SPIRITUALITÀ ED ESOTERISMO

Primi passi verso un nuovo paradigma sull’arte

Art Coaching - Emozioni e Alchimia - Sonia Boni - Speciale

Che cos'è l'Art Coaching? Che legame c'è tra arte, scienza, cervello, emozione e alchimia? Scoprilo leggendo l'anteprima del nuovo libro di Sonia Boni.

Primi passi verso un nuovo paradigma sull’arte

"Chi ha provato il volo camminerà guardando il cielo, perché là è stato e là vuole tornare."

Leonardo da Vinci

Arte e Benessere

"La scuola di Atene", dipinto eseguito da Raffaello Sanzio per la Stanza della Segnatura nelle Stanze Vaticane e databile 1509-1511, è il simbolo dell’unione tra discipline scientifiche e umanistiche, trasformata in seguito in quella dicotomia che ci ha condotti a pesanti separazioni, se non contrapposizioni, tra questi ambiti disciplinari.

Il dialogo tra discipline umanistiche e scientifiche, tra arte e scienza assume per me un rilievo imprescindibile, una sorta di DNA che sottende a ogni mio progetto o proposta, nonché al metodo integrato ARTEVIVA Life. Arteterapia, per me, è occasione di coniugare benessere e non solo arte, ma anche, come vedremo, cultura artistica.

L’interesse per la fisica quantistica, le neuroscienze, l'alchimia e la spiritualità si colloca in questa necessità di riunire ciò che da tempo è stato diviso, portando un contributo, mi auguro sensibile, al benessere della persona e, per derivazione, di quanto sta intorno a lei.

 

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Arte, cultura, cura e benessere

"Se pensate che la cultura costi tanto, provate l'ignoranza."

Derek Bok

Credo profondamente nel valore della cultura e, nello specifico, della cultura artistica, in Quanto in essa si incarnano valori come la consapevolezza, la libertà, l’amore e la cura. Anche la scienza medica si interroga sul legame tra arte, cultura e salute.

Negli ultimi 15 anni, infatti, l’arte e la cultura sono stati definiti uno dei più importanti fattori di benessere. La letteratura scientifica degli ultimi vent'anni ha prodotto circa tremila studi da cui sono state tratte oltre 900 pubblicazioni sul tema salute.

Si percepisce un progressivo interesse e una sempre maggiore consapevolezza in ambito scientifico rispetto al dialogo e alla compenetrazione con il settore artistico e culturale.

Ne è un esempio il recente corso universitario Cultura e Salute, in collaborazione con l’Università della Svizzera italiana (USI) e la Divisione Cultura della Città di Lugano, in cui il prof. Enzo Grossi, coordinatore del corso e autore del libro "Cultura e salute, la partecipazione culturale come strumento per un nuovo welfare", asserisce che il ruolo delle arti e della cultura nell’ambito della prevenzione e della promozione della salute è sempre più confermato da evidenze scientifiche che potrebbero incrementare nuove politiche di welfare e che la partecipazione culturale, in un’ideale classifica dei fattori determinanti per il wellbeing, viene subito dopo l’assenza di malattia.

Nel 1948 l'OMS scrive che "la salute è l’insieme di benessere fisico, sociale e mentale e non è solo assenza di malattia. Il possesso del massimo stato di salute che possiamo raggiungere costituisce uno dei diritti fondamentali dell’essere umano".

Che i determinanti della salute fossero extra-sanitari l'aveva dichiarato già Engel nel suo "Manifesto del modello biopsico-sociale", pubblicato sulla prestigiosa rivista "Science" nel 1977, affermando che la salute è più che assenza di malattia, che può essere migliorata anche in assenza di malattia e che la salute mentale e la salute fisica si influenzano.

Quest'ultimo punto trova approfondimento in un primo importante studio di Lars Olov Bygren sul "British Medical Journal" nel 1996. Egli, dopo aver monitorato per nove anni con follow up un gruppo di cittadini svedesi con un livello culturale alto — inteso come interesse per cinema, teatro, lettura, mostre, concerti, musei, eventi sportivi, o la pratica di attività come il canto, la danza, la musica —, aveva appurato che la frequenza dei decessi era bassissima.

 

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E ancora, Daisy Fancourt, ricercatrice britannica e professore associato di Psicobiologia ed Epidemiologia presso l’University College di Londra, pubblicò nel 2019 uno studio condotto in Gran Bretagna intitolato "Il ruolo delle arti nella salute", in cui si osservava che la frequenza di morte prematura in chi possiede l’Art Engagement è quasi tre volte inferiore a chi non ce l’ha.

