostro corpo. Solo quando la nostra mente si acquieta e i pensieri cadono a uno a uno come fiori di ciliegio, lasciamo che il nostro inconscio compia la sequenza (Fig. 1). 

Figura 1-4

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Figura 1: nella prima posizione o posizione di raccolta, il corpo è in posizione eretta. I piedi affiancati si toccano, le loro punte sono rivolte in avanti come il viso imperturbabile e assorto. Lo sguardo può essere rivolto in basso, a qualche metro da terra, oppure davanti a sé (questo in base alla propria attitudine o modo di praticare la meditazione e focalizzazione). Il braccio sinistro perpendicolare al tronco impugna l’arco rivolto verso terra mentre il braccio destro va a raccogliere la freccia dietro le nostre spalle. Nella raccolta viene impiegato il pollice e il medio contrapposti all’indice e all’anulare. Una volta sfilata la freccia portiamo il braccio in alto e iniziamo a roteare l’asta spingendola con il pollice e l’anulare, facendo perno prima sul medio e poi sull’anulare, fino a farle compiere un giro di 360°. A questo punto la freccia va a depositarsi sull’avambraccio nascondendosi dietro di esso mentre la mano inizia a chiudersi per impugnarla e il braccio destro si affianca al tronco.

Ora da questa posizione si rimane in uno stato di rilassatezza muscolare e con la mente sempre sgombra dai pensieri. Durante la pratica di Mind-Kyudo ci accorgeremo di quanto sia difficile tenerla libera poiché i pensieri s’insinuano negli spazi di silenzio e raccolta interiore. Da questa posizione ci lasciamo fluire in direzione dell’inconscio e nell’apertura a ventaglio della seconda posizione (Fig. 2).

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Figura 2: nella seconda posizione o posizione a ventaglio teniamo lo sguardo rivolto verso il basso, a qualche metro da terra, oppure davanti a noi. Spostiamo il piede sinistro di circa trenta centimetri a sinistra e la punta rotea di 45° verso l’esterno. Subito dopo il piede destro, nello specifico il tallone, tocca il tallone sinistro per un attimo per poi spostarsi a destra, formando cosi l’apertura a ventaglio, a una distanza tale che entrambi i talloni vanno a essere perpendicolari alle spalle e anche il piede destro compie una roteazione di 45° gradi ma verso destra.

La posizione a ventaglio ci rende molto stabili, siamo ben radicati alla terra mentre presto il grande arco s’innalzerà al cielo.

Nel video e nelle immagini che presentano la sequenza di tiro si può notare che l’arciere non indossa scarpe. Se la stagione o il terreno lo permette in Zenix-Kyudo si pratica il tiro con l’arco completamente scalzi o con indosso solo delle calze o scarpe senza suola di gomma; questo perché il contatto diretto tra la pianta del piede e la terra è molto salutare (il suolo ha una carica negativa e questo aiuta a ricaricare il nostro corpo di elettroni che sono letteralmente le particelle della vita oltre che onde deputate alla consapevolezza e alla percezione).

Rimaniamo nella più completa rilassatezza muscolare e in un continuo stato di presenza di sé finché l’inconscio non ci accompagnerà alla prossima posizione (Fig. 3).

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Figura 3: nella terza posizione o posizione volo del falco abbiamo un movimento sincronizzato tra le due braccia e la testa. Le prime si alzano lentamente e fluidamente di lato simili a due ali che fanno alzare in volo il falco mentre il capo inizia a voltarsi a sinistra fino a osservare il bersaglio. Il movimento sincronizzato e armonioso deve portare le due braccia quasi a 90° rispetto al tronco quando la testa ha compiuto un movimento di circa 90° e ha di fronte a sé il bersaglio. Osserviamo il bersaglio come fosse lo specchio di noi stessi per qualche secondo.

Da questa posizione che può ricordare vagamente il Vitruviano di Leonardo rimaniamo sempre presenti a noi stessi completamente nel flusso del qui ed ora e lasciamoci fluire nel ritorno alla posizione a ventaglio (Fig. 4).

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Figura 4: nella quarta posizione o posizione di ritorno abbiamo ancora un movimento sincronizzato tra le due braccia e il capo. Le braccia si abbassano lentamente e fluidamente di lato come se il falco ripiegasse le sue ali dopo il suo volo e il capo inizia a voltarsi a destra. Il movimento sincronizzato e armonioso ci riporta alla posizione a ventaglio e le braccia affiancano il tronco nel momento in cui la testa ha compiuto il suo movimento di quasi 90° e torna alla posizione precedente. Durante il movimento del nostro capo chiudiamo molto lentamente gli occhi.