Anche la scoperta dei neuroni specchio ha determinato una significativa svolta e ha spiegato come i sentimenti siano “contagiosi”. Ciò definisce chiaramente il motivo per cui alcune attività abbiano maggiore efficacia se svolte in compagnia piuttosto che individualmente e avalla l’idea delle esperienze in atelier su cui mi soffermerò più avanti.

Oggi i medici in Canada e in Inghilterra prescrivono visite gratuite ai musei. In termini di salute, si è giunti alla conclusione che il ritorno maggiore lo dia la qualità di vita, per la quale la cultura si inserisce a buon diritto tra i fattori più rilevanti.

Allora, come afferma Grossi, su un piano sociale possiamo asserire che non investire in cultura e arte causi danni agli individui e, a caduta, alla spesa pubblica. Già Pericle, nel V secolo a.C., investiva più nell’arte che nella flotta.

Egli elargiva denaro ai poveri affinché partecipassero alle Dionisie dove gareggiavano i maggiori tragediografi con le loro opere. E cosa rappresentavano le tragedie greche? Esse mettevano in scena le emozioni — anche le più turpi e terribili — in quanto era ben nota in Grecia l’efficacia della catarsi, ossia della “purificazione” dalle passioni attraverso la loro sublimazione, la quale avveniva nell’atto stesso di viverle intensamente, lasciandole salire fino all’apice della loro curva per poi liberarsene.

Vedremo più avanti come il movimento delle emozioni si possa paragonare a quello di un’onda. Il cuore della cultura è la cura che già il filosofo francese Emmanuel Lévinas definiva "soprattutto, nelle sue varie forme, dono di sé, copartecipazione alla vita nel suo Mitsein, nel suo essere per, nel suo essere con, nel suo essere verso, nel suo essere di fronte e sentirsi corresponsabile per l’intero edificio della creazione".

La dottoressa Erica Francesca Poli, nel suo "Anatomia della guarigione", si sofferma sul significato dei termini cura e guarigione, andando alla radice stessa delle parole.

Evidenzia come la cura nasca da una relazione con qualcuno o qualcosa a cui si tiene, quindi come atto d’amore, mentre la guarigione si leghi all’osservare, che si riconduce al volgere lo sguardo alla luce, suonare, cantare; perciò la guarigione sembrerebbe connessa alla relazione d’amore che intratteniamo con noi stessi, con gli altri, con ciò che ci circonda e alla capacità di diventare consapevoli, di saper osservare rivolgendo gli occhi alla luce, ossia raggiungendo una consapevolezza interiore che ha più a che fare con la spiritualità che con la razionalità.

 

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Nell’essere umano esiste, in potenza, la capacità di autoguarigione. La stessa letteratura scientifica degli ultimi quarant'anni ha prodotto numerose evidenze sul tema.

Non è mio compito, e neppure il mio campo, addentrarmi in questo argomento, ma posso dire di partire dal presupposto che anche nell’uomo nulla sia separabile e che corpo fisico, corpo emotivo e corpo mentale siano così interconnessi da rendere riduttivo e poco efficace un intervento terapeutico che non tenga conto di tale interazione.

Come afferma la dottoressa Poli, "la guarigione autentica e completa passa necessariamente attraverso la cura delle ferite psichiche e il superamento dei blocchi emozionali, dei nodi esistenziali, degli schemi e delle credenze limitanti".

Le nostre credenze determinano la nostra interpretazione della vita e della morte e la percezione che abbiamo di noi stessi; esse possono farci ammalare o guarire. Esse sono presenti nel nostro inconscio che è il vero “autista” della nostra esistenza: se nel mio inconscio esiste una credenza che impedisce la mia guarigione, per quanto essa sia possibile, non avverrà; se nel mio inconscio esiste la convinzione che io non possa essere felice, non conoscerò la felicità e così via.

Tuttavia, gli studi sulla neuroplasticità ci forniscono l’antidoto alle credenze limitanti, confermando che possono essere modificate. Vedremo più avanti come l’arte ci consenta di contattare efficacemente e direttamente il nostro inconscio permettendoci di lavorare su quelle stesse credenze limitanti, agevolando così lo stesso lavoro di coaching.