Figura 5-8

In questa posizione gli occhi li abbiamo chiusi perché l’assenza di luce nella retina ci aiuta ad abbassare le frequenze cerebrali e pertanto ci è più facile entrare in un più profondo stato di raccoglimento.

Da questa posizione, in cui ogni muscolo è rilassato e la mente sgombra da pensieri, rimaniamo in presenza di noi stessi, in una sorta di dimensione atemporale ove abbiamo tutto il tempo del mondo. Poi, lasciandoci sempre fluire come onde che seguono la brezza dell’inconscio, giungiamo alla sequenza successiva (Fig. 5).

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Figura 5: nella quinta posizione o posizione del samurai il braccio si alza e ruotiamo l’asta fino a portare per un attimo la punta rivolta verso il cielo per poi fenderla come fosse una spada di un samurai, dirigendo la punta verso terra. Nel fendere la freccia in maniera decisa sentiremo il suono dato dallo spostamento d’aria, quello è il momento di aprire gli occhi riportando lo sguardo rivolto in basso, a qualche metro da terra, oppure davanti a sé.

A questo punto in maniera fluida e a mente sgombra da ogni pensiero giungiamo alla prossima posizione (Fig. 6).

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Figura 6: nella sesta posizione o posizione di caricamento portiamo l’arco di fronte a noi e poi la freccia, infilando la cocca (intaccatura presente su una delle estremità dell’asta necessaria per l’alloggiamento della corda). Inspiriamo lentamente ma profondamente, accarezzando la freccia dalla punta fino alle piume senza però toccarla, come se entrassimo in una comunicazione sottile con la sua essenza. A polmoni pieni espiriamo lentamente e con la mano compiamo un movimento che raffiguri il soffio vitale o informazione che diamo alla freccia, partendo dalle piume fino ad arrivare alla punta.

Ora, rimanendo sempre con la mente sgombra e con il corpo rilassato, lasciamoci fluire alla posizione successiva chiamata nel Kyudo shamen uchiokoshi, poiché questa è la posizione impiegata dalla scuola Heki-ryu (Fig. 7).

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Figura 7: nella settima posizione o posizione shamen uchiokoshi teniamo in basso l’arco di fronte a noi osservando la punta della freccia poi spostiamo lentamente il nostro sguardo verso il bersaglio e portiamo l’indice della mano sinistra sotto la freccia e altrettanto lentamente alziamo l’arco frontalmente a noi con la freccia mantenuta parallela al terreno fino a un punto in cui le mani sono sopra la testa e le braccia formano un angolo di 45° rispetto al tronco. Nel tragitto il pollice sinistro sostiene la freccia mentre la mano destra la trattiene dalla cocca stringendo simultaneamente la corda.

Ora, rimanendo sempre con la mente sgombra e con il corpo rilassato, lasciamoci fluire alla posizione successiva chiamata nel Kyudo daisan, il movimento preliminare che porta al hikiwake, ossia tendere l’arco alla sua massima estensione grazie ai muscoli dorsali e pettorali (Fig. 8).

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Figura 8: nella ottava posizione o posizione hikiwake spostiamo lateralmente l’arco fino a posizionarlo alla nostra sinistra in direzione del bersaglio. Il polso della mano sinistra compie un piccolo movimento antiorario e inizia a spingere l’arco con un movimento lento e continuo mentre il braccio destro si piega sul gomito allineando la mano che trattiene la corda sopra la testa. Continuiamo a estendere l’arco e ad abbassarlo fino al punto che la freccia si posizioni all’altezza dello zigomo, sfiorandolo, giungendo fino all’estensione massima dell’arco per un corretto tiro.

E importante che l’apertura dell’arco sia stata fatta in maniera fluida e con la corretta postura di modo da non stancare le braccia. In questo modo nonostante la pressione dell’arco che spinge a richiudersi abbiamo una muscolatura relativamente rilassata. La tensione muscolare dell’apertura dell’arco non deve portare mai a una tensione mentale e viceversa.

Figura 9-11

La prossima posizione è l’essenza della sequenza di tiro, nel Kyudo è chiamata kai, letteralmente ‘incontro’, ed è il completamento del tiro (Fig. 9).

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Figura 9: nella nona posizione o posizione kai teniamo l’estensione massima dell’arco per alcuni secondi (nel Kyudo solitamente s’insegna che un buon kai ha un tempo che si aggira tra i 6 e gli 8 secondi) in uno stato di presenza di sé impersonale.

Questo è il momento più delicato ed etereo poiché da qui abbiamo già scritto il destino della freccia e il kai perfetto prevede uno stato di non mente perfetto in cui l’arciere non c’è più e rimane la sua “ombra fisica” in cui traspare un’impeccabile presenza impersonale.

Ora siamo giunti alla massima estensione orizzontale e verticale del corpo, con la nostra mente ancora sgombra da pensieri rimaniamo nell’assenza d’intenzione crescente legata alla prestazione del tiro. Rimaniamo uno specchio d’acqua senza alcuna increspatura sulla sua superficie per giungere all 'hanare, ossia lo scocco della freccia (Fig. 10).

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Figura 10: nella decima posizione o hanare è importante che la tensione muscolare per l’apertura dell’arco sia il più possibile sentita come una tensione tonica e relativamente rilassata. Lasciate che sia stato l’inconscio a puntare sul centro del bersaglio e a far scoccare la freccia, questi allenterà la presa della mano sinistra e la corda sarà rilasciata assieme alla freccia come se lo scocco si fosse generato da solo. L’avambraccio lascerà ogni tensione e rimbalzerà delicatamente al lato opposto dell’arco in zanshin, ossia con il palmo morbido rivolto in avanti.

Ora abbiamo lasciato che la freccia compia fisicamente il suo destino che si realizza in un solo istante, se questa ha raggiunto il bersaglio non è la cosa più importante, ciò che conta è lo stato mentale che abbiamo raggiunto e siamo riusciti a mantenere durante la sequenza. Il successo di un tiro non si misura mai dalla sola tecnica bensì dal proprio lavoro interiore. La padronanza della tecnica può portare a centrare il bersaglio ma è un tiro senz’anima, una sequenza di tiro fatta con l’anima ha come solo destino che la freccia raggiunga il centro del bersaglio e questo non è il risultato di un atto meccanico ma un riflesso dell’essenza dell’arciere che si riflette sullo specchio del bersaglio.

Dopo il tiro osserviamo per qualche istante il bersaglio, imperturbabili all’esito del tiro, ciò che realmente conta è lo stato interiore raggiunto. Una tensione mentale dopo il tiro inficia l’esito del tiro sia per l’eventuale fenomeno della retrocausazione sia perché fa decadere lo stato di mente raggiunto precedentemente. La freccia ha raggiunto il suo obiettivo ma la disciplina non è finita, noi siamo come una freccia che é ancora sulla traiettoria del nostro obiettivo: un nuovo livello di mente.

Ora siamo pronti a chiudere la sequenza con l’ultima posizione (Fig. 11).

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Figura 11: nella undicesima posizione o posizione di chiusura appena scoccata la freccia osserviamo per qualche istante il bersaglio imperturbabili per l’esito del tiro mentre abbassiamo le braccia e le portiamo al tronco. Poi lentamente voltiamo lo sguardo di fronte a noi e spostiamo il piede sinistro verso il centro del nostro tronco, e subito dopo il piede destro affiancandolo al sinistro, tornando così nella posizione di raccolta.

La sequenza del Mind-Kyudo è completata e possiamo dedicarci a un nuovo tiro rimanendo nel più alto stato mentale raggiunto. Una buona tecnica di tiro ci permette di colpire il bersaglio ma è l’attitudine, lo spirito con cui facciamo le cose, che ce lo fa realmente raggiungere. La tecnica ci da la sensazione che essa permette alla freccia di compiere il suo destino ma il destino della freccia e del bersaglio è già scritto dalla nostra mente ancor prima dello scocco.

A un certo punto del nostro addestramento saremo in grado di sapere qualche istante in anticipo l’esito del tiro e comprenderemo cosa significhi fare un tiro con l’anima.

Prima di andare a lavorare con il Dream-Kyudo e bene lavorare assiduamente con Mind-Kyudo di modo da fare propria la sequenza di tiro e, ancor più importante, prendere maggior controllo della nostra mente che potrà sembrare una cosa scontata per i neofiti ma che purtroppo non lo è. Solo quando iniziamo a controllare il sorgere dei nostri pensieri è auspicabile iniziare a esercitarci sul secondo livello di addestramento che prevede una sequenza posturale in parte diversa ma soprattutto un diverso lavoro interiore. 

Questo testo è estratto dal libretto "Zenix - Kyudo".

Data di Pubblicazione: 1 ottobre 2017

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