Possiamo quindi concludere che non sia più possibile continuare ad attribuire all’arte e alla cultura un ruolo marginale, ma si renda indispensabile recuperare il loro valore che va ben oltre l’estetica e le logiche di mercato. Questo è il primo passo verso il nuovo paradigma sull’arte.

 

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Arte, neuroscienze e neuroestetica

Cominciai a interessarmi alle neuroscienze quando, negli anni della docenza scolastica, incontrai ragazzi dalle intelligenze diverse che venivano fortemente penalizzate da un sistema che non le riconosceva e altri con deficit cognitivi comprovati.

Ebbi la fortuna di conoscere la mamma di uno di questi ragazzi, che qui chiamerò Michela, che con amore impegnava tutta se stessa affinché la figlia potesse raggiungere il massimo delle sue potenzialità. Michela non si arrendeva ai limiti comprovati dalla documentazione diagnostica fornita dagli specialisti e considerati dalla scuola come dictat invalicabili; faceva ricerca autonomamente ed era consapevole della capacità del cervello di cambiare se stesso.

Fu lei a farmi conoscere i testi di Norman Doidge "The brain that changes itself" e "Il cervello infinito. Alle frontiere della neuroscienza: storie di persone che hanno cambiato il proprio cervello."

Davanti a me si apriva un mondo affascinante e nuovo che fu solo l’inizio della mia ricerca. Mi resi conto che molte mie intuizioni sull’arte e sui suoi benefici potevano trovare conferma negli studi delle neuroscienze.

Amai immediatamente l’approccio pluridisciplinare a cui le neuroscienze attingevano per elaborare le loro ricerche, poiché lo sentivo affine al mio pensiero che già a scuola avevo tradotto in un metodo che lavorava sull’unione dei saperi.

Doidge affermava che il cervello può modificare se stesso e colmare mancanze dovute a traumi o al processo di invecchiamento, spiegava l’esperienza umana attraverso le potenzialità di un cervello che, sulla base dei suoi studi, si poteva ritenere malleabile.

In seguito, incontrai i testi di Eric Kandel, "L’età dell’Inconscio. Arte, mente e cervello dalla grande Vienna ai nostri giorni" e "Arte e neuroscienze. Le due culture a confronto", che accostavano l’arte e le neuroscienze e sentii che finalmente scienza e umanesimo cercavano di recuperare l’antico contatto.

 

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Con l’entusiasmo di chi crede di poter superare dei muri che fino ad allora erano parsi invalicabili, cavalcai l’onda degli studi di Kandel allo scopo di dare fondamento scientifico a ciò che dentro di me era chiaro da sempre ma non possedeva la forza necessaria per imporsi all’attenzione di una maggioranza che restava pur sempre legata a secoli di prevaricazione di pensiero scientifico su quello umanistico e alla sua conseguente sottovalutazione.

Il termine neuroscienze deriva dall’inglese neurosciences, un neologismo coniato nel 1962 circa dal neurofisiologo americano Francis O. Schmitt che capì che per comprendere pienamente la complessità del funzionamento cerebrale si dovevano abbattere le barriere tra le diverse discipline scientifiche unendone le risorse e gli sforzi.

Col termine neuroscienze (Neurosciences Research Program) egli indicò il suo gruppo di ricerca, costituito appunto da scienziati di diversa formazione. Per neuroscienza oggi intendiamo una scienza sempre più interdisciplinare, che attinge da matematica, fisica, chimica, nanotecnologie, ingegneria, informatica, psicologia, medicina, biologia, filosofia e supera il precedente confinamento specialistico dello studio del cervello.

Le scienze cognitive prima e le neuroscienze cognitive più recentemente sono dunque un “approccio multidisciplinare” allo studio dei rapporti tra mente e cervello. Ne risulta evidente che tali rapporti possono essere studiati da numerosi punti di vista: filosofico, psicologico, biologico, clinico, ciascuno nel proprio ambito, coi propri strumenti e le proprie finalità, ma tutti funzionali a una sempre maggiore conoscenza.

Così si passerà dalle domande sulla natura della mente e della coscienza alle sperimentazioni per conoscere le caratteristiche cognitive della mente e dei suoi prodotti come il linguaggio, l’attenzione, la memoria, ecc.; dall'indagine sul funzionamento del cervello e il modo in cui i prodotti della mente si implementano in esso all’interesse per i rapporti tra mente e cervello dal punto di vista riabilitativo e diagnostico.

Data di Pubblicazione: 21 dicembre 2022

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